L’archivio del 11 febbraio 2022

L’utilità dei lockdown

Presumo – o spero? sì, spero – che tutti abbiano già letto il rapporto dei ricercatori della Johns Hopkins University sugli effetti reali dei vari lockdown (e misure simili) adottati negli ultimi due anni in giro per il mondo con lo scopo di contrastare la diffusione del Covid-19. Il rapporto in questione non è particolarmente lungo, ma è molto interessante…
La Johns Hopkins University è una delle più antiche e rispettate istituzioni di ricerca del mondo. È il secondo appaltatore di progetti militari e governativi negli Stati Uniti dopo il MIT e uno dei più importanti think tank del mondo sul Covid-19. Il Coronavirus Resource Centre è stato aperto alla Johns Hopkins University già nel gennaio 2020, prima ancora che la pandemia fosse ufficialmente dichiarata dalla Organizzazione Mondiale della Salute (è accaduto solo il 10 marzo 2020). E come sappiamo bene tutti, è stato proprio questo Centro della Johns Hopkins a fornire la maggior parte di quei rapporti che abbiamo letto sui media mondiali sulle statistiche del coronavirus. Quindi di chi dovremmo fidarci se non di questa università?
Nel rapporto pubblicato – il 2 febbraio 2022 – troviamo diverse affermazioni interessanti, alcune delle quali erano già state ipotizzate tempo fa dalle persone dotate di una buona logica e capaci di analizzare il mondo circostante. Ma ora, nelle migliori tradizioni del mondo accademico, ripetiamo alcuni concetti fondamentali traendoli da una fonte scientifica pubblicata, quindi dal suddetto rapporto della Johns Hopkins University. In particolare, i ricercatori hanno formulato quanto segue:
1) La meta-analisi ha portato alla conclusione che i lockdown (o restrizioni sostanzialmente simili) hanno avuto poco o nessun impatto sulla salute pubblica, ma hanno causato enormi costi economici e sociali negli Stati dove sono state adottati.
2) Di conseguenza, le politiche di quarantena / isolamento / chiusure sono ingiustificate e dovrebbero essere respinte come strumento di politica pandemica.
3) I lockdown hanno ridotto la mortalità per il Covid-19 del 2,9%. Ma in alcuni casi l’autoisolamento delle persone può avere causato danni e aumentato la mortalità. Infatti, l’autoisolamento forzato può lasciare una persona malata circondata dalla sua famiglia, dove il malato rischia di trasmettere una carica virale più alta ai suoi familiari, causando una malattia più grave.
4) La limitazione delle riunioni può avere di fatto aumentato la mortalità per il Covid-19: l’accesso limitato delle persone alle aree aperte sicure – come le spiagge e i parchi – così come le restrizioni alle riunioni, ha spinto le persone a incontrarsi in ambienti chiusi molto meno sicuri.
5) Una misura sanitaria positiva, secondo gli autori del rapporto, è stata la chiusura delle attività sociali secondarie e non essenziali. Questa ha ridotto la mortalità del 10,6%. Tuttavia, questo effetto sarebbe dovuto principalmente alla chiusura dei bar.
6) I ricercatori hanno anche sottolineato i danni delle conseguenze non volute dell’isolamento delle persone, come l’aumento della disoccupazione, la riduzione della qualità della istruzione, l’aumento della incidenza della violenza domestica e l’aumento delle morti per overdose delle droghe e dell’alcol.
Questi sono i punti che attirano più attenzione nel corso della prima lettura. Ma voi leggete tutto il rapporto: sicuramente scoprirete dei dettagli e argomentazioni approfondite che potrebbero interessarvi.
A questo punto io, il sottoscritto, posso fare una domanda retorica: qualche politico riconoscerà mai di avere sbagliato, per esempio, a introdurre i lockdown e le varie zone colorate? La risposta non retorica: ovviamente no. Allo stesso modo, nessuno riconoscerà di avere criticato ingiustamente il modo svedese di affrontare la pandemia del Covid. Il Governo svedese si era infatti sempre comportato come se avesse previsto il rapporto della JHU con due anni di anticipo: e la Svezia si trova ora alla 57-esima posizione della «classifica» per la mortalità per il Covid-19.
Ma almeno possiamo sperare nella istituzione – o in una proclamazione informale? – della Giornata mondiale di liberazione dal lockdown. La data è ovvia: il 2 febbraio.