La rivista The Economist ha pubblicato l’«Indice Democrazia 2022» (scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale) nel quale si leggono alcune notizie tanto attese (attese in almeno due sensi).
In particolare, nella classifica globale osserviamo la Russia che ha perso 22 posizioni in colpo — un record — ed è scesa dalla posizione 124 alla posizione 146. Rimane dunque tra i regimi autoritari: non è una grossa sorpresa… L’unico aspetto che in un certo senso mi ha fatto ridere è, appunto, il numero della posizione: nel lontanissimo 2011 nella regione russa di Rostov alle elezioni politiche aveva votato, secondo i dati del Ministero degli Interni, il 146% degli aventi diritto. In quel modo il tristemente noto partito «Russia unita» era riuscito a prendere il 58,99% dei voti. Di conseguenza, con un ritardo di quasi dodici anni l’Indice de The Economist si è allineato con la realtà, ahahaha
L’Ucraina, invece, nel suddetto Indice si trova alla posizione 87 e viene dunque classificata come un regime ibrido. Ma il confronto delle due posizioni evidenzia comunque ancora una volta che da quasi un anno stiamo osservando un confronto violento tra due modelli di organizzazione della vita. Spero di sapere quale dei due vincerà.
L’archivio del febbraio 2023
Come probabilmente avete letto (o come potevate logicamente immaginare), già da qualche tempo per la data odierna era stata programmata la visita di Putin a Volgograd: per i festeggiamenti dell’ottantesimo anniversario della fine della battaglia di Stalingrado (il nome che per una parte del periodo sovietico ha portato la città di Volgograd). Nel corso dei preparativi per la bassa visita, tra l’altro, ieri sono stati inaugurati – all’esterno del museo della Battaglia di Stalingrado – i busti di bronzo di Iosif Stalin e dei marescialli Georgy Zhukov e Alexander Vasilevsky. In precedenza, sullo stesso posto si trovava un busto di marmo di Zhukov, ma, secondo lo scultore Sergei Shcherbakov, è stato sostituito perché «il marmo è un materiale morbido, assorbe l’umidità e lo sporco».
Ebbene, tale «notizia» è fatta da ben due elementi che in realtà non sono proprio nuovi. In primo luogo, da anni siamo purtroppo abituati all’aumentare continuo dei monumenti dedicati a Stalin nei luoghi più o meno pubblici della Russia.
In secondo luogo, per l’ennesima volta Putin è andato a ripescare nella storia delle grandi vittorie per mascherare, in qualche modo, l’assenza delle grandi vittorie nel presente. Questa volta, in particolare, percepisce (non è difficile) l’assenza delle grandi vittorie belliche, quindi tenta di sfruttare al massimo una delle più note ed eroiche vittorie della Seconda guerra mondiale. I tre «artefici della vittoria» immortalati nei nuovi monumenti hanno fatto tutto il possibile per pagare la vittoria in quella guerra con più vite sovietiche possibile, e quest’ultimo fatto li accomuna incredibilmente bene con Vladimir Putin.
Di conseguenza, la notizia dei monumenti non solo è nata vecchia, ma è pure «logicamente simbolica» (metto le virgolette perché l’espressione mi sembra di un senso potenzialmente non scontato). È molto più interessante scoprire cosa dirà e cosa farà Putin durante e dopo le celebrazioni: molto probabilmente capisce che l’imminente arrivo delle armi pesanti occidentali in Ucraina lo costringe ad accelerare l’offensiva contro l’esercito ucraino non ancora ben attrezzato.
Non perché vorrei raccontarvi una barzelletta, ma perché voglio informarvi bene, inizio il post odierno con il testo completo dell’articolo 353 del Codice penale russo attualmente in vigore:
1. La pianificazione, la preparazione o lo scatenamento di una guerra di aggressione vengono puniti con la reclusione da sette a quindici anni.
2. La conduzione di una guerra di aggressione è punita con la reclusione da dieci a venti anni.
[traduzione mia]
Ridete pure. E poi continuate a leggere.
Il tribunale distrettuale di Ivanovskyy della regione dell’Amur ha condannato a tre anni di carcere l’attivista Vladyslav Nikitenko, il quale, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, aveva inviato denunce contro Vladimir Putin al Comitato investigativo russo e alla Procura russa.
Nikitenko è stato giudicato colpevole per avere ripetutamente «screditato» l’esercito (articolo 280.3 parte 1 del Codice penale), nonché di cinque episodi di insulto a un giudice (articolo 297 parte 1 e 2 del Codice penale). Il pubblico ministero aveva chiesto di condannare Nikitenko a tre anni e due mesi di carcere.
Non posso non aggiungere la foto del «pericoloso criminale»:
Orwell e Kafka erano due grafomani incapaci…