Mi ero quasi dimenticato che la premiazione dell’Oscar 2023 dovesse avvenire proprio la notte passata… Ma è stato impossibile non essere informato dei risultati. Quindi oggi scrivo molto brevemente di quattro film coinvolti in questa edizione del premio.
Prima di tutto faccio i miei complimenti agli autori del documentario «Navalny»: la loro vittoria è la giusta premiazione di un lavoro fatto al momento giusto. È una vittoria molto importante anche per il protagonista del film: perché alimenta l’attenzione proprio nel momento storico in cui ne ha più bisogno. Non è stata sprecata l’occasione di fare una premiazione politicizzata che non infastidisce. N.B.: sul palco erano presenti la moglie e i figli di Alexey Navalny.
L’evento per me più incomprensibile è la pluri-premiazione del film Continuare la lettura di questo post »
L’archivio del marzo 2023
Quello di oggi è un breve video sullo stato attuale della città di Bakhmut. In teoria sapevamo già degli effetti della guerra in corso, ma dopo la visione di questo video sembra ancora più inconcepibile il fatto che rimangano ancora ben quattromila civili in città (su 70 mila dei tempi della pace).
E, ovviamente, non dimentichiamo che almeno all’inizio tutto questo si chiamava «liberazione».
Più o meno tutti gli interessati alla musica degli anni ’50/’60 del XX secolo conoscono il duo country-rock statunitense The Everly Brothers. Il periodo della massima popolarità dei fratelli Phil e Don Everly fu stato tra il 1956 (l’anno del debutto) e il 1963 (l’anno in cui i due furono chiamati alla marina militare). Proprio in quegli anni registrarono le loro canzoni più famose; a quel periodo è dedicato il mio primo post musicale sul duo.
Molti critici musicali, però, sostengono che i fratelli Everly avrebbero raggiunto l’apice della loro forma artistica nella seconda metà degli anni ’60, dopo il ritorno dal servizio alla marina. Provo dunque a pubblicare due canzoni appartenenti a questo loro periodo musicale.
La prima canzone di oggi è la «Love Is Strange» (dall’album «Beat & Soul» del 1965):
La seconda canzone scelta per oggi è la «The Price of Love» (dall’album «In Our Image» del 1966):
La popolarità e la rilevanza musicale del duo, comunque, è quasi completamente tramontata dopo il litigio del 1973 tra i due fratelli, sebbene se si siano riuniti negli anni ’80 per continuare a registrare delle canzoni fino al 2005.
Non ho ancora fatto in tempo a segnalarvi – ma, purtroppo, non è mai tardi – che il 24 febbraio è uscita la versione inglese del dizionario del linguaggio russo dei tempi della guerra. Il dizionario in questione perde molto rispetto al proprio originale russo, ma vi potrebbe essere comunque utile. Infatti, spiega il significato e/o la storia di molti termini, espressioni e neologismi utilizzati dai privati, giornalisti, propaganda e politici per parlare della guerra putiniana in Ucraina.
Qualcuna delle voci riportate nel dizionario potrebbe diventarvi più chiara, qualcun’altra addirittura risultare nuova. In ogni caso, propongo di considerare il suddetto dizionario come un prezioso documento storico: non è da escludere che una parte più o meno significativa del suo contenuto rimanga nel linguaggio popolare anche dopo la fine della guerra…
Sembrava una missione impossibile (oppure una delle? ora non importa), ma il «grande» tattico Putin ci è riuscito pure in questa: intervenendo al Forum economico di Budapest, il premier Victor Orban ha dichiarato che l’Ungheria dovrà riconsiderare le proprie relazioni con la Russia a causa della «mutata realtà geopolitica». A causa della guerra e il conseguente peggioramento delle relazioni tra la Russia e l’UE, Orban propone di «pensare seriamente» sulle relazioni con la Russia nei prossimi 10–15 anni.
Tradotto nel linguaggio umano, Orban ha ammesso che nella prospettiva a lungo termine la Russia non ha alcun modello interessante delle relazioni politiche e/o economiche da proporgli. Infatti, le forniture alternative del petrolio e del gas (o le fonti alternative della energia) prima o poi arrivano pure in Ungheria, mentre la Russia putiniana rimane sempre la stessa: molto meno attraente dell’UE.
Lo ha capito – finalmente – pure Orban.
Oppure – molto più probabilmente – ha finalmente sentito la possibilità di iniziare a dirlo pubblicamente.
Ed è così che per Putin è arrivata una nuova grandissima vittoria geopolitica…
Ho notato che pure in Italia si è diffusa la notizia di quel video che mostra un altro militare ucraino fatto prigioniero e poi ucciso dagli invasori russi. Purtroppo, non è il primo. Purtroppo, non sarà l’ultimo. Ma, almeno, ora conosciamo il suo nome: Timofei Shadura Aleksandr Matsievskij. Le sue ultime parole sono state «Viva ‘Ucraina».
La morte di Timofei è la conseguenza di uno dei tantissimi crimini (sì, è un crimine nettamente descritto dalle norme internazionali e nazionali) che in un futuro non tanto lontano verranno esaminati da chi ne sarà competente.
In attesa dei suddetti eventi, condivido con voi una «rima storica»: Continuare la lettura di questo post »
Nel 1973 gli Stati arabi annunciarono l’interruzione delle forniture di petrolio all’Occidente in risposta al sostegno di quest’ultimo all’Israele nella guerra dello Yom Kippur… No, non volevo cercare o inventare delle analogie storiche recenti più o meno deboli. Volevo solo scrivere dei fatti del 1973: in conseguenza alla decisione araba il prezzo del petrolio quadruplicò, passando dai tre ai dodici dollari al barile. La «crisi del petrolio» ebbe una serie di conseguenze inattese: le piccole auto giapponesi iniziarono a vendere bene negli USA, l’URSS aumentò drasticamente le forniture del petrolio all’Europa (questa fortuna economica è stata buttata nel cesso quasi cinquant’anni dopo), gli americani crearono la Strategie Petrolium Reserve, la Francia iniziò a costruire rapidamente le centrali nucleari etc….
Nella Casa Bianca fino a quel momento vigeva il divieto per le donne lavoratrici di indossare i pantaloni: erano ammesse solo le gonne. Ma dato che a causa della crisi energetica la temperatura nell’edificio era stata abbassata di qualche grado, il divieto era stato cancellato. Proprio grazie agli arabi!
Approfittando della data odierna, auguro a tutte le lettrici di trovare tanta fortuna anche nelle situazioni quotidiane più difficili.
Il Financial Times sostiene che la Russia si starebbe astenendo dall’acquistare i missili balistici iraniani per paura che gli USA inizino – in qualità di una contromisura – a fornire all’Ucraina i missili ATACMS a lungo raggio.
Sembra una tesi non priva di logica… E proprio per questo sembra una tesi quasi di fantascienza: infatti, si tratterrebbe di una improvvisa illuminazione dei dirigenti statali russi che a febbraio del 2022 avrebbe dovuto indurre – se manifestatasi – a non iniziare neanche la guerra in Ucraina. Perché non era proprio impossibile immaginare tutte le possibili conseguenze.
Ma ora, in questa fase molto avanzata della guerra, non è assolutamente da escludere (e lo stesso articolo lo ammette) che gli stessi dirigenti russi decidano che ormai non ci sia più nulla da perdere. La guerra va portata avanti a ogni costo, mentre le munizioni proprie sono sempre meno. Quindi l’acquisto dei missili iraniani da parte della Russia mi sembra solo una questione di tempo. Molto breve.
Non so se anche in Italia sia mai esistita una credenza del genere, ma in Russia è largamente diffusa la convinzione che non si debba festeggiare il compimento dei 40 anni.
Perché? Nessuno lo sa dire di preciso, ma in tantissimi sono convinti che non si debba fare.
Alcuni danno una risposta laconica: «è una tradizione» («del cazzo», aggiungo io).
Alcuni danno una risposta altrettanto stupida: «porta sfiga» (perché? a chi? boh…).
Ma i più malati mentalmente sostengono che alla base della usanza di non festeggiare i 40 anni ci siano dei motivi religiosi. Infatti, il numero 40 avrebbe un valore particolare per i cristiani (solo ortodossi? boh…):
– il diluvio universale sarebbe durato 40 giorni;
– il popolo ebraico sarebbe vagato nel deserto del Sinai per 40 anni;
– il cosiddetto Gesù avrebbe digiunato nel deserto per 40 giorni dopo il battesimo;
– sempre il cosiddetto Gesù sarebbe decollato definitivamente 40 giorni dopo la morte.
In conseguenza a questi eventi fiabeschi, alcune persone si sono convinte che il numero 40 sarebbe fortemente legato alla morte e alla sofferenza. Non sarebbe dunque opportuno festeggiare tale quantità dei propri anni.
Come posso reagire io, uno apateista eterno, a tutte le stronzate elencate? Pur essendo totalmente indifferente al concetto stesso dei compleanni, posso provare a festeggiare il primo quarantennio.
La ragione vincerà.
Non è mai tardi ricordare: ieri c’è stato un anniversario bellissimo, un giorno di gioia per milioni di persone… Ieri, secondo la cronologia ufficiale, c’è stato il settantesimo anniversario della morte di Stalin. Io, personalmente, non smetterò di considerare il 5 marzo un giorno festivo.
Allo stesso tempo, però, capisco che attualmente per milioni di persone in tutto il mondo è molto più importante, interessante e attesa una morte futura. La morte di un personaggio che, per uno «scherzo della storia», si trova torturare lo stesso territorio del nostro pianeta. Lo capisco e, tra le innumerevoli altre cose, mi chiedo: ci saranno delle manifestazioni simili a quella della famosa foto riportata sotto a sinistra?
Da una parte, il borsht è formalmente una zuppa ucraina (molto popolare anche in Russia, a me è sempre piaciuta tanto) e più o meno tutti hanno ormai imparato a distinguere la Russia e l’Ucraina (ne avevo scritto pure venerdì). Dall’altra parte, utilizzare il borsht per i festeggiamenti nell’occasione della inevitabile – lo dice la biologia! – morte del nuovo dittatore sarà una scelta ancora più simbolica e bella.
Dunque, vi consiglierei di prepararvi. Proporvi di imparare a prepararla è una cosa un po’ estrema: per farla bene ci vuole abbastanza impegno. Ma potete cercare il modo assaggiarla da qualche parte. Molto probabilmente vi sembrerà abbastanza particolare, molto probabilmente non piacerà a tutti… Ma almeno vi preparate al grande evento, ahahahaha