L’archivio del settembre 2021

La Giornata mondiale della barba

Suppongo che pochi miei lettori abbiano un motivo valido per saperlo o ricordarlo, ma il primo sabato di settembre di ogni anno si celebra la Giornata mondiale della barba. L’opportunità e il modo di festeggiare saranno sicuramente descritti dai proprietari e dipendenti dei vari barber shop sparsi per il mondo, mentre io ho una missione ancora più nobile.
Oggi vi informo di alcuni fatti da sapere necessariamente sulla pelosità facciale.
Comincerei dalla questione fondamentale: è normale portare la barba? Beh, direi di sì: la testa – tutta! – è una delle poche zone del corpo dove l’evoluzione millenaria per qualche motivo ci ha lasciato il pelo. Negli anni che rientrano nel periodo della vita di un essere umano o della memoria di una civiltà cambia solo la moda, mentre la presenza della barba sulla faccia di un uomo rimane normale quanto la quantità degli occhi pari a due.

N.B.: nei primi mesi dell’anno scorso mi è capitato più volte di sentire e leggere dei dubbi circa la pericolosità della barba in qualità di un vivaio (o, se preferite, raccoglitore) del coronavirus. Ebbene, ora, come all’epoca, penso che quei dubbi abbiano una fondatezza infinitamente bassa. Se la barba fosse un luogo di residenza delle malattie, la già citata evoluzione non avrebbe permesso ai barbuti di sopravvivere fino ai giorni nostri. In sostanza, la selezione naturale ha già risposto meglio di tutti i testi del mondo.

In secondo luogo, farei notare a tutti i lettori che la presenza della barba sulla faccia fa risparmiare al suo proprietario un sacco di tempo ogni mattina: pettinarla è molto più semplice e veloce che rasarla (ma anche di accorciarla).
In terzo luogo, dovrei sfatare un vecchio mito: la capacità della barba e dei baffi di tenere il caldo è leggermente sopravalutata. La barba tiene il caldo non più dei capelli presenti sulla parte superiore della testa umana. Chi si taglia la barba e/o i baffi dopo averli portati per più anni, sente un po’ di freschezza sulla faccia nelle ore immediatamente successive, ma poi si abitua a essere parzialmente «nudo» e non ci pensa più.
La quarta cosa che vorrei scrivere proprio oggi è un avviso importantissimo: temete le persone che attribuiscono le forme strane (non naturali) alla barba e ai baffi. Nel migliore dei casi si tratta delle persone che soffrono una pluralità di complessi. Nel peggiore dei casi si tratta di pazzi. Ora siete mezzo salvati.

P.S.: un paio di volte nella vita ho dovuto affrontare la strana domanda «posso toccarti la barba?» Ecco, con delle rarissime eccezioni è domanda che fa pensare/sospettare male.


Esistono le persone convinte che sia molto facile evitare gli scarichi di polvere in aria durante la trapanatura delle pareti: basterebbe avvicinare il tubo dell’aspirapolvere acceso alla punta del trapano. E poi esistono le persone (forse la maggioranza) che usano l’aspirapolvere dopo la fine dei lavori.
Qualche tempo fa ho scoperto che entrambe le categorie di persone sbagliano. Di conseguenza, sbagliavo pure io.
La polvere di cemento, di calcestruzzo e di mattoni è molto sottile, quindi una certa quantità di essa oltrepassa tutti i filtri e finisce direttamente nel motore dell’aspirapolvere. Intasando inevitabilmente i cuscinetti, la polvere fa morire l’elettrodomestico. La tipologia dell’aspirapolvere domestico non ha alcuna importanza: la suddetta polvere passa ogni tipo di filtro, compresi i sacchetti di carta o di tessuto.
Provate a vedere la documentazione del vostro aspirapolvere. Al 99,99% troverete una nota, più meno chiara, secondo la quale la garanzia non si applica più se esso è stato utilizzato per raccogliere la polvere edilizia.
Non avendo mai prestato attenzione a quel genere di avvisi, non lo sapevo (ma ora capisco il perché della morte di almeno un esemplare). E l’ho scoperto relativamente poco fa grazie al post di un amico tecnico, il quale ricorda l’opportunità di utilizzare gli aspirapolvere speciali per l’edilizia. Io, da parte mia, aggiungerei che in realtà si potrebbe anche usarne uno vecchio normale (che ormai è prossimo alla morte naturale) oppure uno nuovo a basso costo (per la morte del quale non si piangerebbe troppo).
Sul manuale del vostro aspirapolvere, probabilmente, si dice poco sull’argomento:

Mentre le condizioni di garanzia sono già un po’ più chiare:

Spero che sia una informazione utile a qualcuno.


Libertà legalizzata

Fino a pochi giorni fa pensavo che il mio green pass – ottenuto grazie alla vaccinazione – fosse destinato a fare la stessa fine delle numerose autocertificazioni preparate durante le zone «rosse» e «arancioni». Pensavo che non me lo avrebbero mai chiesto: questa volta non a causa dalle mie riserve apparentemente infinite di fortuna (o, forse, dell’elevata capacità di non destare sospetti? ahahaha), ma perché da anni non frequento certi luoghi chiusi.
Ebbene, almeno il green pass mi è stato chiesto. È successo ieri: il primo giorno della sua totale obbligatorietà nelle università italiane. E io mi sono divertito tanto a sentirmi una creatura legalizzata. Soprattutto quando, passando in una area comune, mi ero accorto di alcuni studenti in fuga dai controlli preannunciati.
Passando dalle considerazioni personali a quelle generale, posso testimoniare di avere intuito l’imminente obbligatorietà di fatto della vaccinazione anti-Covid già verso la metà della primavera. Nel senso: il vaccino non è obbligatorio, ma il certificato della vaccinazione avvenuta sì. Non so se sia una manifestazione della furbizia o della impotenza legislativa, ma in ogni caso potrebbe rivelarsi un bel stimolo per la popolazione non ancora vaccinata.
Anche chi, per qualche strano motivo, ha paura del vaccino o – al contrario – pensa di poter ignorare completamente il Covid-19, dovrebbe essere interessato a provare la gioia della libertà legalizzata. Io posso confermare che è una sensazione da provare.


Le memorie di un militare perfetto

Non mi ricordo più bene chi mi abbia consigliato il libro del generale tedesco Fridolin von Senger und Etterlin «Neither fear nor hope», ma non importa. L’importante è che oggi io posso consigliare a voi questa opera impressionante, al confine dell’incredibile. Si tratta della descrizione di alcuni singoli momenti della Seconda guerra mondiale, raccontata da uno dei loro diretti e attivi partecipanti come se quei momenti fossero un banale gioco di ruolo o una partita sportiva. Momenti raccontati nei loro aspetti puramente tecnici con quasi lo 0% delle emozioni: se non ci fossero alcune – non particolarmente frequenti – considerazioni critiche nei confronti di Adolf Hitler (non posso valutare quanto siano sincere), si potrebbe addirittura pensare che si tratti di una raccolta di rapporti scritti trasformati in un libro di divulgazione storica. Solo gli ultimi capoversi di tutto il libro appaiono, a grande sorpresa, più tipici per un romanzo di avventura che per una raccolta di memorie rigorose: pare che l’ex alto ufficiale, essendo indubbiamente una persona altamente istruita e dotata di un certo stile, segnali in tal modo la trasformazione – almeno sulla carta – di un militare in un civile.
Insomma, è uno dei libri di storia più insoliti che io abbia mai letto.

Dal punto di vista dei contenuti, non so quale parte vi possa interessare di più (anche se non penso che si possa distinguere tra quelle più e meno importanti). Nel libro si parla dell’inizio della invasione della Francia, di alcune operazione nell’URSS, nel Nord d’Italia e in Sicilia, dei lunghi combattimenti nella zona di Montecassino e, infine, della prigionia nei campi americani e britannici. Considerata la mia «specializzazione», metterei in evidenza una osservazione di von Senger poco ovvia per molti nostri contemporanei sulla guerra in Russia.
Più o meno tutti si ricordano, fin dai tempi scolastici, del famigerato Generale Inverno che avrebbe aiutato a sconfiggere tutti gli invasori della Russia. Fridolin von Senger und Etterlin aggiunge, da parte sua, che nell’esercito sovietico era presente anche il Generale Buio:

In relazione alle difficoltà di adattamento delle truppe alle condizioni locali, ho spesso ricordato una situazione analoga. Un soldato occidentale è in svantaggio rispetto alla sua controparte russa perché è meno preparato all’oscurità. Quando dovevamo operare di notte, accendevamo le luci. Mentre i russi fanno ancora la maggior parte delle loro operazioni notturne al buio: le riparazioni, i rifornimenti di carburante e le lunghe marce durante le lunghe notti invernali. La notte per loro è una copertura segreta e un alleato, ma per un occidentale è un nemico e un’ulteriore fonte di paura in battaglia.
[pezzo tratto dal Capitolo 5, traduzione mia]

Direi che consiglio questo libro a tutti gli amanti veri della storia che hanno la disponibilità mentale ad ascoltare anche la voce della parte opposta. Volendo, potete provare a cercare l’edizione italiana: so che il libro è stato tradotto (il titolo italiano dovrebbe essere «Combattere senza paura e senza speranza», se ho capito bene). In inglese, comunque, si trova senza grossi problemi.