L’archivio del 1 Novembre 2019

Cortometraggio russo №15

Negli ultimi mesi ho accumulato abbastanza materiale per riaprire, temporaneamente, la mia ormai vecchia rubrica settimanale dedicata ai cortometraggi russi. Avevo iniziato con i cortometraggi muti (perché è abbastanza difficile trovare quelli doppiati o, almeno, quelli con i sottotitoli) ma, avendo esaurito velocemente gli esempi di qualità a me conosciuti, mi ero interrotto. Tutti quei film possono essere visti cliccando sul nome della rubrica «Cinema russo».
Ora, invece, ho di nuovo una breve lista dei corti da mostrare ai lettori italiani. Questa volta, però, si tratta quasi sempre dei film con i sottotitoli in inglese. Potrete dunque aggiornare le vostre conoscenze di ben due lingue.
A riaprire la rubrica sarà il cortometraggio «GQ» di Andrey Merzlikin uscito nel 2012. Penso che il contesto del film possa essere comprensibile a tutti: il protagonista si reca in  culo al mon  profonda provincia russa, fa il check-in in albergo…

Si tratta dell’unica esperienza da regista di Andrey Merzlikin. In realtà, infatti, di professione fa l’attore (con dei buoni risultati), ma i suoi film migliori non sono stati tradotti nelle lingue europee più diffuse. Lo stesso vale per l’attore Konstantin Yushkevich che interpreta il protagonista del cortometraggio appena visto. Di conseguenza, questa volta faccio a meno di consigliarvi un lungometraggio. Ma non so se avete già esaurito la lista dei titoli già pubblicati finora.
Il prossimo cortometraggio sarà pubblicato, come potete immaginare, la sera del venerdì prossimo.


La Reuters scrive che gli hacker sarebbero riusciti a ottenere l’accesso ai telefoni degli alti funzionari di venti Stati grazie alla vulnerabilità del WhatsApp. Lasciando da parte, almeno per questa volta, i dettagli tecnici dell’"evento«, trovo importante ricordare due principi fondamentali riguardanti l’uso del telefono.
Il primo principio è ben noto a tutti i cittadini degli Stati caratterizzati da una scarsa tradizione giuridica: il telefono è un mezzo di connessione ma non di comunicazione. Il significato del principio è semplicissimo: non è detto che i partecipanti a una ordinaria conversazione telefonica siano solo due. Nell’ex URSS, per esempio, tantissime persone formalmente non indagate sono finite arrestate, giudicate e condannate sulla base di quanto detto via telefono a una persona anche meritatamente fidata. Nel mondo contemporaneo, invece, l’applicazione del principio si estende a tutto il globo. Non voglio spingervi a essere vittime di una paranoia: il 99% dei miei lettori sono delle persone semplici, prive di ogni valore per le spie telefoniche. I politici e i funzionari statali, invece, devono sapere distinguere bene tra gli argomenti da trattare via telefono e quelli da trattare durante un incontro personale. Proprio per questo, per esempio, ad alcuni Capi di Stato è addirittura vietato l’uso degli smartphone.
Il secondo principio è strettamente legato al primo. Negli ultimi anni ho conosciuto diverse persone che si ponevano delle domande circa l’utilità della diplomazia tradizionale nel mondo contemporaneo. «A cosa servono gli ambasciatori nell’era dell’internet?», si chiedevano loro. Ebbene, una delle funzioni dei diplomatici presenti sul territorio estero è proprio quella di ridurre — tramite il proprio operato fisico — i rischi legati alla vulnerabilità delle tecnologie moderne.
In conclusione del post odierno, invito tutti ad aggiornare regolarmente le app del proprio telefono, non scaricare i file e le app sconosciuti, usare gli antivirus e, volendo, iniziare ogni conversazione telefonica con la frase «Spie, andate ad amarvi».