L’archivio del 24 febbraio 2024

La musica del sabato

Nella edizione odierna della mia rubrica musicale ci starà bene il «War Requiem» del compositore britannico Benjamin Britten, composto negli anni 1961–1962. Per la prima volta questo requiem fu eseguito il 30 maggio 1962 per la consacrazione della nuova Cattedrale di Coventry, ricostruita dopo essere distrutta dal bombardamento tedesco durante la Seconda guerra mondiale. Formalmente, il compositore intendeva che il tenore, il baritono e il soprano rappresentassero le tre parti in guerra: Gran Bretagna, Germania e Russia. Britten spera di utilizzare la musica e la poesia di Wilfred Owen – un soldato morto una settimana prima della fine della Prima Guerra Mondiale – per riconciliare le nazioni e salvare il mondo dalla guerra. Per fortuna o purtroppo, l’attualità di questa composizione si aggiorna nel tempo.

Ma è bella anche senza un collegamento alle questioni di attualità.


Tutti gli eventi degli ultimi giorni non possono farmi dimenticare della triste data odierna: sono due anni esatti che l’esercito putiniano continua a uccidere e distruggere, tutti i giorni e con una intensità particolare, in Ucraina. Aveva iniziato a farlo nel 2014 in Crimea e in una parte del sud-est «continentale» (infatti, gli ucraini si sentono in guerra proprio da allora), mentre il 24 febbraio 2022 abbiamo visto che il suo ritmo preferito sta appena iniziando.
Tra i cittadini russi ci sono quelli che manifestano apertamente la propria contrarietà: nonostante l’impossibilità di influire sull’operato di Putin e la comprensione (per coloro che si trovano in Russia) di tutti i pericoli legati a tale posizione.
Tra gli Stati occidentali ci sono quelli che hanno imposto delle sanzioni contro lo Stato russo, senza però inventare qualcosa di realmente sensibile e/o insuperabile. Gli stessi Stati aiutano militarmente l’Ucraina, ma con una lentezza e con un minimalismo che spesso mi restano incomprensibili.
Tra le aziende occidentali ci sono quelle che hanno sospeso le proprie attività in Russia per dei motivi reputazionali. Alcune altre (o, in parte, le stesse) aziende hanno interrotto i propri rapporti commerciali con lo Stato russo: a volte per non essere colpite dalle sanzioni occidentali, a volte per gli stessi motivi reputazionali.
E poi ci sono delle aziende occidentali che continuano a vendere in Russia e allo Stato russo, contribuendo, nel loro piccolo, alla continuazione della guerra. Proprio nel secondo anniversario dell’inizio della grande guerra in Ucraina volevo segnalarvi un articolo dedicato a uno di quegli fenomeni: l’indagine sulla Beretta che continua a importare i propri prodotti – in migliaia di esemplari – in Russia nonostante il divieto in vigore dal 2014.
Molto probabilmente vi è capitato di leggerne qualcosa, ma ci sono delle cose che meritano di essere ricordate.