Per fortuna a volte arrivare anche delle notizie tendenzialmente positive legate alla Russia. Così, per esempio, il martedì 2 febbraio gli sviluppatori del vaccino russo contro il Covid-19 hanno finalmente pubblicato i risultati della terza fase della sperimentazione. La pubblicazione merita di essere presa in considerazione almeno perché è avvenuta su «The Lancet», la rivista medica più autorevole del mondo.
Studiando i dettagli della sperimentazione del Sputnik V, possiamo trovare alcune importanti risposte ai vecchi dubbi, ma anche constatare di non avere ancora tutte le informazioni.
In sintesi, le informazioni rassicuranti pubblicate nel suddetto articolo sono le seguenti. La terza fase della sperimentazione è stata eseguita su venti mila persone. L’efficacia del vaccino dimostrata è del 91,6%, quindi è di un livello simile a quello dei vaccini di Pfizer (92–95%) e Moderna (94%). I casi di ricovero in ospedale dei volontari partecipanti alla sperimentazione erano rari: in particolare, si tratta del 0,4% delle persone che hanno ricevuto il placebo e del 0,2% delle persone che hanno ricevuto il vaccino testato. Non ci sono dei motivi per sostenere che il ricovero sia in qualche modo legato alla sostanza somministrata. Quattro partecipanti ai test sono deceduti, ma si riesce a legare la loro morte alla sperimentazione in corso.
Il campo delle informazioni mancanti sullo Sputnik V in parte coincide con quello riguarda anche gli altri vaccini già in fase di somministrazione: per esempio, non si quanto possa durare la difesa dal coronavirus. Inoltre, si sospetta che un vaccino basato sui vettori adenovirali (come lo Sputnk V, appunto) non possano essere somministrati più volte (almeno in un periodo medio-breve) per uno specifico comportamento del sistema immunitario. Non si sa, poi, quanto lo Sputnik V sia efficace contro la malattia «asintomatica» (saperlo è importante per capire se questo vaccino si limita a ridurre la quantità di malati gravi oppure è anche in grado di rallentare la pandemia). Allo stesso modo, non si conosce l’efficacia dello Sputnik V contro le diverse varianti del Covid. Infine, è da ricordare che i test sono stati eseguiti solo in Russia, quindi su un insieme di persone meno rappresentativo di quanto avrebbe potuto essere.
In ogni caso, se anche le sole informazioni forniteci dovessero essere vere, dovremmo essere più ottimisti che pessimisti. È sempre positivo avere una versione del vaccino in più che è capaci almeno di evitare la malattia grave. E, in ogni caso, i rischi legati alla malattia sono molto più gravi di quelli legati alla vaccinazione.
La cosa che non mi piace è la già evidente incapacità di produrre le quantità sufficientemente grandi dello Sputnik V. Rispetto ad esso, infatti, i vaccini americani ed europei vengono prodotti «con la velocità della luce».
L’archivio del 4 febbraio 2021
04/02/2021 alle 14:25