Pochi europei sanno (o si ricordano, qualora si trattasse delle persone una volta particolarmente informate) che negli anni ’20 e ’30 del XX secolo in URSS fu molto diffusa una particolarissima pratica di scegliere i nomi per i neonati. I giovani genitori, entusiasmati dalla costruzione di una nuova società sui resti del territorio dell’ex impero russo, iniziarono infatti ad assegnare ai propri figli dei nomi «rivoluzionari». Tali nomi poterono essere:
– delle abbreviazioni (per esempio, Mels – un nome maschile che sta per Marx, Engels, Lenin, Stalin);
– degli acronimi (per esempio, Idlen – un nome femminile che sta per «le idee di Lenin»);
– delle parole già esistenti, ma in qualche modo associabili con la rivoluzione (una cugina della mia nonna materna, per esempio, fu chiamata Kranyi Mai – traducibile in italiano come Maggio Rosso; dopo avere raggiunto la maggiore età ha finalmente cambiato il nome per uno tradizionale).
Nel periodo compreso approssimativamente tra il 1993 e il 1996 si era poi verificato un fenomeno simile, ma notevolmente meno diffuso, statisticamente quasi impercettibile: chiamare i figli con dei nomi come Democrazia, Costituzione etc.
Negli ultimi vent’anni, poi, mi sembrava di avere delle notizie sulle nuove tendenze del genere. Forse nemmeno dei casi singoli…
Ma ecco che è successo! La settimana scorsa una coppia di Naro-Fominsk (una cittadina a sudovest di Mosca) ha chiamato il proprio figlio Putislav. Sostengono che sia un antico nome slavo composto dalle parole put (via) e slava (gloria).
Uno che segue la via gloriosa?
Mah, è evidente che sottintendevano qualcosa di diverso… E mi fanno particolarmente arrabbiare i genitori che considerano i propri figli dei giocattoli: «noi ora ci divertiamo e chissenefrega come affronterà lui le conseguenze». Infatti, l’epoca del «glorioso», prima o poi, finirà. Anche la «gloria».
P.S.: però anche in Italia mi è capitato di conoscere delle persone con dei nomi stranissimi.
L’archivio del 29 ottobre 2019
29/10/2019 alle 14:25