«The New Yorker» ha dedicato un articolo abbastanza dettagliato al «Spider-Man» francese Vjeran Tomic. Quest’ultimo, nel 2010, aveva rubato dal museo d’arte moderna di Parigi dei quadri per decine di milioni di euro (opere di Picasso, Matisse, Modigliani, Léger, Braque).
Ecco, l’unica cosa che continuo a non capire è il senso economico delle rapine del genere. Non mi è chiara la convenienza del rubare anche una sola opera d’arte famosa.
Avrei capito colui che ruba «per sport», per provare qualcosa di forte. Ma una volta compiuta l’impresa, potrebbe anche restituire in qualche modo i beni presi.
Avrei potuto capire colui che ruba per chiedere un riscatto: si tratta delle opere uniche, il cui valore potrebbe giustificare un rischio in più.
Avrei potuto capire colui che ruba perché è un collezionista folle: senza soldi, disposto a tutto per far aumentare la propria collezione e conscio di non poterla mai mostrare al mondo.
Ma non riesco a capire come e a chi possa essere mai venduta una opera comunemente riconosciuta come rubata. I potenziali acquirenti «normali» dei quadri del genere solitamente non sono molto disposti a diventare dei complici di un criminale. E nemmeno comprano una opera famosa per nasconderla per eternità.
La contraffazione, da questo punto di vista, è molto più sensata.
L’archivio del 9 gennaio 2019
09/01/2019 alle 14:25