Ho finalmente pubblicato il rapporto fotografico sulla mia visita a Pilzone (una piccola frazione di Iseo) del 16 agosto 2023.
Il paesino in questione è il punto di partenza del percorso pedonale escursionistico – o, se preferite, sentiero – chiamato Via Valeriana che in 140 km porta fino al Passo del Tonale e al Passo dell’Aprica. Nel racconto fotografico proposto vi racconto prima del paesino (perché mi piace studiare i centri abitati incontrati lungo i percorsi che faccio) e, in conclusione, di come è attrezzato il tratto iniziale del sentiero (perché d’estate mi piace rifugiarmi nel fresco della montagna).
Penso che più o meno tutti abbiano già letto del grandioso colpo dell’esercito ucraino di ieri: l’aviazione tattica ucraina ha fatto saltare in aria, nel porto della Feodosiya, la grande nave da sbarco «Novocherkassk» (della Flotta russa del Mar Nero) che trasportava i droni iraniani. Si tratta di un bel risultato militare che libera il territorio ucraino di almeno una parte dei pericolosi attacchi.
Ma è anche un risultato molto scenografico, nel senso positivo del termine:
Inyanto, il giornalista della radio «Svoboda» Mark Krutov ha pubblicato le immagini satellitari di Feodosiya, in Crimea, scattate da Planet Labs dopo che le forze armate ucraine hanno lanciato un attacco missilistico sul porto locale il 26 dicembre. Krutov ha sottolineato che l’immagine satellitare, scattata alle 11:25 ora locale, mostra che dopo che l’esercito ucraino ha colpito la nave da sbarco Novocherkassk (nel rettangolo rosso), un’altra nave (nel rettangolo giallo) è stata parzialmente affondata nelle vicinanze. Dopo aver analizzato le immagini satellitari e le fotografie, Krutov ha dichiarato che si tratta della nave da addestramento UTS-150 della classe T-43, parcheggiata nel porto almeno dal 2007.
P.S.: spero che con questo colto l’esercito ucraino sia anche riuscito a dimostrare, ancora una volta, l’utilità degli aiuti militari…
Uno degli effetti per il momento forse meno importanti, ma sicuramente più curiosi della invasione russa della Ucraina è lo spostamento ufficiale — in Ucraina, appunto — della data del Natale dal 7 gennaio (del calendario giuliano) al 25 dicembre (calendario gregoriano). Di conseguenza, anche le date di tutte le altre festività religiose vengono spostate indietro di 13 giorni. Ma l’intera riforma del calendario viene adottata dalla Chiesa ortodossa ucraina. Mentre il 28 luglio 2023 il presidente Zelensky aveva firmato la legge (approvata due settimane prima dal Parlamento) sulla modifica delle festività religiose sul calendario ufficiale.
Secondo un sondaggio condotto dalla società internazionale Deloitte nel novembre 2023, la maggior parte degli ucraini (circa il 45%) festeggerà il Natale il 25 dicembre e solo il 17% il 7 gennaio, mentre il 32% prevede di festeggiare due volte.
Di conseguenza, chi ha fatto ieri gli auguri di buon Natale agli ucraini, ha indovinato due volte: sia dal punto di vista formale, sia da quello psicologico (riconoscendo uno dei modi in cui l’Ucraina prende le distanze dallo Stato Russo).
Lo «spirito natalizio» in Ucraina è per ora poco festivo, ma spero che sia una condizione molto temporanea…
Buona continuazione delle feste a tutti!
Dopo quasi due anni di guerra l’alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrel ha finalmente iniziato a capire qualcosa e ha dichiarato, in una intervista a The Guardian:
Putin cannot be satisfied with a piece of Ukraine and to let the rest of Ukraine belong to the European Union, but he cannot be satisfied with a limited territorial victory. He will not give up the war, especially not before the American election, which may present him with a much more favourable scenario. So we must prepare for a conflict of high intensity for a long time.
Si vede che l’impegno di alcuni politici d’opposizione russi esiliati ha iniziato a produrre i suoi primi risultati positivi… Ma ci sono ancora delle cose da spiegare qualche migliaio di volte. Infatti, nella stessa intervista Borrel dice:
Putin has decided to continue the war until the final victory.
Il problema che nel corso di tutti i propri discorsi pubblici Putin — ma anche i suoi complici più o meno stretti — ha di fatto mostrato tre cose:
1) gli obbiettivi dello Stato russo nella guerra in Ucraina mutano nel corso del tempo (resistono solo la «denazificazione» e la «demilitarizzazione» della Ucraina);
2) non è mai stato definito il concetto della vittoria (la «denazificazione» e la «demilitarizzazione» della Ucraina non possono essere dei sinonimi della vittoria perché, se ci pensate bene, sono due fenomeni non misurabili);
3) da quanto la conquista di Kiev in pochi giorni è diventata un obbiettivo irraggiungibile, parla della guerra come di una condizione di vita permanente.
Di conseguenza, Putin non continuerà la guerra fino alla vittoria. Continuerà la guerra fino alla fine. Bisogna solo vedere se fino alla fine della vita propria, della Russia, dell’Occidente o del pianeta. L’opzione destinata a realizzarsi dipende anche dall’impegno di Borrel.
Buon Natale a tutti coloro che ci credono.
Tanti regali a tutti coloro che non ci credono ma approfittano comunque delle utili tradizioni.
Ma, comunque sia la vostra categoria di appartenenza, spero che dopo lunghi tempi difficili vi siate meritati una grande e buona compagnia!
Finalmente sono arrivate le feste con le alte partecipazioni!
Prima o poi torneranno a essere legali le feste con le alte partecipazioni!
È in corso uno dei rarissimi periodi dell’anno in cui mi sento un po’ più autorizzato a postare un video di lunghezza notevole. Per le persone non sanno proprio come passare questi giorni, pubblico la conferenza stampa di fine anno (tenutasi il 19 dicembre) del presidente Zelensky tradotta in inglese. Può essere vista a pezzi e/o solo nei punti che interessano più degli altri.
Le persone più pignole possono provare a confrontare le cose apprese con la sempre recente esibizione di Putin.
Penso che tutti – tranne forse le persone sorde dalla nascita – conoscono la canzone natalizia «Jingle Bells»: fu composta nel 1857, divenne presto popolarissima, col tempo (ma non da subito) venne associata al Natale e nei suoi quasi due secoli di storia è stata cantata da tantissimi cantanti famosi e non. È talmente ben conosciuta che mi sembra inutile dedicarne un post.
Allo stesso tempo, trovo che spesso viene ingiustamente trascurata la erede, l’«estensione» (relativamente al testo e alla musica) del vecchio classico natalizio chiamata con il nome «Jingle Bell Rock». La paternità del testo e della musica è contestata da un gruppo di musicisti i cui nomi troverete facilmente su internet: io in questa sede vi risparmio questa parte della storia per non dilungarmi sui dettagli giuridici. Ai fini del mio post musicale – che deve anche essere festivo – conta prevalentemente il fatto che la canzone «Jingle Bell Rock» è stata per la prima volta registrata da Bobby Helms nel 1957. In molti ricordano ancora il cantante proprio per l’interpretazione di questo brano:
Nei decenni successivi alla prima registrazione, anche questa canzone è diventata popolarissima tra i vari cantanti. Per esempio, è notevole l’interpretazione della grande Brenda Lee (inclusa nel suo album «Merry Christmas from Brenda Lee» del 1964):
Il noto duetto Hall & Oates nel 1983 ha fatto della canzone una versione ancora più leggera (essa non fa parte di alcun loro album in studio) e ha girato un video un po’ stupido in tipico stile degli anni ’80:
La quarta – e l’ultima per il post odierno – è l’interpretazione del grande Chet Atkins (inclusa nell’album «Christmas with Chet Atkins» del 1961). Non è diventato un brano strumentale:
Ecco, per oggi potrebbe bastare così, anche se esistono tantissime altre interpretazioni della «Jingle Bell Rock». Volendo, potete cercarle per convincervi di avere già scelto quella (o quelle) preferita.
Prima delle festività di qualsiasi genere il mondo non diventa più buono, dunque nemmeno l’articolo che segnalo questo sabato è tanto «festivo». E, sicuramente, non è natalizio: parla dei numerosi immigrati russi che sono scappati dal rischio di essere mandati in guerra e dalla generale politica putiniana in Serbia, ma si sono trovati di fronte a delle nuove forme di repressione e di caccia. Repressione da parte delle autorità e dei cittadini locali e caccia da parte dei servizi russi.
Un lettore europeo medio potrebbe chiedere: ma perché hanno scelto proprio la Serbia? La risposta includerebbe diversi fattori: alcune somiglianze culturali, una certa facilità nell’ottenere e rinnovare i documenti per il soggiorno, la presenza delle filiali di alcune aziende russe (dunque, molte persone non hanno dovuto inventare dei nuovi modi di lavorare anche in presenza). Insomma, per tante persone era molto più facile andare in Serbia che in qualche Stato dell’UE.
Io, invece, mi chiedo: perché le autorità serbe non sono state abbastanza furbe per sfruttare la situazione creatasi e guadagnare con l’ingresso di tanti «cervelli» e la loro capacità di creare nuova ricchezza. Il regime putiniano che cerca di essere amico con i «fratelli slavi» non è eterno, mentre i vantaggi economici e politici avrebbero potuto essere a un termine molto più lungo.
Conoscete tutti il personaggio fiabesco che può essere descritto con le seguenti affermazioni:
– è il figlio di un carpentiere,
– è nato senza essere concepito,
– non annega nell’acqua,
– ha lottato contro il male (seguendo la propria immaginazione del male),
– si esibiva in pubblico,
– era seguito da una varietà di personaggi strani,
– alla fine delle proprie avventure terrestre è sparito senza lasciare traccia,
– nessuno tra i viventi ora lo ha incontrato dal vivo, ma tutti riconoscono la sua immagine,
– in tanti continuano a credere alle stronzate che raccontava.
Ovviamente, avete già capito tutti di chi si tratta! Continuare la lettura di questo post »
Però a volte ci vuole anche qualche notizia leggera dalla Ucraina! Per esempio…
Il sindaco Boris Filatov ha dichiarato che l’ex Segretario generale del Comitato centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica Leonid Brezhnev è stato privato del titolo di cittadino onorario della città ucraina di Dnipro (Dnipropetrovsk fino al 2016). «Perché la decomunistizzazione della città la porteremo a termine anche noi. Non importa quello che dicono gli altri», ha scritto Filatov nella relazione sui risultati dell’ultima sessione del 2023 del Consiglio comunale.
Le autorità di Dnipro hanno fatto notare che nel 1979 Brezhnev fu insignito del titolo di cittadino onorario della città di Dnipropetrovsk. Nel 2017 questo titolo ha cessato di esistere ed è stato sostituito dal titolo di cittadino onorario della città di Dnipro. La privazione del vecchio titolo potrebbe avvenire in due casi: dopo un ricorso personale del cittadino o l’entrata in vigore legale di una condanna nei suoi confronti. Inoltre, ha dichiarato l’amministrazione di Dnipro, Brezhnev è morto molto prima dell’adozione della legge sulla decomunistizzazione e non ci sono motivi per privarlo del suo titolo.
Filatov non ha specificato perché le autorità cittadine abbiano riconsiderato la loro decisione e hanno deciso di reagire a una petizione popolare che a partire dalla sua creazione nel maggio 2023 ha raccolto più di quaranta mila firme.
E invece io specifico che si tratta di uno di quei rari casi in cui appoggio senza alcun dubbio la tendenza ucraina degli ultimi nove anni di cancellare dal proprio territorio ogni cosa che ricordi la Russia. Leonid Brezhnev nacque in Ucraina, ma a causa del proprio incarico (ma, ovviamente, non solo) può essere considerato uno dei simboli della colonizzazione esercitata dal «centro russo» nei confronti delle proprie periferie sovietiche. Di conseguenza, la privazione del titolo mi sembra logica anche in assenza dei criteri formali menzionati sopra.