Appena ho visto questo articolo, ho pensato che lo voglio per una delle «letture del sabato» più vicine.
Fortunatamente, la versione inglese del testo è stata pubblicata molto velocemente…
Ed ecco che posso consigliarvi la breve storia di quel pezzo del confine tra la Russia e l’Ucraina che oggi si trova tra la regione russa di Kursk e la regione ucraina di Sumy.
Chissà perché ho l’voluto segnalare proprio in questo periodo…
Nell’articolo/intervista del Corriere della Sera su/con il miliardario Alisher Usmanov (che sul giornale viene definito uzbeko, mentre in Russia è sempre stato percepito come un personaggio della scena economica e politica russa) si leggono, purtroppo, molte cose logiche e condivisibili su ciò che sta accadendo ora tra la Russia e gli Stati occidentali (da oltre due anni pure io scrivo molte di quelle cose; va solo precisato che i dati che mostrerebbero la crescita della economia russa sono attualmente dovuti esclusivamente alla spesa militare, compresi gli stipendi alti dati a chi va a combattere in Ucraina). Il «purtroppo» della frase precedente si riferisce solo al fatto che lo stesso Usmanov è un personaggio molto particolare, controverso in alcuni episodi della sua biografia più o meno recente e, sicuramente, fino a un certo momento storico molto utile alla affermazione del regime putiniano in Russia.
Non posso avanzare pubblicamente delle ipotesi sul perché quell’articolo sia comparso sul Corriere (come diceva Andreotti in questi casi? ahahaha), ma posso ripetere, per l’ennesima volta, una cosa che dice pure lui: le persone come Usmanov vanno «rubate» a Putin. Le persone come lui fanno capire, in tutti i modi disponibili e ritenuti da loro sicuri, all’Occidente che sarebbero ancora disposti a passare dalla parte della civiltà occidentale, ma devono essere aiutati. Aiutati, prima di tutto, con la creazione – da parte degli occidentali – di un meccanismo ben definito, comprensibile e funzionante che permetta a loro di liberarsi dal peso delle sanzioni in cambio di qualcosa e con la possibilità di utilizzare almeno una parte dei propri averi collocati fuori dalla Russia. Solo in quel modo si sentiranno al sicuro nell’Occidente e non saranno costretti a vedere la Russia putiniana come l’unico posto tranquillo e sicuro. Solo in quel modo non saranno spinti a utilizzare le proprie ricchezze e le proprie capacità imprenditoriali a favore di Putin e della sua guerra.
Ecco, ora potete rileggere quell’articolo sotto l’ottica da me proposta.
The Wall Street Journal ha pubblicato, citando una fonte dei servizi di sicurezza russi, un articolo secondo me esageratamente lungo nel quale si sostiene che nella primavera del 2024 il colonnello generale russo Alexander Lapin – il comandante del raggruppamento militare russo «Sever» («Nord») – avrebbe sciolto il consiglio interdipartimentale (composto da rappresentanti delle forze armate e rappresentanti regionali dei servizi segreti) responsabile della difesa delle regioni di confine russe. Secondo l’interlocutore del giornale, Lapin avrebbe detto che solo i militari hanno le risorse per difendere il confine russo. Il WSJ osserva che non è chiaro se questo consiglio avrebbe contribuito o meno a dare una risposta organizzata alle forze ucraine nella regione di Kursk, ma senza un organismo centralizzato, gli sforzi di Mosca per respingere le forze armate ucraine sono stati finora «caotici e inefficaci». E poi si scrive dei vari scambi delle informazioni tra Lapin e la capitale, i presunti errori commessi, le accuse reciproche etc..
Ma il suddetto articolo mi sembra esageratamente lungo per almeno due motivi. In primo luogo, non mi è chiara la fonte (e, di conseguenza, la sua attendibilità) di certe dichiarazioni: a questo punto si potrebbe leggerle come delle ipotesi o delle fantasie dei giornalisti.
In secondo luogo, trovo molto più preziosa e sensata l’osservazione di certi esperti militari che mi è capitato di leggere nelle ultime due settimane. Tale osservazione può essere formulata in un modo molto sintetico: le varie fortificazioni militari costruite dalla Russia lungo il confine con l’Ucraina nella seconda metà del 2022 possono funzionare solo se rinforzare con una presenza sufficiente di militari umani, altrimenti vengono distrutti e superati facilmente con i moderni mezzi ingegneristici in dotazione a qualsiasi esercito moderno (compreso quello ucraino). Le suddette fortificazioni russe, invece, erano praticamente deserte.
Sarebbe stato interessante scoprire per merito di chi erano deserte. Ma, allo stesso tempo, posso ipotizzare il perché: tutte le risorse disponibili erano state inviate sul territorio ucraino dove l’avanzata dell’esercito russo è ancora più lenta di quanto sta cercando di raccontarci la propaganda statale russa.
In Russia è stato trovato il modo semplice e sicuro di scacciare il nemico che dopo quasi novecento giorni di guerra ha attaccato a tradimento il territorio confinante russo.
Alexey Smirnov, il governatore ad interim della regione di Kursk (Russia), ha dichiarato che nel distretto di Kurchatov e nella città di Kurchatov – dove si trova la centrale nucleare di Kursk – a partire dal 21 agosto viene introdotto il divieto di vendita al dettaglio di alcolici a partire dalle ore 17:00 (il divieto non riguarda i locali di ristorazione). La decisione sarebbe stata presa per garantire l’ordine pubblico e la sicurezza in relazione al vigore del regime di «operazioni antiterrorismo» (una delle definizioni ufficiali dei combattimenti contro l’esercito ucraino) nella regione di Kursk. Smirnov ha ricordato che il divieto della vendita al dettaglio di alcolici è già stato in precedenza introdotto in nove distretti della regione (alcuni dei quali confinanti con l’Ucraina) e nella città di Lgov.
A questo punto vi informo che già da quasi vent’anni in Russia gli alcolici non si vendono dalle 23:00 alle 8:00, quindi la gente particolarmente interessata si fa le scorte negli orari consentiti. Ma nella regione di Kursk sicuramente non succederà e il nemico sarà sconfitto.
Mah…
Commentando l’intervento militare dell’esercito ucraino nella regione russa di Kursk, il presidente ucraino Vladimir Zelensky, tra le altre cose, ha dichiarato:
Nel complesso, questa operazione è stata il più grande investimento nel processo di liberazione degli ucraini e delle ucraine dalla prigionia russa: abbiamo già ricevuto il maggior numero di prigionieri russi in una singola operazione, e questo è un risultato significativo, e questo è uno dei nostri obiettivi, e le nostre azioni continuano.
Effettivamente, non ci ho pensato a questo aspetto. Anche se non sono del tutto sicuro che funzioni…
Ma gli obiettivi principali dell’intervento ucraino continuano a sembrare altri: prima di tutto, la fine dei discorsi tanto utili a Putin «fermiamo gli eserciti dove stanno ora e parliamo della pace». Infatti, prima della invasione ucraina Putin pensava (e diceva) di poter pretendere anche più territori di quelli già occupati, mentre ora non può nemmeno pretendere che l’Ucraina si fermi dove è ora. Però è importante capire che ciò non succede per il merito della «opinione pubblica»: essa non interessa particolarmente a Putin e, la cosa più interessante, nella sua maggioranza continua a essere indifferente alla guerra (come se quest’ultima non fosse mai iniziata, come se non fosse arrivata sul territorio russo pure nel senso diretto).
Non mi ricordo se lo avevo scritto (forse sì, forse anche più di una volta), ma Putin, ogni volta che vede un problema serio che dovrebbe risolvere – o, almeno, commentare – lui, si nasconde finché il problema non si risolva «da solo». A volte, molto raramente, decide però di fare il tipo coraggioso e non si nasconde fisicamente: riduce notevolmente le apparizioni in pubblico, ma quando appare fa finta che non stia succedendo alcunché di problematico.
Quasi due settimane fa l’esercito ucraino ha iniziato il proprio intervento sul territorio russo. Putin ha preteso che tutti chiamassero quella invasione esclusivamente con l’espressione «situazione straordinaria», ha ordinato di dare 10.000 rubli (poco più di cento euro) a ogni profugo russo che è scappato perdendo tutto, ha detto che il Ministero della «Difesa» deve risolvere al più presto la «situazione»… E poi basta, durante le rare apparizioni seguenti si occupato di altro: si incontrato con un esponente del Hamas, ha fatto qualche riunione dove ha parlato male dei cattivi anglosassoni e bene della presunta superiorità tecnologica militare russa… Ieri sera, addirittura si è recato a Baku con una visita di Stato di due giorni per parlare con il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev «delle questioni di attualità della politica regionale e internazionale, in particolare sul tema dell’insediamento azero-armeno».
La ex cancelliera Angela Merkel ha fatto diversi errori nei rapporti con la Russia putiniana, ma almeno una conclusione è ancora molto attuale: Putin vive in un mondo alternativo.
Cercavo un video che raccogliesse un po’ di immagini varie dell’ingresso dell’esercito ucraino sul territorio russo. Utilizzo il presente post per «salvare» uno dei risultati:
Ora che sono state attirate in zona tante risorse militari russe, si può fare qualcosa, per esempio, in Crimea. Non necessariamente fare una operazione di terra, ma tagliare le poche vie di comunicazione con il continente costringendo l’esercito russo ai tentativi disperati a fare un salvataggio rapido della zona… Potrebbe diventare uno sviluppo «curioso» della guerra.
Nel 1959 il gruppo statunitense Hank Ballard and The Midnighters aveva pubblicato la canzone «Look at Little Sister»: era sul lato B di un altro singolo, poi era stata inserita nell’album «Mr. Rhythm and Blues» del 1960. Non è tra le canzoni più note del gruppo.
È molto più nota l’interpretazione della «Look at Little Sister» registrata nel 1985 dal gruppo Double Trouble di Stevie Ray Vaughan (fa parte del loro album «Soul to Soul»). Addirittura, molte persone conoscono solo questa versione della canzone.
Stevie Ray Vaughan aveva anche suonato/cantato questa canzone con Jeff Healey, creandone di fatto un’altra, diversa, versione.
Tra queste tre interpretazioni, ovviamente, ce n’è una che posso definire la mia preferita. Ma l’ho scelta in un modo consapevole, ascoltando anche le altre. Ora lo potete fare pure voi.
Probabilmente, tra i vari rischi derivanti dall’andamento della guerra in Ucraina, quello legato alla sicurezza della centrale nucleare di Zaporizhzhia è oggi ricordato meno di tanti altri: anche se non sarebbe tanto diverso, per esempio, dall’ipotetico uso della bomba atomica sul territorio ucraino.
Proprio per questo (per non farvi dimenticare di questo rischio) la «lettura del sabato» odierna è dedicata alla situazione attuale alla centrale nucleare di Zaporizhzhia.
Ieri, sei mesi dopo la morte di Alexey Navalny, la sua vedova Yulia ha ricevuto una sentenza che rifiuta l’apertura di un caso penale. Il documento è stato firmato dall’investigatore Alexander Varapaev: proprio quello che si era rifiutato di consegnare il corpo di Alexey alla sua madre aveva preteso che il funerale si svolgesse in segreto.
Il documento ricevuto da Yulia Navalnaya afferma che la causa del decesso sarebbe una malattia combinata e che la morte avrebbe un «carattere aritmogeno». La pressione sanguigna di Navalny sarebbe aumentata, innescando ulteriori processi che hanno portato alla sua morte. La pressione sanguigna sarebbe aumentata perché, come si legge nella sentenza, il politico soffriva di ipertensione arteriosa, che aveva già causato danni ai vasi sanguigni e agli organi.
Inoltre, il documento afferma che Navalny avrebbe avuto malattie e condizioni di comorbidità:
– pancreatite cronica
– colecistite cronica
– gastroduodenite cronica
– epatite cronica con cisti nei lobi destro e sinistro del fegato;
– osteocondrosi della colonna vertebrale lombosacrale;
– ernia del disco intervertebrale;
– protrusione posteriore del disco intervertebrale;
– sindrome radicolare;
– encefalopatia;
– sialoadenosi; sialoadenite;
– ghiandola del timo persistente;
– iperplasia prostatica benigna;
– presenza di Staphylococcus aureus e parvovirus nella trachea;
– presenza di herpes virus in entrambi i polmoni;
– presenza di herpes virus e parvovirus nella milza.
Più o meno tutte le cose elencate, come dicono i medici indipendenti dallo Stato russo, potevano e dovevano essere scoperte mentre Navalny era ancora in vita, nel corso dei vari controlli medici previsti dai regolamenti nelle varie fasi della sua vita carceraria (trasferimenti da un carcere all’altro o trasferimenti da un regime di detenzione all’altro). E dato che la lunga lista riportata sopra «salta fuori» solo ora, è logico presumere che sia stata inventata appositamente (e non in base alla autopsia) per il comunicato ufficiale fatto arrivare ai parenti di Navalny.
Insomma, sull’assassinio di Alexey Navalny non abbiamo saputo alcunché di nuovo. Abbiamo solo ricevuto la conferma che tenteranno di nascondere tutto fino all’ultimo.