Ci sono degli aspetti della mobilitazione militare proclamata da Putin che difficilmente verranno raccontati in breve dai mass media. Per esempio: in un solo giorno Putin ha raggiunto il grandissimo risultato di far sentire, alle grandi masse dei cittadini russi, questa guerra come una guerra propria. Sentirsi direttamente coinvolti, toccati dalla guerra. Infatti, grazie alla propaganda interna numerose persone erano – fino al 20 settembre – favorevoli o indifferenti all’intervento militare in Ucraina, ma hanno immediatamente cambiato idea dopo avere compreso che la mobilitazione riguarda loro parenti, amici, colleghi e, ovviamente, loro stessi. Di conseguenza, dalle conversazioni private e dai post sui social sono miracolosamente spariti i vari «non mi interesso di politica» o «tra poco liberiamo il pianeta dal male ucraino» (parole non mie!). Io non riesco ancora a immaginare quanto possa durare questa percezione collettiva, la comprensione di essere in guerra. Non so nemmeno a quali conseguenze possa portare. Ma, intanto, posso constatare che con questa mobilitazione Putin si è sparato a tutti gli arti in una volta.
A questo punto – in realtà come prima – preferisco sperare in qualche collaboratore di Putin armato e stufo della trasformazione della Russia in un nuovo Reich, ma non in una rivoluzione. La rivoluzione è in sostanza una nuova guerra, la quale toccherà in qualche modo anche gli Stati vicini alla Russia. Quindi agli Stati europei converrebbe già ora di comprendere un concetto semplicissimo: se una persona non vuole combattere nell’esercito putiniano e/o sentirsi costretta a combattere contro i propri concittadini, bisogna aiutare quella persona a mettersi al sicuro. Mentre il regime di Putin crollerà, prima o poi, per merito delle sanzioni, dei conflitti interni o dei processi fisiologici inevitabili. Vedo che per ora sola la Germania ha iniziato a manifestare qualche sintomo di comprensione.
L’archivio del 23 settembre 2022
23/09/2022 alle 13:25