Mah, mi sono accorto che per oggi è in programma l’ennesima «Ora della Terra» (dalle ore 20:30 alle ore 21:30). Si tratta di un evento serio al quale bisogna prepararsi bene ogni anno. Di conseguenza, ho deciso di stilare una check-list da usare ogni anno pochi minuti prima della suddetta Ora.
Ogni volta bisogna…
– accendere tutte le luci in casa;
– caricare e accendere la lavatrice e il lavastoviglie;
– mettere in carica tutti i telefoni, tablet, smartwatch, tagliabarba etc.;
– accendere tutti i televisori (se ne avete ancora almeno uno) e i computer;
– iniziare a scaldare qualcosa nel microonde;
– accendere l’aria condizionata (volendo, fatelo in modalità riscaldamento);
– alzare il volume della musica.
Ho dimenticato qualcosa?
Vabbè, penso che il principio sia ormai chiaro a tutti. In qualche modo bisogna pur usare tutta quella energia che le centrali producono in regime non-stop e non in relazione al fatto che qualche ecodiota abbia deciso di accendere o spegnere un elettrodomestico.
L’archivio del 2021 год
Per puro caso ho scoperto che ieri, il 25 marzo, la città di Venezia avrebbe compiuto i suoi primi 1600 anni. Secondo la leggenda, infatti, proprio quel giorno del 421 la città sarebbe stata fondata dagli abitanti della terraferma che cercarono un rifugio nelle lagune a seguito delle varie ondate di invasioni barbariche… Ma ora non mi metto a raccontare tutta la storia: potete benissimo studiarla anche da soli, partendo, per esempio, dal link appena suggerito…
Se, invece, vi state tristemente chiedendo (come me) se in un futuro più o meno immaginabile avrete una possibilità di andare a (ri)vedere serenamente una delle più belle città del mondo, non so proprio come aiutarvi. Posso solo tentare a parassitare un po’ sulla triste situazione corrente e riproporvi il fotoracconto del mio ultimo viaggio a Venezia: quello dell’agosto del 2019 (senza rendermene conto, avevo sfruttato una delle ultime occasioni possibili, ahahaha).
Certo, non è come andarci di persona, ma è sempre meglio di niente.
La letteratura mondiale (ma pure il cinema) ci ha raccontato, nel corso dei secoli, tantissime storie più o meno interessanti sulla caccia a qualche tesoro. Si è sempre trattato delle storie particolarmente popolari tra le classi sociali (o nelle epoche) in qualche modo svantaggiate dal punto di vista economico.
Ora, nel pieno del XXI secolo che a molti sembra caratterizzato da grandi e veloci mutamenti – anche se io non conosco delle epoche storiche prive di cambiamenti – è mutato anche il concetto della caccia al tesoro. Ora va di moda il ritrovamento miracoloso.
Mi ricordo come, qualche anno fa, un simpatico (realmente simpatico) bibliotecario della Università Statale di Milano aveva cercato di vendere ad alcuni suoi colleghi dei profumi che un suo mitologico parente avrebbe trovato nella propria cantina in una quantità industriale. Il bibliotecario è sempre stato un tipo fantasioso e azzardato, quindi non escludo che sia riuscito a vendere almeno una parte della partita di merce affidatagli…
Mi ricordo altrettanto bene un libro russo di sociologia politica-economica che raccontava, in qualità di uno dei numerosi esempi, una curiosissima missione compiuta alla fine degli anni ’80 dalla direzione di una fabbrica sovietica di pneumatici. Attraverso uno schema complesso di favori e scambi materiali non indirizzati al profitto (una forma di collaborazione prevista dalla legislazione sovietica di allora), la direzione era riuscita a costruire un palazzo residenziale per alcuni propri dipendenti. Trattandosi però di un edificio non destinato ai fini produttivi, era sorta una certa difficoltà nel legalizzarlo. Ma per fortuna a uno degli impiegati amministrativi era venuta una idea geniale: il palazzo era stato «scoperto nel corso della inventariazione dei beni materiali della azienda».
Ed ecco che, finalmente, la mia collezione dei ritrovamenti miracolosi si arricchisce con una storia recentissima, quasi odierna. In uno stabilimento di Anagni (provincia di Frosinone) sono state trovate 29 milioni di dosi del vaccino AstraZeneca. Non sappiamo (e forse non sapremo con precisione in futuro) a chi erano realmente destinate queste dosi, sufficienti per vaccinare quasi un quarto della popolazione italiana. Speriamo che ne venga fatto un buon uso. E nel frattempo riconosciamo pure che in un mondo sempre più controllato, il ritrovamento casuale diventa quasi l’unico modo di vivere sani e felici.
Detto ciò, cedo alla moda del ritrovamento e vi lascio: mi è venuta la voglia di controllare il contenuto del mio frigorifero.
Ieri pomeriggio Vladimir Putin si sarebbe finalmente vaccinato contro il Covid…
«Si sarebbe» perché, stranamente, non lo ha fatto pubblicamente: ha semplicemente affidato la comunicazione del fatto avvenuto al proprio portavoce. A questo punto non possiamo non constatare come sia in realtà scarsa la capacità di Putin di promuovere i propri interessi sul campo della opinione pubblica.
Avrebbe potuto provare a mostrare alla Russia e al mondo la «superiorità» qualitativa (e non solo quella cronologica) del vaccino russo assumendolo già mesi fa.
Avrebbe potuto provare a confermare la propria attenzione per la salute e una buona forma fisica (il messaggio del tipo «tanto non mi ammalo mai solo perché sono un figo» è palesemente stupido).
Avrebbe potuto provare a apparire in televisione con l’ennesima dimostrazione del fatto che sta controllando pienamente la situazione nel Paese.
Avrebbe potuto provare a fare tutte le cose elencate e tante altre ancora senza raccontare quale sostanza sia realmente contenuta nella siringa adoperata per l’intervento (l’acqua, il vaccino della Pfizer, la vodka, qualche sostanza dopante etc). Nella vita reale, però, non ha nemmeno fatto sapere con cosa si sarebbe vaccinato.
E allora a cosa sarà servita quella comunicazione vocale incompleta? Molto probabilmente è servita solo per risolvere dei piccoli, minuscoli, problemi interni. Per esempio, nelle ultime settimane diversi noti oppositori russi sono stati costretti agli arresti (veri o domiciliari) perché nel corso delle loro manifestazioni pubbliche non avrebbero rispettato le limitazioni imposte in seguito alla situazione epidemiologica. Da giugno in Russia quelle limitazioni riguardano, in sostanza, principalmente la capienza massima di alcuni luoghi pubblici chiusi (come, per esempio, i cinema, teatri, luoghi di ristoro, stadi etc), ma non importa: gli oppositori vengono arrestati e processati, mentre Putin e suoi sostenitori appaiono dove e in quanti vogliono. Tale disparità non passa naturalmente inosservata, quindi qualcuno che ha sentito parlare dei futuri passaporti vaccinali europei ha deciso di procurarsi la possibilità di dire: «io mi sono vaccinato, quindi vado dove voglio».
Non sostengo che sia questa la reale spiegazione dei fatti, ma per ora è l’unica che ho formulato.
Ora sapete come vanno sprecate le occasioni di farsi una pubblicità positiva a livello mondiale.
Nella vita, a volte, capitano dei momenti in cui è quasi impossibile trattenersi dal fare una battuta un po’ stupida. Per esempio, qualcuno potrebbe ricordarsi che nel 2020 non c’era stato solo il Covid. Dal punto di vista delle grandi notizie, il 2020 era iniziato con i gravi incendi boschivi in Australia.
Ora, nel 2021, a poco oltre un anno dall’inizio della pandemia leggiamo delle grandi alluvioni in Australia. Certo, non si tratta di un avvenimento nuovo per quel continente, ma la memoria collettiva in merito delle notizie di cronaca è breve (ed è normale). Quindi sorge una domanda naturale: trattandosi di un evento di segno opposto, sarebbe questo il segnale di una inversione della tendenza «al positivo»?
Bene, ho liberato la testa da una battuta del…
Quando Thierry Breton, il Commissario europeo per il mercato interno e i servizi, afferma che l’UE non avrebbe bisogno del vaccino russo «Sputnik V», dobbiamo ricordare una cosa fondamentale. Non è stata rifiutata l’importazione di un farmaco (a quanto pare, di qualità accettabile, e comunque importante per la salute pubblica). È stata invece sottolineata l’opportunità di destinare le risorse produttive ai vaccini di qualità più certa e, a volte, meno costosi.
Lo «Sputnik», infatti, è caratterizzato da un problema che in un certo senso rende inutile la discussione su tutti gli altri suoi aspetti: la Russia non ha mai avuto i mezzi per una sua produzione in serie. Di conseguenza, cerca di vendere in giro per il mondo la tecnologia, ma non il prodotto finale.
Quindi, niente «panico»: chi vuole allarmarsi, si allarme per lo stato della produzione in generale.
Non so quanti tentativi siano in realtà necessari per filmare ogni singolo trucco dell’arciere Lars Andersen, ma, in ogni caso, avremmo potuto pensare che egli sia nato in una epoca sbagliata:
Ma in realtà i suoi video su YouTube hanno da 4 a 60 milioni di visualizzazioni, e quindi riconosciamolo pure: è nato in una epoca giusta.
Elf, il gruppo rock statunitense degli anni«’60 / ’70, è in sostanza la prima esperienza musicale di (relativo) successo di Ronnie James Dio. Ma, soprattutto, solo grazie alla presenza di quest’ultimo il gruppo è in qualche modo rimasto nella storia.
La storia va conosciuta, quindi per degli scopi divulgativi provo a postare due canzoni del gruppo.
La prima canzone scelta è la «Never More» (dall’album «Elf» del 1972):
E la seconda è la «Ain’t It All Amusing» (dall’album «Carolina County Ball» del 1974):
Non so quale evoluzione avrebbe potuto subire lo stile del gruppo negli anni: probabilmente sarebbe nato qualcosa di veramente interessante. Ma nel 1975, dopo tre album pubblicati, il gruppo Elf è stato quasi interamente «inglobato» dai Reinbow di Ritchie Blackmore.
Il mio rapporto con i cartoni animati occidentali è stato relativamente breve. Essi, i cartoni americani e non solo, hanno iniziato a comparire nel palinsesto della televisione russa negli anni ’90, quando io stavo ormai uscendo dalla età adatta per appassionarmene sul serio. Devo riconoscere che all’epoca alcune di quelle opere riuscivano a impressionarmi per le grafiche e le trame mai viste prima, ma al giorno d’oggi mi ricordo bene solo le «Tartarughe Ninja» e alcune delle più famose serie della Disney.
Ecco, una delle serie della Disney che mi ricordo abbastanza bene è la «DuckTales»: quella che racconta di Scrooge McDuck, dei tre suoi nipoti e di alcuni altri personaggi-paperoni. Come accade spesso, purtroppo, i nomi dei personaggi erano stati adattati («tradotti») per ogni singolo Stato nel quale era stata trasmessa la serie. Di conseguenza, in un mondo sempre più globalizzato di oggi — che forse si faceva un po’ fatica a immaginare all’epoca — gli ex bambini provenienti dai Paesi diversi potrebbero incontrare alcune difficoltà nel parlarsi dei propri ricordi infantili… Ma nel 2021 gli autori del blog Mapologies hanno creato una mappa sulla quale sono indicati, Stato per Stato, le versioni «nazionali» dei nomi almeno dei tre nipoti-paperoni. Ho scoperto per caso l’esistenza di quella mappa e ho avuto un piccolo attacco di nostalgia:
Sulla stessa pagina della suddetta mappa troverete anche altre due immagini (anche esse ingrandibili con il click) che potrebbero interessarvi.
Le persone totalmente disinteressate ai cartoni possono invece provare a studiare qualche altro argomento del sito.
Più o meno tutti conoscono il cosiddetto «dilemma del carrello» e spesso lo citano anche quando non ce ne sarebbe bisogno.
Quasi nessuno è disposto a ragionare un po’ di più e immaginare dei dilemmi molto più vicini al mondo reale. Per esempio, non mi è quasi mai capitato di sentire o leggere dei dilemmi circa i servizi segreti. Ebbene, da un lato, capisco che quegli enti sono necessari a tutti gli Stati e spesso eseguono dei lavori utili per l’intera comunità, lavori di importanza vitale. Dall’altro lato, non capisco le singole persone che ci vanno a lavorare per scelta propria. Perché quelle persone non possono non immaginare tutta la varietà — usiamo pure questa espressione neutrale — delle missioni a cui dovranno partecipare attivamente nel corso di tutta la vita professionale. Questo può essere chiamato un paradosso o un dilemma…
Considerando quanto scritto prima, sono ancora più sorpreso per la scelta della azienda israeliana Cellebrite che ha deciso di non vendere più alla Russia e alla Belorussia le proprie soluzioni per lo hackeraggio dei dispositivi mobili (smartphone etc). La decisione è dovuta alla comprensione del fatto che nei due Stati citati i prodotti della azienda vengono utilizzati per le persecuzioni politiche degli oppositori.
Se la decisione della Cellebrite dovesse realmente essere attuata nella vita reale, non posso fare altro che constatare: a volte capitano dei miracoli e alcuni dilemmi parziali vengono risolti.