L’archivio del 9 novembre 2016

Il meno peggio in tutto

Mentre negli USA si sta realizzando il risultato di Donald Trump, noi riprendiamo l’aspetto musicale di queste elezioni eccezionalmente oscene.

Non so se vi ricordate, ma nel XXI secolo gli statunitensi dovettero già operare una volta la scelta del candidato «meno peggiore». Nel 2004 i candidati furono John Kerry e George W. Bush, entrambi distintisi per un livello intellettuale piuttosto particolare. Nel 2016 si sceglie, nuovamente, il meno peggio.

E quando una campagna elettorale fa schifo, fa schifo anche nel suo aspetto musicale. Quindi la scelta diventa veramente dura.

Donald Trump:

Hillary Clinton:

P.S.: dalla scelta dei cantanti si evince anche il target di riferimento dei rispettivi candidati.


OK, a questo punto diventa altamente probabile che Donald Trump vinca le elezioni presidenziali (per ora, formalmente, ha vinto solo una fase: la votazione popolare), ma vista la simpatia che i vertici politici nutrono verso di egli, non avrei fretta a deridere chi non si arrende ancora. Di conseguenza, aspetto i risultati del 19 dicembre con la stessa curiosità di quelli dell’8 novembre.

Nel frattempo propongo di prendere in considerazione una interessante tendenza. Provate a pensare cosa vi dicono i seguenti cognomi: Orban, Zeman, Kaczyński, Tsipras, Erdogan, Rodrigo Duterte. Pensate, poi, che molto probabilmente tra poco vi dovranno dire qualcosa pure i cognomi di Trump, Le Pen e Wilders.

La mia conclusione personale è la stessa da più di dieci anni: la democrazia è il male minore, mentre quello assoluto è il suffragio universale. Finché i non istruiti (amanti delle soluzioni facili e disposti a credere a qualsiasi stronzata) e i mantenuti (dipendenti dai regali del governatore di turno perché senza reddito e senza la consapevolezza di mettere a rischio i risultati del proprio duro lavoro) hanno il diritto al voto, la lista dei cognomi sospetti continuerà a crescere.