Il 5 settembre è stato firmato il protocollo che ratifica la tregua in Ucraina. Chi è realmente interessato alla notizia può trovare facilmente almeno il riassunto dei punti principali. Io, invece, voglio solo esprimere una mia paura personale: che situazione fissata nell’accordo non sia temporanea.
Oggi sappiamo con certezza che la Russia partecipava al conflitto con i propri militari (che secondo le fonti ufficiali risultavano dei volontari perché in ferie) e i mezzi tecnici. Le sanzioni e le minacce occidentali non sembravano di produrre alcun effetto sulle scelte di Putin. E allora perché si è fermato tutto di colpo?
La guerra si è fermata perché l’accordo sulla tregua ha permesso di raggiungere l’obiettivo minimo russo: creare all’interno dell’Ucraina una entità territoriale non annessa ma destabilizzante. Una entità capace di esplodere in qualsiasi momento e, con il solo fatto della sua esistenza, ostacolare l’avvicinamento dell’Ucraina all’UE e alla NATO. Sì, ricordiamo che pure la NATO è da almeno vent’anni una organizzazione puramente burocratica che esiste solamente allo scopo (e grazie al) del continuo allargarsi.
Ma la guerra è combattuta da almeno due parti, e allora perché si è fermata pure la parte ucraina? Si è fermata non solo perché sapeva di disporre di un esercito inadeguato. Si è fermata, molto probabilmente, perché l’attuale presidente non si sentiva in condizione di offrirsi responsabile di altre perdite umane. Queste ultime gli avrebbero molto probabilmente fatto ripetere la ingloriosa fine del suo predecessore. Presento le mie condoglianze a tutti coloro che vivono in mondo regolato solo dai valori umanitari.
Riassumo. Nel Sud-Est ucraino sta per nascere una specie di «striscia di gaza» governata da «hamas» locale: con l’economia non ricostruita dopo la guerra, i cittadini normali non rientrati, senza un governo determinato a cambiare la situazione. Però al momento giusto attaccherà il vicino per poi accusarlo di aggressione ingiustificata e crudele.
Spero di sbagliarmi in negativo.