Il Washington Post scrive e il Pentagono conferma che Joe Biden ha autorizzato la fornitura di mine antiuomo «non persistenti» alla Ucraina (si tratterebbe di quelle moine che «diventano inerti nel giro di giorni o settimane, riducendo i danni ai civili»). L’uso delle mine, secondo i termini, sarà limitato al territorio ucraino, «specialmente nell’Ucraina orientale», per scoraggiare un’offensiva russa.
Da un lato, è una notizia positiva: Biden continua a «recuperare tempo perso» (e creare un po’ di problemi a Trump), fornendo gli aiuti militari alla Ucraina. In più, almeno questa volta si tratterrebbe di materiali muovi e già disponibili.
Dall’altro lato, questo aiuto specifico non molto più evoluto dei caschi e tende che venivano forniti all’inizio della guerra: creerà qualche piccolo (quasi invisibile nel senso globale) problema alla avanzata dell’esercito russo, ma non potrà influire sull’andamento della guerra.
Spero dunque che sia solo una delle tante idee disponibili.
L’archivio del 2024 год
Secondo i miei calcoli, i mille giorni di guerra dovrebbero essere oggi, ma se in così tanti insistono, diciamo pure che siano stati ieri. Non c’è alcuna differenza di principio, come avrete capito anche da voi negli ultimi quasi tre anni: un solo giorno di guerra è brutto quanto qualsiasi altra quantità di essi. Allo stesso modo, il mio atteggiamento nei confronti delle vittime dirette (e dei loro familiari, amici, vicini di casa o colleghi) non dipende in alcun modo dal loro numero o, per esempio, dal fatto di averle incontrate anche solo una volta nella vita reale. La guerra è sempre terribile e disgustosa allo stesso tempo. Quindi non avrei comunque scritto alcunché di speciale per la data «simbolica». Scrivo e parlo di questa guerra putiniana tutti giorni.
Specificatamente oggi, come qualsiasi altro giorno, posso solo ripetere alcune cose che ritengo ovvie (spero anche voi) e che non ho alcun motivo di rifiutare. Per esempio, posso scrivere ancora una volta che spero in una veloce fine di questa guerra. E posso aggiungere che qualsiasi opzione diversa dalla vittoria militare della Ucraina non sarà la fine della guerra, ma solo la sua interruzione temporanea. Lo sarà perché se la causa principale della guerra non muore durante la pausa bellica, a un certo punto la guerra ricomincerà: la guerra aiuta la causa principale a risolvere i propri problemi politici e, come dimostra la triste esperienza, non comporta – per la causa della guerra – alcun confronto serio e/o pericoloso con i rappresentanti forti dell’Occidente.
I rappresentanti dell’Occidente, da parte loro, fanno il possibile per apparire profondamente indifferenti a tutto ciò: al fatto di una vera guerra ormai di mille giorni «dietro il recinto esterno», alla crescente convinzione della propria impunità della causa principale della guerra, e pure alla possibilità che la guerra possa un giorno – tanto non succede stasera! – arrivare a casa loro. Si limitano a dare una piccola elemosina alla Ucraina e a fare le dichiarazioni corrette, per continuare poi come se nulla fosse con le piccolezze quotidiane tipiche di una vita pacifica e monotona. Questo atteggiamento nei confronti della realtà mi è infastidisce, ma purtroppo non mi sorprende più.
C’è qualcosa che posso fare io in una situazione del genere? Purtroppo non ho gli strumenti per eliminare la causa principale della guerra (ma vorrei tanto averli). Le mie possibilità sono molto limitate. Oltre a cercare di assistere, nei limiti delle mie possibilità, le vittime della guerra, posso, per esempio, raccontare e/o spiegare qualcosa a qualcuno in Europa: ai politici, funzionari, imprenditori, elettori. Posso spiegarglielo in modo che nelle loro menti le relazioni di causa-effetto vengano impostate nella giusta direzione. Cercare di spingere qualcuno – direttamente o attraverso una catena di intermediari – a prendere le decisioni giuste e tempestive. Non ho alcuna mania di grandezza: in realtà spero di essere solo uno dei tanti. Ma, allo stesso tempo, vedo che i nostri sforzi non hanno un effetto di forza necessaria.
Insomma, la «data simbolica» si rivela cupa da tutti i lati possibili.
Ma gli ucraini non si arrendono, il che significa che nemmeno io posso farlo.
Qualche tempo fa mi sono finalmente deciso di rifare – cioè rinnovare e arricchire di qualche nuova funzionalità aggiuntiva – una pagina vecchissima del sito, una di quelle che a causa della loro obsolescenza non possono e non devono ormai essere pubblicizzate… Non so nemmeno perché mi sono ricordato di quella pagina, ma visto che è successo, ho pensato di far risuscitare la propria creatura.
Insomma, lo strumento-giocattolo «Convertitore del tempo» è di nuovo operativo e accessibile a tutti!
In primo luogo, questo strumento è capace di convertire un orario scritto secondo qualsiasi sistema in qualsiasi altro sistema: il sistema a 24 ore (del tipo 18:34), il sistema a 12 ore (del tipo 6:34 PM) e il military time (del tipo 1834).
In secondo luogo, ora questo strumento è capace di elaborare una quantità illimitata degli orari in un colpo solo: semplicemente, ognuno di essi va inserito in un campo separato della form ingrandibile dall’utente.
Come potete vedere, è uno strumento enormemente tecnologico (in realtà nasce da un vecchissimo esercizio studentesco, ma non lo diciamo a nessuno). Ma visto che ormai esiste, lo lascio vivere: la sua esistenza non mi costa nulla, mentre gli eventuali introiti sono possibili come su tutte le altre pagine del sito, ahahahaha
Più avanti faccio risuscitare qualche altra pagina vecchia (i miei archivi ne sono pieni), devo solo organizzarmi…
Ieri The New York Times ha scritto, riferendosi alle fonti governative, che il Joe Biden avrebbe dato alla Ucraina il permesso di utilizzare i missili ATACMS a lungo raggio di cui dispone per proteggere le unità dell’esercito ucraino che partecipano alla operazione nella regione russa di Kursk. La Francia e il Regno Unito hanno prontamente seguito l’esempio e hanno autorizzato l’Ucraina a utilizzare allo stesso modo i loro missili a lungo raggio SCALP e Storm Shadow.
Purtroppo, è come al solito una notizia positiva a metà.
Perché autorizzare l’utilizzo degli ATACMS solo nella regione di Kursk mentre la logistica militare russa è diffusa su tutto il territorio statale? Come negli anni precedenti, diventa solo una misura difensiva e non di prevenzione, dunque anche di una utilità minima.
Ora saranno forniti più ATACMS? Boh… Anche se ci fosse tale possibilità tecnica, non mi sono molto chiare le intenzioni.
Ci saranno altri tipi di autorizzazione nelle prossime settimane? Non so nemmeno questo.
Gli Stati europei non vogliono fare dei nuovi passi seri prima degli USA? La risposta a questa domanda, purtroppo, è per l’ennesima volta affermativa.
In conclusione, non posso non sottolineare che l’interpretazione della mossa di Biden come un avvertimento alla Corea del Nord è veramente ridicola: per Kim Jong-un la vita dei suoi sudditi-militari vale ancora meno che la vita di un qualsiasi essere umano per Putin (anche se sembra impossibile).
Di conseguenza, dico che si tratta di una misura minima tra tutte quelle che Biden poteva prendere alla fine della propria Presidenza, in un periodo in cui è politicamente libero di fare praticamente qualsiasi cosa.
Non so se tutti si sono accorti della proclamazione dei vincitori del concorso Drone Photo Awards 2024.
Le opere dei vincitori sono state suddivise in diverse categorie: città, animali selvatici, sport, persone, astratte, matrimoni e serie.
C’è anche la sezione video, dove ha vinto Vlad Vasylkevych con il suo filmato «1 Million Bombs Before». Eccolo:
Ma anche molte foto delle varie categorie sono belle, andate pure a vedere se interessati.
Anche se per me la capacità più importante rimane quella di vedere ciò che non vedono gli altri da una posizione simile alla mia.
Il chitarrista e cantante blues Albert King è talmente famoso e influente (sì, anche dopo la sua morte avvenuta nel 1992), che io non so nemmeno se ci sia il bisogno di scrivere qualcosa prima di inserire dei video con i suoi brani. Posso solo esprimere pubblicamente il proprio stupore per il fatto di non avergli mai dedicato un post musicale…
Ed ecco che ho deciso, finalmente, di condividere con voi due dei brani di Albert King particolarmente importanti per me.
Il primo brano è il «I’ll Play the Blues for You (parts 1 and 2), facente parte dell’album omonimo del 1972. Si tratta di una di quelle composizioni musicali che a volte utilizzo in qualità di un «metronomo mentale»: per impostare un ritmo particolare – quando serve – al cervello.
Il secondo brano di Albert King scelto per oggi è il «My Babe» (dall’album «Albert» del 1988): solo perché è bello.
Sicuramente tornerò ancora a scrivere di Albert King perché devo recuperare un po’ di pubblicazioni mancate.
La lettura (e, in parte, visione) che propongo per questo sabato riguarda gli avvenimenti di ieri in Abkhazia, una regione caucasica staccata dalla Georgia in seguito all’attacco bellico russo del 2008 e ora solo parzialmente riconosciuta (la Georgia continua a considerare l’Abkhazia un territorio proprio e occupato/controllato dalla Russia).
Ebbene, nella capitale Sukhumi sono ieri scoppiati gli scontri – all’esterno dell’edificio del Parlamento dell’Abkhazia – tra le forze dell’ordine e i manifestanti contro la ratifica dell’accordo sugli investimenti tra le autorità della repubblica e la Russia. In sostanza, se leggiamo attentamente le ragioni dei manifestanti, si protesta contro l’aumento della influenza dello Stato russo (che prima non era proprio considerato nemico) in Abkhazia. Si tratta di una nuova grande vittoria internazionale di Putin?
Più di quaranta residenti del villaggio russo di Olgovka, distretto di Korenevsky, regione di Kursk, che si trova in una zona di guerra dall’agosto 2024, hanno registrato un videomessaggio a Vladimir Putin, chiedendogli di «porre fine a questa maledetta guerra». In particolare, nel video i residenti di Olgovka raccontano – cercate di arrivarci al prossimo capoverso senza dubitare delle mie intenzioni! – che con l’inizio della offensiva dell’esercito ucraino hanno perso tutto e sono rimasti senza alloggio. Durante l’evacuazione mancano i pagamenti da parte delle autorità per affittare un alloggio, e molte persone non sono disposte ad assumere rifugiati. Secondo i residenti di Olgovka, alcuni dei loro compaesani che non sono stati evacuati sono morti o sono scomparsi. Olgovka stessa «è diventata come un film horror» e molte persone hanno paura di tornarci, e ci vorranno almeno cinque anni per ricostruire il villaggio.
Ecco, dopo avere letto tutto questo ho pronunciato – non solo mentalmente – una buona quantità di bestemmie infuocate. In sostanza, finché tutto (e non solo) quello che descrivono accadeva in Ucraina, non erano contrari alla guerra e non chiedevano di porne fine. Ma ora che è arrivata la logica risposta, si sono svegliati.
Non posso dire di essere dispiaciuto per il loro destino. Ma, allo stesso tempo, continuo a sperare che la comprensione della realtà possa in qualche modo arrivare alle larghe masse. Il risultato finale conterà molto più di quel modo. Quindi, in un certo senso, sono addirittura contento.
Il mio sondaggio di questo novembre nasce da una vecchia, pluridecennale insoddisfazione per l’esistenza della cosiddetta ora legale: in Russia è stata abrogata già nel 2014, mentre in Europa sono comunque costretto, due volte all’anno, a reimpostare manualmente alcuni orologi, riadattarmi al nuovo rapporto con la luce, ricalcolare le differenze con alcuni fusi orari etc. etc.. Immagino che ogni passaggio da o verso l’ora legale sia in qualche misura sensibile anche per la maggioranza di voi.
Di conseguenza, vi chiedo:
Le ricerche sociologiche europee mostrano che l’opinione degli italiani in materia è diversa da quella media europea, ma io voglio comunque scoprire cosa ne pensano i visitatori del mio sito.
N.B.: il sondaggio è anonimo per i votanti non registrati o non loggati sul sito. Il sondaggio più recente è sempre visibile sulla prima pagina del sito. Tutti i miei sondaggi sono raccolti su una apposita pagina.
Il martedì 12 novembre a Lisbona è stato inaugurato un monumento dedicato a Alexey Navalny. È una pietra con il nome, le date della nascita e della morte e la scritta «Non mollare mai» in tre lingue. Si trova a cento metri dall’edificio dell’ambasciata russa, in via Visconde de Santarém, 71. Eccolo:
Dal punto di vista puramente artistico – ma anche commemorativo – mi sembra un formato di monumento interessante. Infatti, assomiglia lontanamente alle cosiddette «pietre d’inciampo»: compatto e capace di stimolare l’interesse, dedicato pur sempre a una persona concreta. Allo stesso momento, è una via di mezzo tra un monumento tradizionale e una targa commemorativa su un muro (la quale, però, per tradizione avrebbe dovuto essere messa in un luogo in qualche modo legato alla vita del personaggio ricordato).
In generale, direi che si potrebbe prendere l’esempio e creare molti monumenti del genere in giro per il mondo, lasciando il formato del monumento classico ai personaggi di importanza più universale, «planetaria».