L’archivio del giugno 2022

La musica del sabato

Il compositore ungherese Bela Bartok (1881–1945) è stato uno dei principali innovatori musicali della propria epoca, ma al giorno d’oggi è ricordato e amato prevalentemente per la seconda grande missione di tutta la sua vita: l’etnografia musicale. Di conseguenza, tra le composizioni di Bartok più eseguite prevalgono ora quelle basate sul folklore ungherese, romeno, bulgaro, slovacco, jugoslavo etc..
Ora riporto solo un esempio di quelle composizioni: le danze popolari romene preparate per una orchestra d’archi.

Ma trovo giusto ricordare anche (e soprattutto) qualche bella composizione originale di Bela Bartok, qualcuna che provenga più dalla sua testa che dai materiali raccolti durante i viaggi e poi rielaborati. Per esempio, potrei postare la «Musica per archi, percussioni e celesta» comporta nel 1936:

Ovviamente, non posso prevedere quale delle due «correnti di Bartok» sia più vicina alle preferenze di ogni singolo lettore/ascoltatore del presente post…


Il 29 maggio l’ucraino Oleksiy Bokoch ha pubblicato sulla propria pagina Facebook una mappa sulla quale è selezionato il territorio dell’Ucraina occupato dalla Russia nel periodo dal 2014 a oggi. La legenda della mappa indica che la superficie dei territori occupati è di 123.229 chilometri quadrati (il che equivale al poco più del 20% della superficie dell’Ucraina nei suoi confini internazionalmente riconosciuti, quindi dei 603.549 chilometri quadrati).
Bokoč ha anche aggiunto alla stessa pubblicazione le mappe di alcuni Stati europei, sui territori dei quali sono state selezionate le aree della stessa superficie dei 123.229 km2. Quindi possiamo vedere facilmente che il territorio ucraino occupato dalla Russia è pari a quasi la metà della Germania, a circa la metà dell’Italia o alla Svizzera e all’Austria messe insieme.
Bokoč ha commentato tutte queste mappe in inglese: «Per i miei amici europei! Tenete a mente questa zona dell’Ucraina occupata dalla Russia quando ascoltate le dichiarazioni dei vostri politici».
La mappa del territorio ucraino occupato è questa:

Mentre le mappe seguenti riportano il paragone di cui sopra:
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Il sostegno “popolare”

A volte le notizie diventano interessanti perché arrivano in coppia. Faccio subito un nuovo esempio.
La notizia N 1. In Estonia un uomo – con la cittadinanza estone e russa – ha cercato di inviare dei droni all’esercito russo. Nel testo della notizia non viene specificato quale tipo di droni e a quale indirizzo abbia cercato di inviarli. Ma è stato specificato che in Estonia il sostegno alla aggressione russa in Ucraina è punibile per legge, quindi il tipo è già stato arrestato: probabilmente resterà in prigione per un po’ di tempo. Anche se avrebbe avuto molto più senso estradarlo in Russia: per permettergli di vivere tra le creature mentalmente simili.

La notizia N 2. In Lituania gli spettatori del canale televisivo LaisvėsTV in quattro giorni hanno raccolto quasi sei milioni di euro per l’acquisto di un Bayraktar da donare all’Esercito ucraino. Andrius Tapinas – un giornalista del canale – dopo avere raggiunto un facile successo con la raccolta di una somma minore sempre a favore dell’Esercito ucraino, aveva pensato di poter riuscire a fare di più. Ha quindi contattato il ministro della Difesa lituano Arvydas Anušauskas: gli armamenti di certe tipologie non vengono vendute ai privati, mentre il ministro aveva accettato di avviare delle trattative con l’ambasciatore turco, il ministero della Difesa turco e il produttore di Bayraktars. Le trattative hanno avuto l’esito positivo e il 25 maggio il giornalista ha avuto il permesso del ministro ad avviare la raccolta dei fondi (alla quale hanno partecipato pure una casa di riposo lituana e alcuni cittadini russi).
Cosa apprendiamo dalla lettura di queste due notizie? Vediamo una nuova conferma del fatto che con l’inizio di questa guerra i sostenitori dei due mondi hanno iniziato a combattere tra loro anche fuori dai commenti su Facebook. Non è detto che sia un fenomeno nettamente negativo o positivo.


La medaglia di Muratov

Probabilmente alcuni dei lettori si ricordano che Dmitry Muratov – il caporedattore del giornale russo «Novaya gazeta» – è uno dei due vincitori del Nobel per la pace 2021. Detesto questo premio (e ne avevo già scritto più volte), ma almeno posso constatare ancora una volta che almeno l’anno scorso è finito nelle mani di una brava persona.
Infatti, all’inizio della guerra putiniana in Ucraina Muratov aveva dichiarato di voler mettere all’asta la medaglia d’oro consegnatagli nell’occasione della premiazione con il Nobel. Farlo per destinare tutti i proventi della vendita ai programmi dell’UNICEF finalizzati all’aiutare i bambini colpiti dalla guerra in Ucraina e nei Paesi limitrofi.
Da ieri possiamo dire che la dichiarazione è stata messa in pratica: come da progetto iniziale (e con il consenso della casa d’aste statunitense Heritage Auctions), l’asta è partita l’1 giugno, il giorno della Festa internazionale dei bambini. Le offerte saranno prima accettate online, mentre l’asta finale avrà luogo il 20 giugno – la data della Giornata mondiale dei profughi – presso il Times Center di Manhattan.
Potete provare a seguire l’andamento dell’asta direttamente sul sito. Purtroppo, non so proprio se qualcuno dei miei lettori sia in grado di parteciparvi attivamente…

Posso solo sperare che prima o poi, in una epoca migliore, la medaglia torni al suo vincitore. Nella storia ci sono già stati dei precedenti.


L’Ucraina e l’UE

In merito all’eventuale futuro ingresso della Ucraina nell’UE, l’ANSA cita queste parole di Mario Draghi di ieri:

«Lo status di candidato trova l’obiezione di quasi tutti i grandi Stati dell’Ue, tutti direi, esclusa l’Italia. Lo status di candidato al momento non è prevedibile per l’opposizione di questi Paesi ma immaginare un percorso rapido» per l’Ucraina «sì. E mi sembra che anche la Commissione sia d’accordo»…

Mi sa che ancora una volta Draghi ha tentato di essere più diplomatico di Macron: ha sostituito «l’ingresso per il quale ci vorranno anni» con un «percorso rapido» di durata non definita e indefinibile.
Noi, invece, non siamo costretti a essere diplomatici, quindi possiamo dire apertamente che al giorno d’oggi l’ingresso nell’UE è una delle ultime cose che interessano l’Ucraina. Per esempio, perché aggiunge poco in termini di sicurezza militare. Di conseguenza, almeno io spero che l’Europa trovi qualche altro modo più efficace (in alternativa alla membership nella Unione), di offrire sostegno alla «Polonia 2.0». Non riuscirci per la seconda volta in meno di cento anni sarebbe un po’ brutto.