L’archivio del 2024 год

Con le armi proprie

Il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller durante un briefing con la stampa, tra le altre cose, ha dichiarato:

[…] Ukraine does not need our permission to strike back against Russian targets. They are a sovereign country and can use the weapons that they build on their own, of which are many, if you look at the programs that they have put in place over the last year. And then when you look at the weapons that we have provided to them, we’ve made clear that they can use them to strike back against Russian targets across the border that are launching attacks.

Come avrei voluto interpretare io la suddetta dichiarazione: «stiamo organizzando la produzione degli armamenti necessari direttamente sul territorio ucraino». Ehm… ok, è una cosa che potrebbe anche avere senso, ma quanto tempo ci vorrà per organizzarla (se dovesse essere vero, ovviamente)?
Allo stesso tempo, mi sembra molto più realistico supporre che fino alla inaugurazione del nuovo (nuova?) presidente statunitense l’Ucraina dovrà resistere senza gli aiuti americani: Biden vorrà chiudere la propria carriera politica con qualche soluzione realizzabile in poco tempo, mentre Harris si concentra sugli argomenti più cari ai cittadini americani. Miller, dunque, lo ha fatto capire in un modo abbastanza «diplomatico».


Le idee per il confine

Il ministro della Giustizia norvegese Emilie Enger Mehl ha dichiarato che la Norvegia potrebbe costruire una recinzione al confine con la Russia. In una intervista rilasciata a NRK ha raccontato di avere visto una parte della recinzione di confine durante una visita in Finlandia e di ritenere che tale protezione potrebbe essere una buona idea anche per la Norvegia. Secondo il ministro, è interessante non solo come un deterrente, ma anche perché i sensori e altri mezzi tecnologici possono rilevare le persone che si avvicinano al confine. Emily Enger Mehl ha aggiunto che il Governo è pronto a chiudere completamente il confine con la Russia (198 chilometri) «il prima possibile».
Le dichiarazioni e le intenzioni del genere sono un po’ comiche (un recinto funzionerà solo contro i sabotatori e/o spie meno preparati; sicuramente non funzionerà contro una ipotetica azione militare), ma sono allo stesso tempo facilmente comprensibili almeno dal punto di vista emotivo: c’è chi vuole proteggersi da uno Stato diretto da un pazzo.
Allo stesso modo alcuni ucraini, per esempio, dicono che dopo la fine della guerra servirà un «fosso con i coccodrilli» lungo tutto il confine esterno della Russia. Mi diverte la rivelazione — letta qualche tempo fa — del fatto che Donald Trump (un altro personaggio particolare) voleva un «fosso con i coccodrilli» sul confine dei «propri» USA.


Una ricetta sicura

Esistono delle notizie piccole, che noti solo per sbaglio, che in più non possono nemmeno essere commentate perché assomigliano più a una diagnosi… Ma proprio per questo motivo hanno anche qualcosa di molto attraente. Di conseguenza, non vorrei che ve le perdiate voi.
Per esempio: Elena Vyalbe, la presidente della Federazione russa di sci di fondo (dal 17 giugno 2010; è una ex sciatrice con 7 medagli olimpiche e 17 dei vari campionati del mondo), ha dichiarato:

Se avessimo sganciato una bomba sul centro di Londra, a quest’ora sarebbe tutto finito e ci sarebbe stato permesso di partecipare ovunque.

Ha aggiunto che prima o poi i russi potranno tornare sulla scena mondiale.
Capisco che gli sportivi di tutto il mondo solitamente non sono dei grandi intellettuali, ma è comunque interessante scoprire – per l’ennesima volta – che non esiste alcun limite!

P.S.: le persone attente dicono che la propaganda statale russa è negli ultimi mesi passata dal negare l’eventualità dell’uso «della bomba» al discutere «dove e quando» potrebbe essere usata. Ma questo è un altro grande argomento.


Bisogna condividere la tecnologia

Spero che il prossimo viaggio internazionale di Vladimir Zelensky abbia come destinazione l’Israele: per chiedere come si distruggano i bunker assieme ai loro proprietari.

Sarà il know-how più utile di tutto nella situazione corrente.


La musica del sabato

È già la seconda volta nella storia della mia rubrica musicale che scrivo della stessa canzone (la prima era capitata nel 2019), ma la «protagonista» merita di essere ricordata… Anche perché di recente ho fatto una piccola scoperta in materia.
Quasi 60 anni fa – anche se i ventidue giorni di differenza ormai possono essere sacrificati con l’arrotondamento –, il 5 settembre 1964 The Animals raggiunsero il primo posto nelle classifiche statunitensi con la loro versione della canzone «The House of the Rising Sun». Ho scritto versione perché esistono molte versioni della canzone con trame completamente diverse. In tutte le versioni, il protagonista racconta la storia di come ha rovinato la propria vita nella casa del «Sol Levante». Il protagonista o, addirittura, la protagonista della canzone, come nella versione originale del folklore. La «Casa del Sol Levante» è intesa da alcuni come un bordello, da altri come una prigione, da altri ancora come un pub o una casa da gioco.
L’interpretazione più plausibile della suddetta espressione è quella di David Kenneth Ritz «Dave» Van Ronk (30 giugno 1936 – 10 febbraio 2002), un cantante folk americano e una grande autorità della scena newyorkese degli anni ’60:
Come tutti, pensavo che «casa» significasse bordello. Ma qualche tempo fa mi trovavo a New Orleans per un festival jazz. Mia moglie Andrea, Odette e io stavamo bevendo un drink in un pub quando si presentò un ragazzo con una pila di vecchie fotografie, istantanee della città di inizio secolo. Insieme al French Market, alla Lulu White’s Mahogany Hall, alla dogana e simili, c’era una foto dell’ingresso in pietra grezza, con un’immagine incisa del sole nascente al centro. Incuriosito, chiesi che tipo di edificio fosse. Si è scoperto che si trattava della prigione femminile di New Orleans. Quindi, a quanto pare, mi sono sempre sbagliato«.
Stando al testo, dunque, la canzone era originariamente cantata da una donna.
A questo punto, posso fare due cose. Prima di tutto, posto ancora una volta la famosa versione della canzone cantata dai The Animals:

E poi, trovo logico postare qualche interpretazione femminile della «The House of the Rising Sun». Per esempio, quella di Jodi Miller (facente parte del suo album «The House of the Rising Sun» del 1973):

Oppure la versione del gruppo Continuare la lettura di questo post »


Tra tutti i problemi legati ai militari russi che tornano vivi – per sempre o temporaneamente – dall’Ucraina, ce n’è uno particolarmente banale (facilmente prevedibile) di cui non ho mai letto delle notizie o semplici richiami fino a poco tempo fa. Mentre in viaggio per le ferie o verso la «residenza permanente nella vita civile», i militari russi si ubriacano fino a perdere il loro aspetto umano, molestando impunemente le passeggere, le conduttrici e le hostess. E, come sarebbe stato logico supporre, continuano a mostrare a loro modo il «grande interesse» per le donne anche dopo aver raggiunto la loro destinazione.
Non è un argomento piacevole, ma c’è da scrivere e da leggere di esso come di altri aspetti di questa guerra. Ecco, quindi, un link a un articolo sull’argomento.


La pubblicità pre-elettorale

Ormai tra poco, il 26 ottobre, in Georgia (lo Stato del Caucaso, ahaha) si terranno le elezioni parlamentari. In vista di tale evento, i media riportano che il partito al governo «Il Sogno Georgiano» ha utilizzato per la propria campagna elettorale le immagini delle città ucraine distrutte dall’invasione russa. Sul lato sinistro di ogni cartello ci sono edifici distrutti, autobus bruciati e la scritta «No alla guerra!»; sul lato destro ci sono città georgiane illese, nuovi autobus georgiani e la scritta «Scegli la pace».

Sembrano delle informazioni proposte per il banale tema scolastico «cosa voleva dire l’autore con la sua opera?». Uno stupido scolaro, cioè un elettore, viene spinto verso una idea super originale: «vota per il nostro partito pro-Putin che sapremo trattare con chi vorrebbe distruggere anche le nostre città».
Per quanto possa sembrare strano, la campagna de «Il Sogno Georgiano» non può essere definita completamente illogica. Ma può essere definita non particolarmente attuale: le risorse di Putin non sono sufficienti per condurre due guerre in contemporanea. In realtà, non sono proprio sufficienti nemmeno per condurne bene una, quindi il Ministero degli Esteri ucraino ha ragione nella sua dichiarazione:
Il popolo georgiano non può temere una nuova guerra finché l’Ucraina resiste all’aggressione russa. Il prezzo terribile di questa resistenza è anche il prezzo della pace in Georgia.
In teoria (molto in teoria), si potrebbe cercare di scatenare un’altra guerra parallela a quella in Ucraina per fare in modo che l’Occidente si rifiuti definitivamente di sostenere due Paesi contemporaneamente, ma non penso che Putin sia un abbastanza avventuroso… E sono molto contento di questa mia sensazione.
Sarò quindi molto felice se gli sciacalli de «Il Sogno Georgiano» non riusciranno a organizzare la propria vittoria alle elezioni.


Novate Mezzola, 7 agosto 2024

Ho finalmente pubblicato il rapporto fotografico sulla mia visita a Novate Mezzola del 7 agosto 2024.
In realtà, non ho mai avuto l’intenzione di andare in questo paese appositamente per vedere solo esso. Prima di pianificare i miei viaggi dell’agosto 2024, non conoscevo nemmeno il suo nome… Ma poi ho letto che è uno dei punti di partenza più comodi per chi volesse raggiungere i sentieri montani della Val Codera, una zona della quale ho letto sempre nell’estate del 2024. E dato che la descrizione di quella valle mi aveva incuriosito tanto, avevo capito di dover passare anche per Novate Mezzola. Sprecare l’occasione di esplorare un centro abitato nuovo non è da me!

P.S.: se nemmeno voi sapevate dell’esistenza di questo paese, grazie al mio racconto potete ora capire il perché ahahaha


Non stancarsi?

Il 24 settembre Joe Biden ha parlato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Ha chiesto di continuare a sostenere l’Ucraina nella sua guerra contro la Russia, affermando:

We cannot grow weary. We cannot look away. We will not let up on our support for Ukraine. Not until Ukraine wins a just and durable peace.

Ma a me non sembra che gli USA si affatichino tanto a sostenere l’Ucraina sulla strada verso la vittoria. Anzi, quasi come due anni e mezzo fa continuano a fare il minimo e possibile e per ogni decisione ci impiegano dei tempi che nemmeno un campione mondiale della procrastinazione può sognare di raggiungere.
La prossima decisione attesa è quella sulla autorizzazione di utilizzare gli armamenti a lungo raggio sul territorio russo. Si tratta di una questione sulla quale io, personalmente, non posso avere una posizione categorica, ma capisco almeno tre cose:
1) la possibilità di colpire il territorio russo sarà una evoluzione logica e necessaria (per l’esito positivo) della guerra;
2) è evidente che l’esercito ucraino (a differenza di quello russo) non ha la possibilità e l’intenzione di utilizzare le armi «a caso» e/o contro gli obiettivi palesemente civili;
3) tutta la colpa e tutta la responsabilità sono e saranno del mandante della aggressione contro l’Ucraina.
Di conseguenza, Biden – che non deve più preoccuparsi delle elezioni – potrebbe anche smetterla di fare l’indeciso.


In realtà non è solo Trump

Il 21 settembre nello Stato americano di Georgia è partita la campagna pubblicitaria per le elezioni presidenziali statunitensi. Tra le varie iniziative pubblicitarie già adottate, c’è da evidenziare una di quelle inventate dalla squadra del candidato Donald Trump (forse lo conoscete) che ha utilizzato una bella foto della Georgia in un messaggio di campagna su Facebook. Ma non si sono accorti di un piccolo dettaglio: la foto utilizzata si trova nella banca fotografica di Shutterstock, i tag alla descrizione della foto dicono che si tratta della regione di Svaneti nello Stato caucasico Georgia.

Deridere le conoscenze geografiche di Trump, dei suoi sostenitori e/o collaboratori e degli americani in generale è facile, ma poco sensato. Perché io, in realtà, vedo fare le varie varianti di questa confusione tra i due Stati già da decenni e non solo negli USA.
Ma tutto questo non rende l’errore meno triste…