Una delle scomodità più grandi del nostro mondo è la totale assenza delle mappe (o è meglio dire piante?) dei cimiteri.
Immaginiamo di avere saputo che un nostro parente, amico o conoscente è sepolto al cimitero X. Immaginiamo anche di voler andare a trovare la sua tomba…
Ecco, una volta arrivati al cimitero, siamo costretti a girare per ore come dei fantasmi persi fino al momento di imbattersi – per caso! – nella tomba giusta. Finché si tratta di un cimitero bello come il Monumentale di Milano, la rottura dei co****ni è un po’ meno forte, ma sempre sensibile: fatichiamo comunque a raggiungere il nostro obbiettivo.
Perché in nessun cimitero esiste un catalogo pubblico delle tombe con l’indicazione di esse sulla pianta? Non è così difficile da realizzare.
L’archivio della rubrica «Urbanistica»
Per l’anniversario dell’11/9 è stata riaperta – restaurata – la stazione della metropolitana newyorkese che si trova(va) proprio sotto le Twin Towers.
Rileggete bene queste parole semplici: è stata riaperta la stazione.
Qual è la morale di questa notizia? I problemi, anche quelli gravissimi, di una stazione della metropolitana non possono e non devono causare il blocco della intera linea. Purtroppo dubito che i costruttori delle nuove linee della metropolitana milanese siano capaci di comprendere e/o di mettere in pratica tale principio.
Una abitante di Edimburgo volle atrezzare la propria casa con un impianto di sollevamento per le carrozzine. Allo stesso tempo, però, non volle storpiare la facciata della palazzina d’epoca con un meccanismo tipico. Grazie alla combinazione giusta di questi due voleri è stata progettata una soluzione bellissima, che ora si sta diffondendo in tutto il Regno Unito:
Mi dispiace veramente tanto che in Italia non ci abbia pensato nessuno, un sacco di palazzi storici è stato rovinato dalla gente priva di fantasia o tirchia.
NB: avverto la gente povera di cervello che il presente post non è rivolto contro i disabili o le neo-mamme.
Dopo un anno di sperimentazione (svoltasi su alcuni incroci stradali di Mosca) i cui esiti sono stati valutati in modo positivo, nel codice stradale russo sta per essere inserita ufficialmente la «waffeliera». Si tratta di una particolare segnaletica orizzontale a rombi applicabile su incroci particolarmente trafficati: in base alla legge ai mezzi è vietato fermarsi nell’area coperta da tale «rete». A chi viola la regola arriva la multa (secondo il progetto di legge russo la multa sarà di 1000 rubli, circa 14 euro).
Foto di Aleksandr Shumsky
L’obbiettivo che si vuole raggiungere con tale tipologia di segnaletica è la fluidificazione del traffico evitando a) un sistema di semafori che quasi sempre impone delle pause inutili a tutti, e b) le situazioni come questa:
Non è una invenzione russa, questo metodo di organizzare il traffico è già in uso in diversi Stati, tra i quali anche gli USA. In inglese, per esempio, l’incrocio a rombi si chiama «box»:
Foto di Artemy Lebedev
In Italia il «box» stradale è ignoto pure alla Wikipedia (quindi aggiungo il link inglese), ma in realtà sarebbe molto utile in diverse città. In Russia è già stato realizzato in una molteplicità di modi.
Foto di Aleksandr Shumsky
Ogni designer deve avere la capacità di immaginare il futuro della propria opera nella vita reale.
Alcune opere fragili, per esempio, non sono compatibili con i luoghi pubblici frequentati dalle persone mentalmente immature.
Sbagliando si impara. Ma gli effetti degli sbagli dei designer rimangono tra noi, i consumatori finali.
Il designer Tizio ha progettato una sezione del parcheggio per le biciclette.
Il designer Caio ha progettato la disposizione dei parcheggi per le biciclette vicino alla sede di una banca.
Il manager Sempronio ha approvato il lavoro svolto da Tizio e Caio e ha ordinato la sua realizzazione materiale.
Tanti piccoli Mario hanno eseguito l’ordine di Sempronio.
Tanti piccoli Luigi, i veri destinatari dell’intera opera, hanno però continuato a legare le loro biciclette al recinto. Perché si è manifestato un simile fenomeno? No, non si è manifestato perché i piccoli Luigi disprezzano il lavoro di Tizio, Caio, Sempronio e Mario. Il fenomeno si è manifestato perché Tizio, Caio e Sempronio hanno delle scarse conoscenze della vita reale: non sanno che la gente lega le biciclette per proteggere dal furto anche il telaio, e non solo una ruota dell’intera bicicletta. I designer hanno dunque fallito.
Per correttezza bisogna constatare, però, che non tutti i ciclisti sono ancora in grado di legare i propri mezzi di trasporto in modo sicuro. Ma loro, almeno, capiscono tutto dopo il primo furto subito.
Come forse sapete, il 2 febbraio 2016 è entrata in vigore la legge n. 221 del 28 dicembre 2015. Tale norma regola alcuni aspetti del rapporto tra il cittadino e l’ambiente circostante. L’articolo 40, in particolare, vieta «l’abbandono di mozziconi dei prodotti da fumo sul suolo» (comma 3) e consente di sanzionare i trasgressori con una multa da 30 a 300 euro (comma 3 lettera b).
Inoltre, lo stesso articolo obbliga i Comuni a «installare nelle strade, nei parchi e nei luoghi di alta aggregazione sociale appositi raccoglitori per la raccolta dei prodotti da fumo» (comma 1 lettera a).
E ora passiamo a una storia più interessante: il conflitto tra la norma di legge e la vita reale. Sapete quale città italiana, tra tutte quelle che mi è capitato di vedere finora, è meno attrezzata per l’applicazione della legge di cui sopra? Quella città si chiama Milano.
Facciamo un breve excursus storico. Nella prima metà degli anni 2000, quando io e Milano ci siamo appena conosciuti, tutti i cestini milanesi erano ancora fatti così (un po’ brutti ma con posacenere incorporati, anche se spesso rotti):
Nella seconda metà degli anni 2000 la maggior parte di quei cestini è stata sostituita (in centro città) da quelli cilindrici, sprovvisti da posacenere. A quel punto mi ero un po’ rammaricato: avevo appena acquisito l’abitudine di spegnere e buttare via i mozziconi in una maniera civile. Vabbè, almeno si poteva spegnere sul bordo piatto del cestino.
Il nuovo decennio ha portato a Milano un nuovo modello di cestini, ancora una volta non Continuare la lettura di questo post »
Mi capita spesso di sentire delle affermazioni sulla presunta inutilità dei telefoni pubblici nelle città (quelle occidentali almeno). Sicuramente avete sentito anche voi qualcosa del genere. Magari siete voi stessi a dirlo. Io, invece, dico che affermarlo è sbagliato e che solo una persona avanti con l’età e con la mente chiusa potrebbe sbagliarsi in tal modo.
E’ assolutamente vero che oggi i cellulari li hanno anche i topi del macellaio all’angolo, ma ricordiamoci anche che, indipendentemente dal tipo di contratto, l’uso del cellulare comporta delle spese sensibili. Particolarmente sensibili in quella giovane età, quando le disponibilità economiche non corrispondono alla necessità di comunicare con gli altri. Gli «under 40» si ricorderanno, probabilmente, quella frase pronunciata centinaia di volte nel corso della propria vita studentesca: «Non ho soldi sul cell…»
Pensiamo ora alle persone più adulte. Coloro che viaggiano tanto sanno che in alcuni Stati non è facile trovare un rivenditore delle schede sim locali. Mentre il roaming costa quanto un mutuo per la casa. E tutti coloro che usano gli smartphone sanno benissimo con quale velocità si scaricano le loro batterie.
Insomma, i telefoni pubblici servono ancora, e tanto. E’ che bisogna piazzarli nei posti giusti: vicino alle scuole e università, luoghi di alto interesse turistico, stazioni ferroviarie, aeroporti etc. In altre zone, invece, servono solo permettere l’affissione dei cartelli pubblicitari.
La nostra fregatura sta nel fatto che le decisioni sulla sorte dei telefoni pubblici vengono prese dalle persone adulte, chiuse tutto il giorno nei propri uffici, benestanti e dotati di una memoria troppo corta.
P.S.: fino a circa dieci anni fa, quando le vere cabine telefoniche erano ancora relativamente diffuse in tutto il mondo, le utilizzavo per rispondere al cellulare. Infatti, quando mi chiudevo dentro, esse mi proteggevano abbastanza bene dai rumori della strada.
Possiamo prendere in giro all’infinito i cinesi per il fatto che copiano tutto (o quasi) dagli occidentali. Ma a volte capitano delle situazioni in cui bisognerebbe copiare da loro. Nella sede milanese del Bank of China (un palazzo d’epoca in pieno centro: via Santa Margherita 14/16) hanno trovato una bellissima soluzione al problema dei parcheggi.
In pratica, hanno trasformato in parcheggio un semplicissimo piano sotterraneo, dove le macchine vengono calate con una banale piattaforma elevatrice.
Il successore dell’attuale assessore comunale alla mobilità farebbe bene a presentare un piano per la conversione di tutti i piani sotterranei milanesi. In questo modo si riuscirà a rendere le strade della città molto più libere e quindi più facilmente percorribili.
Il Primo ministro russo Dmitry Medvedev ha firmato oggi una piccola riforma del codice della strada russo. Il documento apporta 6 novità alle regole esistenti, ma io vorrei menzionarne solo una.
Ebbene, anche in Russia sono state autorizzate le strisce pedonali in diagonale agli incroci. Chi di voi pensa che fosse una cosa di dubbia utilità, provi a ricordare quante volte dovette fare un percorso fastidiosamente lungo per arrivare dall’altra parte di un grosso incrocio.
A questo punto vi propongo di lottare affinché anche in Italia venga fatta una riforma altrettanto ragionevole.