È l’estate, quindi anche i ricercatori universitari passano allo studio degli argomenti particolarmente seri. Così, per esempio, tre ricercatori (mi sto trattenendo dalle battute) della Cornell University hanno analizzato 22.484 siti porno e hanno scoperto (meno male che non lo sto dettando) che il 93% di essi raccoglie le informazioni sui visitatori per poi trasmetterle ad altre aziende. Non si salvano nemmeno gli utenti che utilizzano la modalità anonima.
Il Google e le aziende da esso controllate acquisiscono le informazioni dal 74% dei siti porno utilizzati, il Facebook dal 10% dei siti e la Oracle dal 24% dei siti analizzati.
Solo il 17% dei siti analizzati protegge i dati degli utenti e fornisce le informazioni sul trattamento dei dati personali. Nella ricerca citata e in un articolo del New York Times si sostiene che i dati raccolti sarebbero anonimi, ma in base ad alcuni indicatori indiretti possono essere ricondotti ai profili degli utenti concreti. Quei dati verrebbero dunque utilizzati per migliorare il targeting pubblicitario.
I miei cari lettori, naturalmente, non rischiano alcunché: hanno letto questo posto solo come una testimonianza etnografica sul mondo universitario.
Buon finesettimana a tutti.
Passatelo nel mondo reale.
L’archivio del 19 luglio 2019
19/07/2019 alle 15:03