Suppongo che più o meno tutti abbiano letto o sentito quelle giustificazioni che Evgeny Prigozhin aveva diffuso lunedì per spiegare la stranissima fine della sua «marcia su Mosca». Di tutte quelle giustificazioni continua a sembrarmi realistica solo una: non intendeva conquistare il potere. Le altre tesi, invece, fanno un po’ ridere.
L’uomo che ha mandato al massacro decine di migliaia di soldati russi (non solo in Ucraina, ma anche in Africa e in Siria), parla della propria presunta riluttanza a versare una sola goccia di sangue russo.
L’uomo che ci ha messo quasi un anno a conquistare la piccola cittadina Bakhmut, ora parla del «masterclass» militare che avrebbe impartito a tutti. E lascia intendere che lo stesso sarebbe accaduto all’Ucraina se avesse comandato lui l’Esercito russo.
Il ladro (anche dei fondi pubblici) accusa altri ladri (anche dei fondi pubblici) di aver rubato.
Il personaggio di dubbie qualità morali parla della «Marcia della Giustizia».
L’organizzatore di una società militare privata criminale (per il Codice Penale russo l’organizzazione di una società militare privata è un reato, grave) parla di legalità.
Ecco, almeno abbiamo capito ancora meglio perché, fino a un certo momento, era in sintonia con Putin.
L’archivio del 28 giugno 2023
28/06/2023 alle 13:25