L’archivio del 5 Gennaio 2020

Gli auguri di Putin per il 2020

Come da tradizione, il primo video domenicale dell’anno è quello del messaggio del presidente russo Vladimir Putin per l’anno nuovo (con i sottotitoli italiani). Non perché voglio sembrare un fan di questo funzionario – non lo sono! –, ma perché il contenuto di un discorso del genere è un importantissimo elemento di analisi politica.
Come negli anni precedenti (si veda, per esempio, il messaggio dell’anno scorso), si tratta di un messaggio privo di alcun contenuto concreto. Un messaggio composto prevalentemente dalle parole che avremmo potuto sentire da un conoscente che incontriamo casualmente per strada una o due volte all’anno.
Solamente due passaggi meriterebbero di essere commentati brevemente. Il primo, detto da Putin, a prima vista sembra una battuta: «i nostri piani personali e i sogni sono inseparabili dalla Russia». Ma in realtà non so se si tratti di una battuta sadica («non sognatevi nemmeno di sbarazzarmi di me, pianifico di restare dove sono»), di una confessione sincera da medesimo contenuto o di una semplice frase di rito. Vabbè, lasciamo perdere.
Il secondo passaggio da evidenziare è l’ennesimo richiamo del culto della Seconda guerra mondiale. Un culto nato alla fine degli anni ’60 per volere di Leonid Brežnev, un po’ affievolito negli anni ’90 e ripreso con la forza sempre crescente a partire dai primi 2000. L’importanza di tale culto per la propaganda interna, come pure la sua popolarità alimentata dall’alto, è un argomento serio che merita un testo a parte. Ora mi limiterei a precisare che in assenza dei miglioramenti significativi nella vita della maggioranza dei russi negli ultimi 15–20 anni (soprattutto fuori dalle città principali) e in presenza della politica isolazionista-vittimista, si continua a sfruttare le conquiste del lontano passato. Il popolarissimo slogan ignorante «1941–1945: possiamo ripeterlo» non è mai stato pronunciato dagli esponenti delle Istituzioni, ma a volte mi sembra che ci manchi poco. Il punto è che il passato viene spacciato per il presente nel tentativo di sostituire il misero con il «glorioso». Quindi non stupitevi per quel passaggio di Putin: rispecchia la quotidianità della politica interna russa.