Tanti media occidentali scrivono dei «negoziati» tra la Russia e l’Ucraina in Turchia. Tale incontro (non il primo e non l’ultimo) è sicuramente un fatto di cronaca interessante, ma non lo è nel senso più globale: dal punto di vista politico o addirittura storico. Infatti, prima di iniziare a spendere tempo per seguire i fatti di cronaca simili, bisogna capire alcuni principi. Per esempio:
1. Putin (non mi va di scrivere Russia) non vuole fare i negoziati con l’Ucraina. Vuole fare i negoziati con una parte terza (possibilmente la NATO) che possa garantire il rispetto degli accordi raggiunti da parte degli ucraini. In parte è una manifestazione di disprezzo nei confronti dei vertici ucraini e in parte è una manifestazione della ovvia mancanza di fiducia verso l’intero Paese: nemmeno il migliore tra gli accordi possibili fermerà da solo i comportamenti ostili nei confronti dei militari russi che si trovano sul territorio ucraino.
2. I membri della delegazione russa attuale politicamente valgono più o meno 0 (zero). Anzi, il capo Vladimir Medinsky è un noto buffone (sì, lo chiamo in questo modo molto diplomatico) che da anni viene utilizzato dal Cremlino per mettere in circolazione e/o attuare le idee più assurde. Di conseguenza, qualsiasi accordo raggiunto o qualsiasi promessa fatta da questa delegazione può essere disdetto — in qualsiasi momento — unilateralmente da Putin. Quest’ultimo si sta riservando tale possibilità.
3. Putin non sarà assolutamente disposto a cessare la guerra e fare uscire le truppe senza prendere qualche territorio ucraino in più. Nel caso contrario farà molta più fatica a parlare di una vittoria. Una sconfitta, invece, non è compatibile con la psicologia di Putin.
Tenendo conto dei suddetti principi, aspettiamo che arrivino i negoziati seri, e non quelli fatti per creare l’illusione delle buone intenzioni.
L’archivio del 29 marzo 2022
29/03/2022 alle 13:25