Mentre negli Stati Uniti si sta votando per il nuovo Presidente, l’area dell’ex URSS è scossa da un altro evento politico. Vista la qualità dei candidati americani, il secondo evento sembra quasi più interessante.
Ieri pomeriggio Mikhail Saakashvili, l’ex presidente della Georgia, si è dimesso dalla carica del Governatore della regione di Odessa, accusando le massime Istituzioni ucraine della corruzione e del tradimento dello spirito della rivoluzione anti-Yanukovich del 2014. Ma forse è meglio andare in ordine.
Mikhail Saakashvili, georgiano, fu eletto Presidente del suo Stato nel 2004 e rimase in carica fino al 2013. Gli anni della sua presidenza furono caratterizzati da una forte modernizzazione delle Istituzioni e di tutto l’apparato dello Stato. Fu praticamente sconfitta la corruzione, minimizzata la burocrazia, modernizzati le forze dell’ordine e l’esercito. La maggioranza degli stranieri che visitano regolarmente la Georgia riconobbero la sorprendente velocità e qualità delle riforme efficienti. Nel lungo periodo, però, la modernizzazione accelerata di uno Stato povero e popolato da una consistente quantità di persone con la mentalità assistenzialista (ereditata dai tempi dell’URSS) si rivelò una impresa impossibile. Il 1° ottobre 2012 le elezioni parlamentari georgiane furono vinte da un partito populista. I leader di quest’ultimo manifestarono sin da subito le intenzioni di perseguire politicamente e penalmente Saakashvili.
Alla fine di settembre del 2013, pochi giorni prima della scadenza del suo mandato presidenziale, Saakashvili lasciò Georgia. Dopo un periodo di vita in Europa e negli USA, il 30 maggio 2015 Saakashvili venne nominato, dall’attuale presidente ucraino Petro Poroshenko, il governatore della regione di Odessa. Formalmente (proprio formalmente, come abbiamo scoperto successivamente) l’obiettivo della nomina fu quello di ripetere il «miracolo georgiano» degli anni 2004–2013 sul territorio della regione di Odessa. Essendo una persona particolarmente attiva, Mikhail Saakashvili cominciò subito a lavorare con un notevole ritmo (nella sua squadra furono invitati anche alcuni oppositori russi, che ricevettero, come lui, la cittadinanza ucraina).
Nei primi sei mesi di lavoro erano stati raggiunti alcuni risultati interessanti, poi è seguito un veloce rallentamento dei ritmi e dei risultati. Si è scoperto, infatti, che la rivoluzione del 2014 portò via Yanukovich e alcuni dei suoi alleati più stretti, mentre gli altri vertici della politica e della economia ucraina rimasero ai loro posti. Con essi rimasero anche tutti i problemi ucraini: corruzione, scarsa volontà (e capacità) di effettuare riforme etc. Tra gli esempi più noti agli occidentali posso menzionare la vendita sul mercato nero degli armamenti forniti alla Ucraina dall’Occidente. A livello regionale Saakashvili si è presto trovato privo di alcun sostegno delle Istituzioni statali e locali (Presidente, Consiglio dei Ministri, ma pure il sindaco di Odessa).
Pur essendo una persona particolarmente emotiva, ha saputo però aspettare il momento più adatto per rassegnare le dimissioni. Ha aspettato, infatti, l’esito delle elezioni parlamentari in Georgia (perché sente comunque la necessità di applicarsi in modo efficace da qualche parte) e un giusto livello di formazione del suo nuovo partito ucraino «Khvylja» (l’Onda). Ieri ha in sostanza dichiarato di voler occuparsi della politica nazionale per riformare l’Ucraina in modo globale. E secondo me ha delle buone possibilità di riuscirci vista la sua popolarità tra la gente.
Quindi mentre Putin vede Saakashvili come un cadavere politico (sconfitto nella guerra del 2008 e alle elezioni del 2012) e l’Occidente continua a puntare su Poroshenko (che non rappresenta un cambiamento vero), in Ucraina sta nascendo una forza politica da prendere seriamente in considerazione.