Ormai più o meno tutti hanno letto che Vladimir Putin ha annunciato la mobilitazione militare parziale in Russia. Tale annuncio è stato seguito dalla dichiarazione del Ministro della «difesa» Sergei Shoigu, in base alla quale la mobilitazione riguarderebbe 300 mila riservisti: poco più dell’1% dei 25 milioni di riservisti russi.
Potrei esercitarmi nel sarcasmo e chiedere perché l’esercito russo, che sta impiegando meno del 10% delle proprie forze umane nella guerra in Ucraina, debba essere integrato prima con i ragazzini della leva e detenuti, poi pure con i riservisti? Quali grandi qualità militari hanno i rappresentanti delle tre categorie elencate? Saranno più qualificati dell’esercito professionale? Mah…
Cercando di essere serio, dovrei spiegarvi che in Russia la mobilitazione è di fatto inutile e quasi impossibile. Ma lo faccio la prossima volta. Ora, invece, sottolineo e commento brevemente alcuni punti chiave del discorso di Putin:
1) il decreto sulla mobilitazione parziale è stato firmato «su proposta del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore» [triplo ahahahaha]. Le attività di mobilitazione iniziano oggi, il 21 settembre 2021;
2) tutti i riservisti richiamati nell’ambito della mobilitazione saranno inviati per un addestramento supplementare. A loro è stata promessa la stessa retribuzione dei militari a contratto [bisogna ancora vedere come è la situazione con gli istruttori, ma è già noto che nell’esercito russo mancano fisicamente gli ufficiali e i sottoufficiali per comandare le grandi quantità di nuovi uomini];
3) lo status giuridico dei volontari e dei combattenti delle milizie del Donbass dovrebbe essere uguale a quello dei militari russi regolari [vengono finalmente riconosciuti];
4) il complesso militare-industriale e la produzione di armi dovrebbero essere incrementati [non si capisce tanto bene come si intenda farlo in presenza delle sanzioni internazionali];
5) la Federazione Russa sosterrà la decisione dei residenti delle regioni di Donbass, Zaporozhye e Kherson (i referendum sull’adesione alla Russia si terranno nei territori occupati il 23 settembre) [in sostanza, saranno proclamati parti della Federazione Russa e difesi con tutti i tipi delle armi in base alla dottrina statale];
6) gli obiettivi dell’operazione militare speciale in Ucraina «rimangono invariati» [infatti, sono già cambiati più volte: la «denazificazione» della Ucraina, poi la demilitarizzazione, poi il cambio dei vertici dello Stato etc. etc.];
7) «Chi ci ricatta con le armi nucleari deve sapere che la rosa dei venti può anche girare nella sua direzione» [a me è sempre sembrato che fosse lui a minacciare!];
8) «L’Occidente ha trasformato il popolo ucraino in carne da macello scatenando una guerra nel 2014» [l’Occidente? Una guerra nel 2014? Qualcuno ne sa qualcosa?].
Bene, ora siete ancora più informati sullo stato mentale della persona che guida lo Stato russo. Digeriti i punti appena letti, potete affrontare tutti gli altri testi riguardanti la mobilitazione parziale annunciata da Putin.
L’archivio del settembre 2022
Dmitry Peskov, il portavoce della presidenza russa, ha dichiarato che attualmente il Cremlino non vede la possibilità di porre fine alla guerra in Ucraina «con mezzi politici e diplomatici». A questo punto noi, di fronte a tale dichiarazione, non possiamo non gioire per un leggero miglioramento della salute psichica degli abitanti del Cremlino. Perché, effettivamente, con ogni giorno di guerra in Ucraina in più, la possibilità di uscirne con una trattativa diplomatica si riduce sempre più… Anzi, si è ormai ridotta quasi fino allo zero: l’Ucraina ha iniziato a invertire l’andamento dei combattimenti (ora sono gli ucraini ad avanzare in molte zone) e riceve – anche se ancora lentamente – sempre più armamenti moderni. Quindi alla grande motivazione di difendere la propria terra si è aggiunto anche l’entusiasmo per i primi risultati positivi visibili.
L’ipotetica resa dell’esercito russo è una fine diplomatica della guerra? Mi sembra di no: nella mia logica è un sinonimo della sconfitta. Prima o poi la resa smetterà di essere ipotetica e sarà seguita da lunghe trattative – a questo punto diplomatiche – sul risarcimento della Ucraina da parte della Russia. Ma quella sarà un’altra storia.
Per ora festeggiamo il fatto che Putin ha iniziato ad accettare la realtà.
Joe Biden ha deciso di comunicare al mondo che il mese di agosto è già finito la pandemia del Covid-19 è già finita.
Grazie, Captain O., non ce ne eravamo proprio accorti…
Ma, in realtà, dovremmo essere contenti che almeno uno dei Capi di Stato – ma allo stesso tempo uno dei più importanti – abbia iniziato a riconoscere la fine del Covid. Io, per esempio, temevo che l’ammissibilità della comodissima possibilità di imporre alla gente dei divieti più assurdi con un pretesto «nobile» si fosse ormai radicata nelle teste dei dirigenti statali contemporanei. E invece no. O, almeno non in tutte le teste.
Da oltre una settimana l’esercito ucraino sta riconquistando i territori occupati dall’esercito russo. È interessante notare che ci sta impiegando molto meno tempo di quello che è stato necessario all’esercito russo per conquistare gli stessi territori. Allo stesso tempo, bisogna ricordare che è solo l’inizio di una lunga strada (come ha detto pure Biden ahahaha).
Ma io, intanto, non potevo non pubblicare uno dei primi video sul ritorno dei militari ucraini. Molto probabilmente avete già visto alcune delle scene che ne fanno parte.
Nel corso delle ultime due settimane mi capitato di (ri)ascoltare – per un motivo triste – diverse canzoni occidentali dedicate a Mikhail Gorbachev. In tal modo mi sono ricordato di alcuni esempi notevoli del trash epocale (come, per esempio, la canzone «Tovarish Gorbachev» dei Midnight Moscow pubblicata nel 1987 o la canzone «Clap Your Hands (Michael Gorbachev)» del 1988 di Eva Csepregi). Ma, allo stesso tempo, mi sono ricordato anche di alcuni brani relativamente ascoltabili. Quindi provo a riportare due esempi di questi ultimi nel post musicale di oggi.
Inizierei con il gruppo The Shamen, che ha incluso il brano «In Gorbachev We Trust» nel proprio album omonimo del 1989. Sovrapponendo i ritmi ai filmati dei telegiornali, gli indie-rockers scozzesi hanno suggerito di vedere il leader sovietico come un guru spirituale il cui messaggio porta «giovinezza e libertà», mentre la sua comparsa sulla scena politica come il secondo avvento.
E poi aggiungerei il popolare video musicale/comico «Rock the Wall – Gorby 2» di Ronald Knapp (il vincitore del concorso americano per i sosia di Gorbaciov, che ha recitato con successo il Segretario Generale in programmi televisivi e cerimonie). Faccio notare che il video è stato realizzato nel 1987: due anni prima del crollo del muro di Berlino.
Bene, il post di oggi è stato più storico che musicale, ma abbiamo comunque ripassato un po’ di storia culturale del XX secolo.
L’Istitute for the Study of War (ISW) ha pubblicato una analisi – neanche lunghissima, ma interessante – nella quale si sostiene che a causa degli insuccessi militari in Ucraina il Cremlino starebbe intensificando la mobilitazione (dei futuri combattenti) segreta senza creare le condizioni per una mobilitazione generale ufficiale. In particolare, gli autori dell’articolo ipotizzano che le autorità russe abbiano deciso di abbandonare l’idea di escludere i residenti di alcune regioni dal reclutamento in Ucraina. Questo cambiamento riguarda, prima di tutto, i residenti di Mosca e della relativa provincia.
Un altro modo per rafforzare la presenza militare russa in Ucraina, secondo l’ISW, potrebbe essere il trasferimento delle intere unità dalle basi militari nelle ex repubbliche sovietiche.
Direi che entrambe le osservazioni dell’ISW corrispondono pienamente a ciò che leggo ormai da qualche settimana negli articoli dei vari media non statali russi. Per quanto riguarda la mobilitazione segreta, posso confermare, per esempio, che il reclutamento dei detenuti di ogni tipo nelle carceri di tutta la Russia sta diventando uno strumento sempre più popolare (e preoccupante per la gente mentalmente sana). Per quanto riguarda il secondo punto – quello sullo spostamento delle truppe russe dalle varie zone dell’ex URSS – posso comunicare che le prime conseguenze serie si vedono già: per esempio, la notte tra il 12 e il 13 settembre si è riacceso il conflitto armato tra l’Azerbaijan e l’Armenia (proprio perché in mezzo non ci sono più quei militari russi che prima garantivano il rispetto degli accordi di pace).
Insomma, voi leggete quella analisi dalla quale sono partito, e poi, più avanti, vedremo meglio tutti gli argomenti connessi.
Il presidente statunitense Joe Biden ha annunciato una nuova porzione di aiuti militari all’Ucraina, questa volta da 600 milioni di dollari. In particolare, all’esercito ucraino verranno forniti ulteriori munizioni per i lanciarazzi multipli HIMARS, 36 mila munizioni per l’artiglieria da 105 mm, mille proiettili d’artiglieria da 155 mm ad alta precisione e quattro radar anti-artiglieria, quattro camion, otto rimorchi per attrezzature pesanti, sistemi anti-droni, attrezzature per lo sminamento, mine antiuomo Claymore, cariche di demolizione, armi e munizioni di piccolo calibro e attrezzature per la visione notturna.
Ecco, l’ultimo punto della lista mi ha fatto ricordare un dettaglio curioso. Come probabilmente sapete, l’arma anticarro «Javelin» è monouso: secondo i suoi progettisti, un militare dovrebbe «sparare» un colpo, buttare via il tubo ormai inutile e scappare verso il riparo. Ma i militari ucraini, non essendo mai stati riccamente dotati di attrezzature militari moderne, hanno logicamente apprezzato il sistema di visione notturna incorporato in ogni «Javelin». Di conseguenza, non buttano mai gli esemplari usati, ma continuano a usarli nelle operazioni notturne per vedere bene il campo di battaglia.
La differenza tra gli eserciti che stanno combattendo in Ucraina sta nel fatto che in quello ucraino vengono favoriti l’ingegno e l’iniziativa, mentre in quello russo viene ancora adottato il sistema del rispetto rigoroso degli ordini arrivati dall’alto (in alto spesso stanno le persone non particolarmente intelligenti e/o informati). La differenza tra le due logiche è spesso evidente anche a noi, soprattuto negli ultimi giorni.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è arrivata a Kiev per la terza volta dall’inizio della guerra. Lo ha fatto con l’obbiettivo di discutere con il presidente Zelensky su «come avvicinare le nostre economie e i nostri popoli mentre l’Ucraina si avvia verso l’adesione all’UE».
Io non ho delle spie nei palazzi istituzionali di Kiev, ma so già benissimo come possono essere avvicinarsi le due economie e i due popoli: l’UE dovrebbe trovare il modo di fornire più armamenti seri all’esercito ucraino. Solo dopo tale azione tutti i discorsi sulla futura adesione ucraina all’UE potranno avere qualche senso pratico. Infatti, il primissimo requisito da rispettare per diventare, prima o poi, uno Stato-membro dell’UE è l’esistenza fisica del candidato stesso.
Vladimir Zelensky sta chiedendo — anche pubblicamente — più armamenti ormai da quasi sette mesi, ma, a quanto pare, Ursula von der Leyen non lo ha ancora sentito.
L’intelligence statunitense sostiene che a partire dal 2014 la Russia avrebbe finanziato in segreto dei partiti politici, singoli politici e alti funzionari in «due dozzine» di Stati esteri. Inoltre, si ipotizza che alcuni dei trasferimenti finanziari del genere della Russia possano essere passati senza essere notati. Secondo quanto sostengono gli Stati Uniti, le autorità russe pianificavano di spendere altre centinaia di milioni di dollari per i finanziamenti del genere.
Per ora si parla solo dei finanziamenti destinati alle forze politiche nei Balcani, in Africa e in alcune zone dell’Asia, ma la mia memoria mi suggerisce che pure qualche politico italiano dovrebbe iniziare a preoccuparsi: gli americani sanno tutto e potrebbero pubblicare delle informazioni molto interessanti anche prima del 25 settembre 2022. Certo, anche in altri Stati europei – per esempio in Francia – ci sono dei singoli politici e dei partiti che negli ultimi anni hanno miracolosamente migliorato la propria situazione finanziaria dopo qualche visita a Mosca. Ma io, in questo momento, sono un po’ più incuriosito della situazione italiana: chissà quanti personaggi hanno già rischiato l’infarto dopo la lettura della notizia citata sopra…
P.S.: ma la situazione corrente è comunque ancora lontana da quella dell’epoca URSS, quindi dai tempi in cui più o meno tutti i partiti (o i movimenti) di sinistra di tutto il mondo venivano in qualche misura finanziati da Mosca. Infatti, dopo il 1991 abbiamo osservato una «strana» coincidenza: molti partiti di sinistra sono entrati in crisi e molti regimi si sinistra sono addirittura crollati. Ma questo è un argomento enorme, ne scriverò nei tempi più appropriati.
Non so se tutti si rendono conto – tra i vertici dello Stato russo e tra i semplici cittadini europei – che l’esercito ucraino è arrivato alla situazione della graduale riconquista dei propri territori combattendo, trattenendo e poi cacciando il «secondo esercito del mondo» utilizzando, per la maggior parte del tempo, solo delle armi obsolete. Utilizzando le armi del millennio scorso.
Proviamo a fare un breve elenco. La prima categoria degli armamenti include quelli forniti dagli Stati dell’ex Patto di Varsavia:
– i vecchi carri armati sovietici T-72 (in uso dal 1973);
– gli elicotteri Mi-17 (in uso dal 1992);
– i missili di produzione sovietica.
La seconda categoria degli armamenti include quelli forniti della NATO:
– i lanciarazzi Carl Gustav del 1948;
– i lanciarazzi M72 LAW del 1963;
– i veicoli blindati M113 e Humvee degli anni ’60;
– i semoventi antiaerei Ghepardi tedeschi del 1976;
– i missili antinave Harpoon del 1977;
– i missili Stinger del 1981;
– i sistemi missilistici Mistral del 1987;
– i sistemi anti-carro Javelin del 1989;
– i missili ATACMS del 1991.
[gli armamenti elencati fino a questo punto sono stati sviluppati ancora ai tempi dell’URSS]
– le obici semoventi PzH 2000 del 1998;
– i missili MANPADS Starstreak del 1997;
– i missili Brimstone del 1999;
– le obici AHS Krab del 2000;
– i lanciarazzi multipli HIMARS in uso dal 2005;
– i missili aria-aria IRIS-T in uso dal 2005;
– le obici M777 in uso dal 2005;
– le obici CAESAR in produzione dal 2002.
Ora potete immaginare la correlazione tra l’arrivo degli armamenti più moderni e i recenti successi dell’esercito ucraino. Oppure, potete provare a immaginare cosa potrebbe succedere qualora dovessero essere forniti degli armamenti moderni ancora più seri: per esempio, i droni Reaper o i caccia F-35.
Nel frattempo, l’esercito russo – il quale sarebbe dotato, secondo Putin, degli armamenti super moderni dei quali che nessun altro nel mondo dispone – è messo in difficoltà dal piccolo esercito ucraino armato con dei rottami (e non aiutano nemmeno i rottami sovietici).