Quasi un anno e mezzo fa mi era già capitato di postare, nella mia rubrica musicale, un bel video di Joe Bonamassa in compagnia di Beth Hart. La pausa è diventata troppo lunga.
Joe Bonamassa è un bravo musicista con una tecnica molto varia, quindi il post di oggi è dedicato esclusivamente a egli.
La prima canzone che ho scelto per oggi è la «How Deep This River Runs» (dall’album «Blues of Desperation» del 2016):
E la seconda è la «Heavenly Soul» (dall’album «Driving Towards the Daylight» del 2012):
L’archivio del maggio 2019
L’articolo di Christopher Hughes su The New York Times, dove l’autore (e co-fondatore di Facebook) propone al Governo statunitense di intervenire sulla struttura di una azienda privata sembra più la lamentela di una persona invidiosa (rimasta fuori troppo presto) che la preoccupazione per la protezione degli utenti.
Io, per soddisfare gli stessi clienti, avrei proposto di obbligare Facebook a sviluppare un sito più funzionale dell’attuale (per portarlo almeno agli standard universali di dieci anni fa) o, almeno, rinunciare a tutte le restrizioni all’utilizzo della loro API introdotti negli ultimi cinque o sei anni.
A ogni parata militare, soprattutto se si tratta di una ennesima parata della Festa della Vittoria a Mosca, a farmi particolarmente ridere è la presenza massiccia degli agenti di sicurezza (quelli che devono proteggere i vertici dello Stato presenti).
Mi fanno ridere non quei professionisti (non ho motivi per dubitare della loro professionalità), ma il semplice fatto che sono gli unici partecipanti visibili ad avere le munizioni (i militari in piazza hanno le armi finte proprio per garantire la sicurezza dei politici).
Se una pallottola deve arrivare, può arrivare da un qualsiasi punto.
Alcune altre foto delle misure di sicurezza di quest’anno.
P.S.: sì, lo so benissimo che sono due enti diversi.
Molto probabilmente l’anno in corso è il più adatto per augurare a tutti i miei lettori europei una buona Festa dell’Europa.
Di quella Europa che attualmente viene criticata per ogni genere di male tranne quelli realmente imputabili. Di quella Europa i cui difetti sono accompagnati dai non meno evidenti vantaggi.
Quindi auguro a tutti i lettori con diritto di voto di riuscire a eleggere – il 26 maggio – dei candidati consci del fatto che la popolarità e l’efficienza dell’Europa dipendono, in una buona misura, da due cose:
1) non è necessario regolamentare le cose che non hanno bisogno di essere regolamentate;
2) le tendenze socialiste nel diritto e nell’economia non rappresentano lo sviluppo ma lo bloccano.
Conosco personalmente (anche se poco) un candidato, ma mi sono imposto la regola di non pubblicizzare i politici (anche quelli aspiranti).
P.S.: gli interessati alla Festa della Vittoria russa possono rileggere il mio post sull’argomento del 2017.
Alla fine di dicembre del 2016 erano finalmente stati messi in commercio gli AirPods (e a marzo di quest’anno ne è stata annunciata la seconda generazione). Fin dal momento della loro comparsa sono stato molto scettico nei confronti della loro funzionalità e, inizialmente, non intenzionato a diventarne possessore. Ma poi è intervenuta la vita reale: mi sono stufato di estrarre la polvere dallo slot audio del mio iPhone. Sì, quella polvere che a volte impedisce il corretto funzionamento (o addirittura l’inserimento) del jack degli auricolari «normali».
Insomma, sono diventato un felice possessore degli AirPods e dopo due mesi dei test posso dire: il mio scetticismo era infondato. Quindi ora commento molto brevemente quegli aspetti che vengono più frequentemente criticati o comunque visti come cause di potenziali problemi. Ne ho evidenziati sei, ma non escludo l’eventualità di averne dimenticato qualcuno importante.
1. Gli AirPods sarebbero facili da perdere. Dipende tutto dalla forma delle vostre orecchie: ad alcune persone gli AirPods cadono spesso, mentre altre persone riescono pure a correre o andare in bici senza perderli. A me non sono mai caduti, ma nelle prime settimane la paura è stata abbastanza fastidiosa. Involontariamente, ho pure iniziato a camminare lontano dai tombini per l’acqua piovana.
2. Gli AirPods sarebbero tanto leggeri da far dimenticare di averli nelle orecchie. Boh, a me sin da subito sono sembrati non meno pesanti degli auricolari normali, forse anche un po’ più pesanti. Appositamente per il presente post ho pure eseguito un confronto scientifico (si veda la foto). Secondo me i proprietari si dimenticano di loro a causa dell’assenza del cavo. Viva la spensieratezza!
3. Chi indossa gli AirPods non sentirebbe cosa succede attorno. Un buon livello di ANR è la caratteristica distintiva di tutte le cuffie e auricolari di qualità, quindi è un pregio e non un difetto. In ogni caso, l’arrivo delle auto un po’ si sente comunque, quindi non si rischia la vita. Con o senza gli auricolari, bisogna prestare un minimo di attenzione a ciò che succede attorno.
4. Gli AirPods indurrebbero all’autolesionismo. Questo è vero: quando per qualche motivo al primo «doppio tap» sull’auricolare non segue l’azione attesa (per esempio, non si riesce a rispondere a una telefonata) il possessore inizia a picchiare con una violenza crescente (letteralmente!) il proprio orecchio. Io vi invito alla moderazione.
5. Gli AirPods farebbero venire il mal di testa. Mai notato.
6. Nella scatola-caricatore degli AirPods entra la polvere. È vero. Ma è altrettanto vero che ne entra pochissima (quantità omeopatica) ed essa è facile da togliere, per esempio, con un semplicissimo bastoncino per la pulizia delle orecchie.
Ecco, erano questi i sei punti che volevo illustrarvi. Spero che vi siano utili per decidere sull’eventuale acquisto degli AirPods.
Concludo con l’osservazione fondamentale: la qualità dell’audio è buona (per quanto possa essere buona negli auricolari). Inoltre, gli AirPods, connettendosi via bluetooth, possono essere utilizzati anche con gli smartphone con l’Android e con i computer portatili con il Windows.
La settimana scorsa avevo scritto dei rari precedenti di abolizione della Festa del lavoro. Oggi è invece una buona occasione per ricordare un bel primato russo.
Il 7 maggio 1744 l’imperatrice Elisabetta firmò un editto con il quale di fatto sospese l’istituto della pena di morte in tutto lo Stato. Per vent’anni tale sospensione rimase fortunatamente in vigore.
Incredibilmente, si tratta di un primato mondiale (almeno secondo le mie conoscenze di storia). Di conseguenza, quando qualcuno da qualche parte decidesse di istituire una festa mondiale dedicata alla estinzione della pena di morte, ricordiamogli questa data.
Pochi lo sanno, ma a Capriate San Gervasio (in provincia di Bergamo) prospera il commercio degli esseri umani.
Purtroppo, i prezzi non vengono pubblicati, ma gli interessati all’acquisto di una donna o di un uomo adulto possono telefonare in qualsiasi momento: lascio visibili i numeri al solo scopo informativo (non sono un complice!).
In realtà è un fenomeno molto diffuso: Continuare la lettura di questo post »
Avendo delle preferenze molto diverse, non posso classificare il video domenicale di oggi come musicale. Ma posso dire che il video in sé è fatto molto bene:
Il compositore francese Paul Mauriat è ben noto alle persone che si ricordano la televisione sovietica: alcune sue opere venivano utilizzate in qualità della musica introduttiva per delle trasmissioni molto popolari.
Nel post musicale di oggi ne pubblico due esempi, pur comprendendo che quasi la totalità dei miei lettori ha la fortuna di ascoltare questa musica senza alcun pregiudizio.
Il primo esempio è «Alouette» (utilizzato in un programma sugli animali):
Il secondo esempio è «Pardonne-moi ce caprice d’enfant» (utilizzato in un programma sul cinema):
P.S.: no, non so se le musiche erano utilizzate in modo legale, ma per qualche motivo il dubbio mi sarà pure venuto in mente…
Ho scoperto un interessante progetto che permette di vedere, su un grafico dinamico, il mutamento della spartizione del mercato dei telefoni mobili dal 1992 al 2017. Senza vederlo non è sempre facile rendersi conto della velocità dei cambiamenti. Appena dieci anni fa c’erano il predominio assoluto della Nokia e della Motorola e l’assenza di fatto della Samsung. Inoltre, la Nokia è passata dall’essere un gigante all’essere un nulla in appena due anni.
Qualche anno fa un mio amico russo aveva lanciato un appello su facebook, chiedendo se qualcuno avesse ancora delle foto (o video) scattate nelle aule universitarie nei primi 2000. Incredibilmente, si è dimenticato quanto erano rari (e scarsi) i telefoni dotati delle fotocamere in quegli anni.