I teologi sprecano il tempo prezioso a discutere delle cose noiosissime. Una domanda veramente curiosa ce l’ho io.
I gatti vanno all’inferno o al paradiso? E i cani? I cammelli? I pesci? I ricci comuni? I batteri?
Una zanzara va all’inferno se è stata ammazzata mentre succhiava il sangue? O, se è stata ammazzata mentre seduta su una parete, va al paradiso?
Se l’inferno e il paradiso esistessero solo per gli umani, significa che gli animali, gli insetti, i pesci, i funghi e i virus non ci vanno? Significa che in quei luoghi sono del tutto assenti?
L’archivio del Dicembre 2019
Come molto probabilmente vi ricordate, il 30 marzo 1981 il Presidente Ronald Reagan rimase ferito in un attentato.
Non so se vi è mai capitato di vedere anche la reazione di Reagan al suono di un palloncino scoppiato durante un suo discorso a Berlino (tenuto nel 1987):
Gli Uriah Heep è un gruppo eccezionale in tutti i sensi. Da un lato, negli anni ’70 del secolo scorso avevano dimostrato (per la prima volta nella storia) che il hard rock può essere una musica di qualità. Dall’altro lato, a partire dagli anni ’90 stanno dimostrando – con un impegno che meriterebbe di essere speso in qualcosa di più utile – che le persone incapaci di fermarsi in tempo diventano ridicole.
Potrei fare due esempi concreti – tratti dalla vita reale – riguardanti proprio il gruppo.
L’esempio № 1. Verso la metà degli anni ’90, durante un viaggio automobilistico con un mio conoscente, avevo sentito alla radio una canzone che sembrava una pessima imitazione degli Uriah Heep del loro periodo migliore.
«Chi sono questi deficienti?», chiesi io.
«Guns n’ Roses», rispose il mio conoscente.
L’esempio № 2. Più o meno nello stesso periodo storico ebbi una conversazione sull’argomento con un mio parente, un ingegnere del suono ben integrato nel mercato musicale russo.
«Perché leggo così spesso delle visite degli Uriah Heep in Russia?», chiesi io.
«Perché sono vecchi, ormai scadenti e disposti a suonare pure alle feste di compleanno. Mentre i nostri petrolieri sono disposti a pagare per il solo marchio», rispose il mio parente.
Ecco, come succede per tanti altri musicisti (e non solo musicisti), preferisco ricordare gli Uriah Heep dei loro tempi migliori e ignorare totalmente quello che sono diventati dopo. Le due canzoni scelte quasi a caso dovrebbero dare una idea del livello della formazione del gruppo considerate classica: Mick Box, David Byron, Ken Hensley, Gary Thain e Lee Kerslake.
La prima canzone scelta è «Look at Yourself» (dall’album «Look at Yourself» del 1971):
La seconda canzone di oggi è «Stealin’» (dall’album «Sweet Freedom» del 1973):
Perché ho deciso a postare la loro musica proprio in questo periodo? Perché molti sostengono che il vero inizio della storia del gruppo si sia verificato nel periodo natalizio del 1969. Proprio in quei giorni era nato anche il nome «Uriah Heep», ispirato al nome di un personaggio del romanzo «David Copperfield» di Charles Dickens (il centenario della morte del quale veniva ricordato in quel periodo).
Secondo la storiografia ufficiale sovietica oggi sarebbe il 140-esimo compleanno di Iosif Stalin.
Ma voi, cari lettori, non dovete fidarvi della storiografia sovietica. Un anno fa avevo già spiegato perché la data del 21 dicembre 1879 non è la data di nascita del criminale baffuto.
Se avete tempo e voglia, rileggete pure quel post: non è lungo.
È veramente strano che non mi sia mai capitato di sentire i «patrioti» e gli «statalisti» italiani lamentarsi del fatto che i siti web di molti Ministeri italiani abbiano il dominio di terzo livello .gov.it.
Eppure, l’utilizzo di quel dominio è una pessima manifestazione della stupidità e della pigrizia. Il fatto è che gli USA hanno fatto lo sforzo, neanche tanto sensibile, di registrare per il proprio Governo il dominio di primo livello .gov (che sta per government). Ma i Ministeri italiani cosa c’entrano? Perché dovrebbero fare riferimento al Governo statunitense attraverso il bruttissimo .gov.it?
In realtà la brutta situazione può essere risolta molto facilmente. L’Italia deve acquistare presso la ICANN il dominio di primo livello .stato (oppure .ri che starebbe per Repubblica Italiana) e utilizzarlo per tutti i siti istituzionali. Sarà una cosa semplice, comprensibile, opportuna e per nulla costosa (appena 200.000 dollari). Pure le aziende riescono ad acquistare i propri domini: si vedano, per esempio, .google, .apple o .fiat. Perché non dovrebbe farcela l’Italia?
I miei amici e conoscenti italiani mi chiedono spesso quanto siano affidabili, in termini della sicurezza fisica, le compagnie aeree russe. La mia risposta, purtroppo o per fortuna, è cambiata di poco negli ultimi anni.
Qualora si parli delle linee internazionali, le compagnie aeree russe sono assolutamente sicure: utilizzano aerei di qualità e non vecchi (ormai sono quasi tutti presi in leasing), prestano molta attenzione alla manutenzione e hanno il personale qualificato costantemente aggiornato. Tutto ciò è possibile, fondamentalmente, grazie a una semplicissima legge del mercato: sulle tratte internazionali si guadagna di più, quindi c’è da lottare per attirare la clientela attraverso fattori facilmente percettibili (nonostante i grandi fatturati, il trasporto aereo non è particolarmente redditizio, di conseguenza c’è poco spazio per giocare con i prezzi dei biglietti).
È invece sensibilmente diversa la situazione delle linee aeree interne russe. Nonostante certi progressi degli ultimi sette—otto anni, su diverse tratte nazionali è ancora abbastanza facile trovare degli aerei di pessima qualità. Potrebbe capitare un Sukhoi Superjet 100: un modello che diventa frequentemente protagonista di guasti di gravità varia perché dopo oltre undici anni di esistenza risulta ancora essere pieno di problemi di progettazione e di produzione. Oppure, banalmente, potrebbe capitare un aereo vecchio parecchi decenni, la cui biografia riuscirebbe a spaventare anche i viaggiatori meno esigenti.
Ma c’è un motivo preciso per il quale ho pensato di trattare tale argomento proprio oggi. Di recente ho saputo che l’azienda di trasporti «Aviatsija Kolymy» (il nome si traduce come l’Aviazione di Kolyma, l’azienda è di proprietà della Regione di Magadan) ha acquistato i primi due aerei Antonov An-2 modificati. La modifica tecnica è consistita nella installazione sugli aerei vecchi 37 e 39 anni dei nuovi motori americani TPE-331-12 prodotti dalla Honeywell. Alcune altre regioni russe hanno già manifestato l’interesse verso l’acquisto degli An-2 «modificati» allo stesso modo.
Certo, i motori sono nuovi e hanno il vantaggio di funzionare con il cherosene aereo (invece della benzina aerea necessaria per il motore sovietico originale).
Certo, l’An-2 ha il vantaggio di poter utilizzare anche una pista di atterraggio di 500 metri in terra battuta e di essere in grado di atterrare alla velocità di soli 70 km/h.
Certo, l’An-2 costa meno di tanti aerei nuovi ed è modello da qualità prevedibili (a differenza dello stesso Sukhoi Superjet 100 già menzionato prima).
Però è un aereo progettato negli anni ’40 e non più prodotto dal 1992. Io, personalmente, lo avrei preferito a un qualsiasi aereo, anche nuovo, della immaginaria «zimbabwe airlines». Ma, allo stesso tempo, in presenza della possibilità di scegliere avrei preferito la macchina o il treno all’An-2, modificato o originale che sia.
Per una questione di lavoro che dovrebbe interessare relativamente poco i miei lettori, due settimane fa mi sono chiesto: esistano degli orari precisi – intendo precisi al minuto – o almeno le fasce orarie ben definite in cui i musulmani debbano pregare?
La domanda mi ha tormentato un po’: sono andato a rileggere i relativi principi (li ricordavo molto vagamente) e ho addirittura pensato di bloccare per strada, un giorno, una professoressa di storia dei Paesi islamici per chiederle un consiglio… E poi ho pensato di dare anche una chance al nostro amico Google.
Ed ecco che arriviamo al punto più interessante. Già la prima risposta di Google alla mia domanda è stato il link al sito che indica, giorno per giorno, gli orari in cui i musulmani devono pregare.
Se anche voi, per qualche motivo, vi trovate nella situazione di dover coordinare la vostra vita (professionale o privata che sia) con un musulmano praticante, mettete pure tra i preferiti quel sito. Sarà una fonte di comodità per tutti.
P.S.: i principi in base ai quali si determinano le ore di preghiera possono essere consultati anche sul relativo articolo della Wikipedia.
Alla fine di dicembre dell’anno scorso avevo provato a elencare i principi fondamentali che potrebbero aiutare a scegliere i regali da fare agli altri. Ma a tutti, più o meno di frequente, capita di dover rispondere anche alla domanda «cosa ti regalo per [inserite voi il nome di una qualsiasi festa]?»
Per affrontare una domanda del genere potremmo farci aiutare da almeno due principi utilissimi. Entrambi funzionano solo in presenza della vostra «lista dei desideri» contenente più di una voce.
Il principio № 1. Provate a individuare, tra i vostri desideri, quella cosa che non vi sareste mai decisi di comprare con i soldi propri. Non è necessario che sia una cosa super costosa in termini assoluti. L’importante è che l’idea del suo acquisto faccia venire una paralisi alla mano addetta al portafoglio.
Il principio № 2. Provate a pensare alla persona che vuole farvi un regalo. La psicologia ci insegna che regalando un oggetto costoso le persone sono convinte di fare un regalo di alte qualità, bellezza e, spesso, utilità. Quindi oltre a fare un bel gesto nei vostri confronti, si danno pure una bella soddisfazione a loro stessi. Mentre voi chiedete e ottenete una cosa desiderata. Insomma, è un vantaggio reciproco.
Naturalmente, è possibile tentare di combinare tra loro i due principi. E, sempre naturalmente, bisogna tenere conto delle capacità finanziarie di chi si propone di farvi un regalo.
Qualcuno mi regala il 51% dell’Alphabet Inc.?
Fino a qualche anno fa pensavo che il ruolo fondamentale fosse sempre di chi insegna: se è capace di rendere interessante la lezione e di selezionare bene il materiale, dovrebbe andare tutto bene.
Ma poi ho capito che di importanza non inferiore sono le domande degli studenti. Esiste, infatti, il concetto di «curse of knowledge»: una persona esperta in qualche materia non riesce a immaginare quali difficoltà o mancanze di informazione possano avere le persone lontane da quel livello di conoscenza. Ma in realtà è ovvio che non siamo tutti ugualmente esperti in tutto.
Di conseguenza, ho capito che molto spesso è sufficiente rispondere a una domanda fatta bene per far comprendere un concetto alla persona che chiede. In sostanza, molte persone devono trovare una connessione tra due (o più) pezzi di conoscenza frammentati.
Cominciamo con un video. Si dice che esisterebbe una spiegazione del perché gli uomini e le donne hanno la fortuna diversa in questo nuovo gioco:
La spiegazione «scientifica» consiste nella lunghezza diversa dei piedi maschili e femminili… Vabbè, a questo punto propongo un altro gioco da filmare: affidate l’estrazione della pistola della benzina (o del diesel) dalla macchina e la sua successiva rimessa alla colonnina prima alle donne e poi agli uomini. Il divertimento per la differenza nei movimenti (evidente!) sarà dello stesso livello…