Ormai tutti sanno che oggi Vladimir Putin ha un po’ «deluso» le attese più pessimiste di molti analisti: tenendo il discorso alla parata militare per la Giornata della Vittoria non ha dichiarato la guerra alla Ucraina e al mondo, non ha dato il via alla mobilitazione di massa e non ha nemmeno detto di avere vinto qualche altra guerra o battaglia importante. Ha solo ribadito le proprie fantasie perverse sulla Russia circondata dai nemici.
L’aspetto preoccupante è un altro: ha ufficialmente e definitivamente trasformato una festa importante (anche se troppo militarizzata, statalizzata e storicamente un po’ artificiale) in una festa della guerra permanente tra la Russia e il mondo circostante. Da quasi vent’anni la propaganda statale sosteneva che l’URSS non avrebbe avuto degli alleati nella Seconda guerra mondiale e avrebbe «fatto tutto da sola». Ora quegli ex alleati – ai quali in realtà dovremmo essere grati per gli aiuti importantissimi – vengono apertamente accusati della politica aggressiva durante e dopo la «guerra fredda».
Di conseguenza, posso constatare che con la fine della Russia putiniana finirà inevitabilmente anche l’epoca della Giornata della Vittoria. Fino a pochi anni c’erano ancora delle persone che sognavano di trasformare quella festa militare in una giornata pacifica di lutto e di memoria. Ma ora che è diventata una festa di nuova aggressione nazista (perlopiù contro i territori che hanno già sofferto tanto durante la Seconda guerra mondiale), dovrà necessariamente essere cancellata nella futura Russia normale.
A questo punto, l’unica cosa costante è: la sola festa non ancora rovinata che la Russia ha ereditato dal passato è il 12 aprile, la Giornata della Cosmonautica.
L’archivio del 9 maggio 2022
09/05/2022 alle 13:25