Ieri il giornale francese Liberation ha scritto che Evgeny Prigozhin si sarebbe incontrato con Putin nel Cremlino il 1° luglio, una settimana dopo la «rivolta».
Dmitry Peskov, il portavoce di Putin, ha reagito a tale notizia comunicando che Putin e Prigozhin si sarebbero incontrati nel Cremlino il 29 giugno e che l’incontro sarebbe durato quasi tre ore.
I giornalisti russi si sono ricordati che il 29 giugno Peskov aveva dichiarato di non sapere dove si trova Prigozhin.
Mentre io (e non solo io) ho sempre immaginato che Prigozhin non avrebbe potuto, all’inizio di luglio, girare liberamente per Mosca e San Pietroburgo, ritirare personalmente i soldi, le armi e i beni vari precedentemente sequestratigli, senza avere un permesso personale di Putin. Anzi: non solo il permesso, ma anche una garanzia credibile della sicurezza fisica.
Non voglio sprecare la fantasia per ipotizzare cosa e perché si siano detti i due personaggi, indipendentemente dalla data reale dell’incontro. Voglio solo scoprire su cosa basava il coraggio di Prigozhin di presentarsi fisicamente nel Cremlino dopo avere costretto Putin di apparire una persona impaurita, indecisa e disorientata: sa bene, ancora meglio di noi, che le promesse di Putin non valgono molto.
L’archivio del 11 luglio 2023
11/07/2023 alle 13:25