Pare che ieri nella regione russa di Bryansk (confina con l’Ucraina e la Bielorussia) siano stati abbattuti ben quattro velivoli militari russi: due elicotteri Mi-8, un bombardiere Su-34 e un caccia Su-35. Con una certa soddisfazione posto una prima raccolta dei video girati dai residenti locali:
Sicuramente molto presto scopriremo dei dettagli interessanti.
L’archivio del Maggio 2023
Il 7 maggio c’era stato il 190-esimo anniversario della nascita del compositore tedesco Johannes Brahms. E dato che a me la musica di Brahms piace tanto, non potevo non sfruttare anche questa occasione formale per ricordarlo nella propria rubrica del sabato.
Per l’importante anniversario ho pensato di scegliere quella composizione di Brahms che, secondo i critici musicali, illustra in un modo particolarmente forte tutta la creatività musicale del compositore: si tratta del «Ein deutsches Requiem» («Un Requiem tedesco»), composto nel periodo tra il 1865 e il 1868 e poi integrato dal compositore stesso nel 1869 con un movimento in più. Oggi posto proprio la versione finale in sette movimenti.
Probabilmente è un po’ lungo per essere condiviso su internet, ma in realtà merita…
La lettura interessante consigliata per questo sabato non riguarda la guerra in Ucraina, ma parla «solo» di una delle manifestazioni della follia dello Stato russo di questi tempi. L’articolo racconta, brevemente, di uno dei primi casi in cui la semplice attività professionale è stata riconosciuta come un reato particolarmente pericoloso. Non l’attività in generale, ma l’attività svolta da due persone scelte quasi a caso da un inquirente di turno.
Per ora si tratta solo di una delle prime storie del genere, ma nelle attuali condizioni russe ha tutte le possibilità di entrare a far parte di una prassi.
È bello constatare che nella storia difficile della fornitura degli armamenti alla Ucraina è stato superato un altro ostacolo mentale: l’UK ha fornito alla Ucraina diversi missili da crociera a lungo raggio Storm Shadow (con una gittata di oltre 250 chilometri, ha riferito la CNN) a condizione che le forze armate ucraine non li utilizzino per colpire obiettivi in territorio russo. Allo stesso tempo, la CNN ha osservato che le autorità britanniche hanno ripetutamente affermato di considerare la Crimea un territorio ucraino illegalmente annesso dalla Russia. Il quotidiano ucraino «Strana», poi, ha precisato che i missili Storm Shadow forniti dal Regno Unito sono prodotti in diverse modifiche, tra cui anche quelle con una gittata di oltre 560 chilometri.
Fatto questo, tanto atteso, passaggio qualitativo nelle forniture, si piò ricominciare a parlare almeno con l’intensità di prima del passaggio quantitativo: il presidente Zelensky sta ripetendo da mesi che controffensiva ucraina non può iniziare senza un giusto volume delle forniture occidentali. Se dovessero arrivare almeno i missili del genere, potremmo essere un po’ meno pessimisti sulla durata della guerra: perché l’esercito russo non può contare sui miglioramenti analoghi.
Quasi per caso ho scoperto che uno degli scambi di auguri più «divertenti» del 9 maggio si è verificato nella data indicata in un punto di confine tra la Russia e l’Estonia. In sostanza, per il Giorno della Vittoria le autorità della cittadina di Ivangorod (nella regione di Leningrado, cioè nella provincia di San Pietroburgo) hanno organizzato un concerto «patriottico» appositamente per i residenti della città di Narva, in Estonia. Uno schermo e un palco sono stati allestiti sul lungomare della città russa, ben visibile dalla sponda estone. La distanza tra Narva e Ivangorod è di soli cento metri, se si considera il punto più stretto del fiume Narva sul quale passa il confine tra due Stati. Le due città sono collegate dal Ponte dell’Amicizia. Dalla riva di Narva era ben visibile il palco, decorato con la bandiera russa e con un nastro di San Giorgio gigante che corre lungo il bordo. Il palco su cui le autorità russe hanno organizzato il concerto per la popolazione di Narva si trovava proprio di fronte alla Fortezza di Narva ed era rivolto verso di essa. A circa 150 metri sulla sinistra, accanto a un edificio abbandonato, era stato montato uno schermo che riproduceva quello succedeva sul palco.
Dalla parte estone, invece, sul muro della fortezza di Narva, è stato appeso uno striscione con un ritratto di Putin con delle macchie di sangue sul volto e la scritta «Putin war criminal». Lo striscione è stato appeso dal Museo di Narva, proprietario delle mura della fortezza, nelle prime ore del 9 maggio.
Già alle 10 del mattino, le delegazioni dei due Stati si sono incontrate sul Ponte dell’Amicizia. L’incontro è avvenuto sulla iniziativa dalla parte russa, la quale ha chiesto la rimozione dello striscione. Gli estoni hanno risposto dicendo che «il banner non è vietato» dalle leggi locali, quindi non c’è alcun motivo di toglierlo.
Trovo qualcosa di esteticamente soddisfacente nelle risposte del genere.
A giudicare da quello che ho letto, la parata militare svoltasi ieri a Mosca – nell’occasione del «Giorno della Vittoria» – è stato un evento noiosissimo in tutti i sensi.
Vladimir Putin ha pronunciato il solito discorso senza senso in base al quale l’URSS avrebbe salvato da sola l’intera umanità nella Seconda guerra mondiale, ora la Russia si troverebbe a difendersi dai nemici che vorrebbero smembrarla, l’Occidente starebbe diffondendo il nazionalismo aggressivo etc. etc..
A Mosca si sono presentati i leader di sette Stati che attualmente dipendono ancora dalla Russia economicamente e, in alcuni casi, in termini della sicurezza fisica.
La componente militare della parata è stata molto ridotta: meno uomini (i giornalisti dicono che la tendenza alla riduzione si osserva dal 2020), niente aerei (pare, a causa del famoso «attacco» dei droni contro il Cremino) e appena tre carri armati (tutti T-34-85 prodotti negli anni ’50).
Beh, i carri armati si possono anche spiegare: durante le parate di solito viene mostrata l’attuale potenza militare dello Stato, mentre noi sappiamo che la Russia sta attualmente mandando a combattere in Ucraina proprio i carri armati degli anni ’50 e ’60. Di conseguenza, la comparsa di quei rottami sulla Piazza Rossa è assolutamente logica.
Mentre l’unico aspetto interessante – anche se piccolo – è il passaggio dei 530 militari che hanno combattuto in Ucraina nel corso della guerra attuale. Per me è una nuova conferma del fatto che festeggiare la guerra è per Putin più importante di festeggiare la fine della Seconda guerra mondiale, ma lo avevo già scritto ieri.
Insomma, niente di interessante.
Ieri Vladimir Zelensky ha presentato al Parlamento ucraino un progetto di legge che stabilisce la celebrazione della Giornata della memoria e della vittoria sul nazismo nella Seconda guerra mondiale l’8 maggio (invece del 9 maggio sovietico/russo). Ha inoltre dichiarato – con un decreto presidenziale – il 9 maggio Giornata dell’Europa in Ucraina (come nell’UE).
Almeno la prima delle due azioni sarebbe stata molto logica anche senza la guerra che stiamo osservando ora: una data festiva comparsa sul calendario solo per la mania di grandezza di Stalin già in partenza c’entrava poco con la vittoria sul nazismo e con la memoria di tutte le vittime della Seconda guerra mondiale. Nell’epoca putiniana, poi, il 9 maggio si è progressivamente trasformato in una festa del militarismo e della riscrittura della storia del XX secolo. L’aspetto del militarismo si manifesta non solo nella esibizione faraonica degli armamenti sulla Piazza Rossa, ma anche nella imposizione del culto della guerra tra la popolazione russa. Quel culto che all’inizio di maggio di ogni anno assume le sue forme visive peggiori: a volte un po’ imbarazzanti…
… e a volte decisamente ripugnanti…
… mentre nel resto dell’anno si infiltra nella cultura e nella quotidianità (ok, non sono sempre due cose separate) con il continuo parlare dei soli aspetti militari della data. A me sembra una primitivizzazione un po’ brutta della storia.
La riscrittura della storia – il secondo aspetto che caratterizza il 9 maggio putiniano – si manifesta, fondamentalmente, in due concetti pubblicamente trasmessi: 1) l’URSS avrebbe vinto la Seconda guerra mondiale da sola, senza alcun aiuto; 2) l’URSS non avrebbe avuto degli alleati nella Seconda guerra mondiale (questo secondo concetto è relativamente nuovo, ancora in fase di formazione/formulazione, che sta parzialmente sostituendo il primo).
Tale trasformazione della festa del 9 maggio è in una buona misura dovuta al progressivo isolamento di Vladimir Putin nella politica internazionale e, a un certo punto, si è trasformata in una delle cause dell’isolamento stesso. Partendo dall’idea di non avere degli alleati nell’Occidente, è arrivato alla convinzione di avere solo (o quasi) nemici. Girandosi a 180°, ha trasformato la festa della fine della guerra in una festa dell’inizio della guerra. Ma non ha ancora cambiato il nome della festa: non ha fatto in tempo oppure si è dimenticato.
Vladimir Zelensky, che vede e capisce queste cose meglio della maggioranza di noi, ha dunque fatto benissimo a cambiare le date.
Kyrylo Budanov, il capo della Direzione principale dell’intelligence del Ministero della Difesa ucraino, ha dichiarato che la Russia non avrebbe le risorse militari, economiche e politiche per condurre operazioni offensive in Ucraina (ma solo quelle per difendere le posizioni già ottenute).
Effettivamente, sembra quasi una dichiarazione da Capita Ovvio: non c’è stata la tanto temuta offensiva invernale e non si osservano degli eventi che possano far prevedere quella estiva. Di conseguenza, Budanov conferma indirettamente un’altra tesi: in questo momento la continuazione di una guerra «attiva» conviene più alla Ucraina che alla Russia. Finché si combatte, l’Ucraina riceve gli aiuti (e l’unità nazionale interna) per procedere verso la vittoria, mentre la Russia (intesa come lo Stato di Putin) avrebbe bisogno di una pausa per rinnovare le scorte del materiale bellico (a questo punto saluto tutti quei geni alternativi che tifano per le trattative).
Il prossimo passaggio logico che potremmo fare è: alla Ucraina conviene provocare la Russia putiniana per garantire la continuazione dei combattimenti accesi.
Eh sì: in una guerra non ci può essere alcunché di bello.
Avete sicuramente già visto questo video. Ma io lo conservo nella speranza di capire, prima o poi, se Prigozhin si stia rendendo conto di rivolgersi anche a se stesso (e non solo ai personaggi che chiama e non chiama per cognome).
Anche se spero di avere, prima o poi, delle cose più allegre di cui pensare.
Dato che sull’«attentato a Putin» non si capisce ancora un bel niente – prevalentemente perché mancano le informazioni sulla base delle quali potremmo iniziare a capire qualcosa – non ci resta che leggere diverse interpretazioni di quanto visto. L’altro ieri ho già scritto di quei fattori che hanno influito sulla mia interpretazione, mentre oggi propongo un testo sulla interpretazione in una certa misura opposta.
Intendo l’intervista con Kirill Shamiev: un politologo, ricercatore di relazioni civili-militari e visiting fellow presso il Consiglio europeo per gli affari esteri.
I punti di vista non sono mai troppi.