Bene, è arrivato il momento di pubblicizzare pure il mio resoconto sul viaggio a Bergamo, fatto all’inizio dell’anno.
L’archivio del Marzo 2016
Il Museum of Modern Art ha pubblicato in Rete una parte della propria collezione: 65.317 opere.
Se in questi giorni avete più tempo libero del solito, provate a vederne qualcuna anche voi.
Oggi facciamo una piccola lezione di autodifesa: potrebbe rivelarsi utile in qualsiasi momento. Spero che dal video domenicale di oggi impariate almeno una mossa (e spero quella giusta).
Come sicuramente sapete, ieri Radovan Karadzic è stato condannato a 40 per crimini di guerra e genocidio.
Dai suoi crimini sono passati più di vent’anni: le vittime sono sepolte da tempo, mentre i parenti (se ancora in vita) hanno iniziato ad abituarsi a una nuova vita. Dal punto di vista dell’effetto emotivo, quindi, la condanna di Karadzic si avvicina sempre più a quelle inflitte ai vecchшetti quasi centenari che, scovati in qualche casa di riposo, vengono accusati di tutti i mali del nazismo. A un osservatore estraneo viene quasi da chiedere: «Ma chi se ne frega delle sue colpe dopo tanti anni? Lasciatelo morire che manca poco.»
Sembrerebbe più logico e opportuno sperare in processi e condanne più tempestive, non lontane decenni dai rispettivi crimini. Ma si tratta ancora di emozioni. Un processo fatto subito (ovviamente qualora ciò fosse possibile) sa sempre di una vendetta. Un processo fatto a distanza del tempo necessario per ragionare a testa fredda diventa un processo ai comportamenti e non alla persona. Non ha senso vendicarsi o rieducare il condannato. Ha senso codificare il Male.
L’unico aspetto interessante del verdetto [tardo] di ieri è quindi questo: una riaffermazione del confine tra la vendetta e la definizione del male. Di Karadzic e dei suoi colleghi di tutte le parti coinvolte nell’allora guerra non ce ne deve fregare niente.
In vista delle vacanze pasquali pubblico il reportage su uno dei miei ultimi viaggi: quello a Erba (in provincia di Como).
Oggi i giudici hanno concluso la lettura pubblica della sentenza con la quale Nadezhda Savchenko è stata condannata a 22 anni di reclusione (poco più di 20 ancora da scontare). Nonostante l’assurdità della accusa e l’indicativa profanazione totale del processo penale russo, continuo a non capire perché il caso debba interessare l’opinione pubblica al di fuori dalla Russia e Ucraina.
E’ naturale che il fatto sia diventato un argomento discusso nella politica interna dei due Stati. Grazie, in parte, all’impegno di uno dei tre avvocati è diventato uno dei pochi temi della politica estera nella campagna elettorale statunitense. In quest’ultimo caso si tratta però più del ricorso a uno strumento estremo per salvare l’assistita in tempi brevi, salvarla possibilmente anche in senso fisico.
Non vedo però la ragione per parlare in questa sede di questa ennesima follia giudiziaria russa. Essa, come tante altre degli ultimi quindici anni, fa parte della politica interna. Cosa ne può fregare ai miei lettori?
In quale mente malata (e ignorante) è nata l’idea di definire le foreste «i polmoni della Terra»?
Se non sapete ancora che i polmoni servono per il consumo dell’ossigeno, prendete un libro di biologia e leggetevi il relativo capitolo. Una volta fatto ciò, aprite il capitolo sulla fotosintesi e scoprite che le foreste di giorno producono l’ossigeno, mentre di notte producono l’anidride carbonica.
Quindi per chiamare le foreste «i polmoni della Terra» ci vuole una grande fantasia.
Non siate fantasiosi fino al punto di apparire ignoranti.
Nel 2015 in Corea del Sud è uscito un film, il cui titolo (se ho capito bene) sarebbe «Il fronte occidentale». Da quando ho visto questa scena, sto pensando seriamente di doverlo vedere per intero:
L’unico problema è trovarlo in una lingua comprensibile.
Bisogna constatare, per l’ennesima volta, un fatto semplice e triste: la vasta quantità di materiali pubblicati quotidianamente sull’internet ha insegnato alla maggioranza delle persone di leggere solo i titoli degli articoli. E’ un comportamenti ridicolo, altrettanto ridicole sono le conseguenze.
Chi, per esempio, legge un titolo contenente le parole «sciopero dei mezzi» si convince subito che si fermi tutto e per tutto il giorno, quindi si mette a prendere d’assalto il primo mezzo di trasporto che incontra per strada.
I pochi geni capaci di leggere (e comprendere) pure il testo del relativo articolo, invece, possono accorgersi che a scioperare è un sindacato con tre iscritti oppure che l’inizio dello sciopero è previsto 9 (nove!!!) ore più tardi rispetto allo scattare del panico generale. Però passano per quelli che «non sanno niente».
Beh, a volte mi piace sentirmi un genio. Non mi è mai piaciuto, però, vivere in mezzo agli idioti.
Ieri pomeriggio ho visto delle foto curiose scattate vicino alla sede centrale di FSB. A giudicare dalle cartelle, si tratta dei materiali dell’archivio di KGB dell’URSS. Purtroppo, ma pure naturalmente, le guardie hanno reagito male all’impegno professionale del fotografo, non permettendogli di dare una occhiata ai contenuti.
Io, comunque, vi informo sulla furbizia della famosa organizzazione:
La fonte delle foto: http://varlamov.ru/1617856.html