L’archivio del ottobre 2020

La casella personale

Più o meno da tutta la mia vita digitale detesto gli indirizzi email aziendali. Li detesto talmente tanto che non li utilizzo proprio: reindirizzo tutta la posta in entrata verso la mia casella personale. Fare in questo modo è più comodo per almeno due motivi. In primis, le caselle aziendali sono temporanee per definizione (come pure gli indirizzi fisici e i numeri di telefono). In secundis, non sono costretto a saltare da una casella all’altra per tutto il giorno.
Fortunatamente, negli ultimi dieci anni le tecnologie si sono evolute tanto da non costringerci più a inviare le informazioni sensibili via email. Quindi il mio amore verso la casella postale personale da tanto tempo non fa arrabbiare i tecnici. E, di conseguenza, non solo io posso permettermi di creare tante etichette nella mia gmail e far raccogliere in ognuna di esse la posta in entrata, filtrata secondo qualche criterio: per esempio, in base all’indirizzo dal quale la sto importando.
Il sistema ha un bonus importante: negli ultimi quindici anni non ho perso nemmeno un contatto. E, ovviamente, in qualsiasi momento posso riprendere qualsiasi conversazione.


La punizione suprema

Il mondo è pieno di persone che nel migliore dei casi sono insoddisfatte della propria immaginazione (nel caso peggiore non ce l’hanno proprio) e quindi fanno il possibile per vedere nel mondo materiale le cose lette sui libri di fantascienza o simili*. Certo, nessuno è in grado di immaginare e visualizzare una cosa mai vista, ma tutti compongono i prodotti della propria fantasia dagli elementi osservati durante la vita.
Ecco, coloro che sono tanto pigri da rincorrere le soluzioni pronte, quelle prodotte dagli altri, spesso vengono puniti dal destino. Come queste persone che sono andate a vedere il passaggio del «Hogwarts Express» di Harry Potter:

* Non è esattamente la stessa cosa, ma io mi ricordo ancora bene la grande delusione estetica per i film «Il Signore degli Anelli» di Peter Jackson: da ragazzo, durante la lettura della trilogia, avevo in testa delle immagini molto diverse.


La musica del sabato

Il cantante statunitense Chubby Checker è stato probabilmente il più noto divulgatore del twist negli anni ’60 del secolo scorso. La popolarità del suddetto genere musicale, non per il merito di Chubby Checker, è durata relativamente poco (meno di un decennio), ma esso non è stato tra i peggiori fenomeni culturali della storia recente. Allo stesso tempo, anche Chubby Checker non ha saputo seguire l’evoluzione della musica e delle preferenze della gente, perdendo dunque la propria popolarità, ma è comunque rimasto nella storia della musica leggera come uno dei cantanti più interessanti della sua epoca. In un certo senso è anche meglio: sarebbe triste se tutti gli artisti facessero le stesse cose, cercando di soddisfare le preferenze della maggioranza.
Per il post musicale di oggi ho scelto le due canzoni più note di Chubby Checker.
La prima è «The Twist» (dall’album «Twist With Chubby Checker» del 1960, ma scritta e pubblicata già due anni prima da Hank Ballard):

E la seconda è «Let’s Twist Again» (dall’album «Let’s Twist Again» del 1961):

Forse ho iniziato a dedicarmi troppo alla musica «d’epoca»? Dovrei cercare a non farlo troppo spesso.


He was wrong

Il vescovo della chiesa evangelica Milton Wright affermò:

Men will never fly, because flying is for angels.

Parola del padre dei fratelli Wilbur e Orville Wright.

Secondo alcune cronache il primo volo del primo aliante dei fratelli Wright fu eseguito esattamente 120 anni fa: il 3 ottobre 1900. Penso che sia una buona occasione per ribadire una osservazione semplice, banale e inevitabile: la ricerca scientifica e il progresso tecnologico stanno togliendo, passo dopo passo, il terreno alla religione. Nella natura ci sono sempre meno fenomeni sulla spiegazione dei quali prima vigeva il monopolio naturale delle religioni. Nella natura ci sono sempre più persone che restano/diventano religiose solo a causa di un livello di istruzione inadeguato agli standard contemporanei.


Il risolutore dei problemi

In autunno del 1933 nell’albergo berlinese Kaiserhof si incontrarono Adolf Hitler, Jacob Werlin e Ferdinand Porsche. Il primo dei tre diede un ordine preciso: creare una automobile nuova, affidabile e a basso costo per il popolo tedesco. L’automobile dovette essere prodotta da una fabbrica anche essa nuova. Quindi Hitler formulò i principi-base dell’idea, mentre Werlin (il rappresentante della Daimler-Benz) propose la candidatura dell’ingegnere-costruttore: Porsche.
Così nacque l’auto (wagen) popolare (volks). La fabbrica nuova dovette ancora essere costruita, ma, nel frattempo, sotto la guida di Porsche furono prodotti alcuni progetti tecnici e gli esemplari sperimentali. Il progetto sperimentale più fortunato nel secondo dopoguerra è diventato famoso con il nome di Volkswagen Käfer:

Ma non mancarono i problemi. Per esempio: cercando di risparmiare tempo e soldi, Ferdinand Porsche «si ispirò» all’auto ceca Tatra 97 (prodotta a partire dal 1936):

La Tatra fece una causa per i diritti intellettuali violati a Porsche, il quale, dopo un po’, giunse anche all’idea di dover pagare per avere utilizzato l’idea del design. Ma Hitler, a sua volta, disse a Porsche di non preoccuparsi: «Risolvo io il problema».
Il problema è stato risolto in primavera del 1939, quando l’esercito tedesco ha convinto i dirigenti della Tatra a cessare la produzione del modello 97 e a non insistere con la causa legale.
Quindi quella causa della Tatra è stata ripresa solo nel secondo dopoguerra e conclusa nel 1967 con il pagamento al produttore ceco di tre milioni di marchi.
Quindi il modo indicato di risolvere i conteziosi andrebbe un po’ perfezionato…


Canzo, 1 giugno 2020

Ho finalmente pubblicato il rapporto fotografico sul mio primo viaggio turistico del dopo lockdown: quello a Canzo (in provincia di Como), fatto l’1 giugno 2020.

È stato bello tornare alla vita completa (beh, quasi completa)…