Ieri, il 14 giugno, c’è stato il 160-esimo anniversario dalla nascita dello psichiatra e neuropatologo tedesco Aloysius «Alois» Alzheimer.
Ovviamente, nessuno se n’è ricordato.
Nemmeno chi sta leggendo ora questo post.
Riflettete.
L’archivio della rubrica «Senza categoria»
Ho chiesto ad alcuni AI: nemmeno loro sanno bene cosa siano quei «41».
Di conseguenza, le rappresentazioni grafiche sono tutte un po’ così…
Nei giorni scorsi la mia collezione di monete si è arricchita di alcuni preziosi esemplari. Uno di essi è il rublo sovietico commemorativo, emesso nel 1989 per i 175 anni dalla nascita del poeta ucraino Taras Shevchenko (considerato uno degli artefici della letteratura ucraina e della lingua ucraina contemporanea):
Probabilmente, qualche volta potrei usare la foto di questa moneta in qualità di una immagine di profilo (visto che la forma rotonda ci è imposta su quasi tutti i siti già da un po’ di anni). Ho pure i baffi in una certa misura simili! In ogni caso, sarà un trucco tecnico esteticamente più bello e originale di una bandierina applicata sopra una foto propria. E, ovviamente, non significa assolutamente che sono un nostalgico dell’URSS (è in realtà è proprio al contrario).
P.S.: a tutti coloro che non lo sanno comunico che il dritto delle monete commemorative sovietiche era identico a quello delle monete normali. Eccolo sempre sulla stessa moneta di cui sopra: Continuare la lettura di questo post »
La data odierna è poco adatta alle pubblicazioni divertenti: quando ci svegliamo, dobbiamo pensare solo a riprenderci dal grande divertimento appena fatto (anche se in modo adeguato ai tempi che corrono). Quindi ripetiamo una grande verità…
Probabilmente non lo sapevate.
Oppure speravate che qualcuno fosse più fortunato di voi.
Ma, in ogni caso, non fa assolutamente male ripeterlo.
Ebbene, ho una notizia triste per voi: in tutto il mondo occidentale – e non solo per voi – il primo gennaio è una giornata inesistente.
La gente si sveglia di pomeriggio, si rende conto di non poter bere o mangiare, non sa di preciso cosa avesse fatto prima di essersi addormentata e cosa dovrebbe fare ora. Nel momento in cui le persone riacquistano una minima parte della capacità di intendere e volere, è già la sera.
Nel frattempo le vie delle città restano vuote, non succede alcunché in giro per il mondo.
In sostanza, sui libri scolastici si potrebbe tranquillamente scrivere che un anno normale ha 364 giorni. E ciò sarà vero.
In conclusione del post illuminante di oggi vorrei esprimere le mie più sincere condoglianze a tutti coloro che l’1 di gennaio sono costretti ad andare al lavoro. Nella prossima vita verrete premiati generosamente.
P.S.: oh, ma posso vedere il trailer del 2024?!
La data odierna è poco adatta alle pubblicazioni divertenti: quando ci svegliamo, dobbiamo pensare solo a riprenderci dal grande divertimento appena fatto (anche se in modo adeguato ai tempi che corrono). Quindi ripetiamo una grande verità…
Probabilmente non lo sapevate.
Oppure speravate che qualcuno fosse più fortunato di voi.
Ma, in ogni caso, non fa assolutamente male ripeterlo.
Ebbene, ho una notizia triste per voi: in tutto il mondo occidentale – e non solo per voi – il primo gennaio è una giornata inesistente.
La gente si sveglia di pomeriggio, si rende conto di non poter bere o mangiare, non sa di preciso cosa avesse fatto prima di essersi addormentata e cosa dovrebbe fare ora. Nel momento in cui le persone riacquistano una minima parte della capacità di intendere e volere, è già la sera.
Nel frattempo le vie delle città restano vuote, non succede alcunché in giro per il mondo.
In sostanza, sui libri scolastici si potrebbe tranquillamente scrivere che un anno normale ha 364 giorni. E ciò sarà vero.
In conclusione del post illuminante di oggi vorrei esprimere le mie più sincere condoglianze a tutti coloro che l’1 di gennaio sono costretti ad andare al lavoro. Nella prossima vita verrete premiati generosamente.
P.S.: oh, ma posso vedere il trailer del 2023?!
Ci sono dei grandi anniversari che capitano al momento storico giusto…
Il 26 dicembre 1882 – esattamente 140 anni fa – l’inventore americano James A. Williams di Fredonia (Texas) ottenne il brevetto per una trappola per topi che nella sua struttura comprendeva una rivoltella (potenzialmente poteva essere utilizzata anche quella del calibro .45LC). In base ai dati contenuti nella descrizione del brevetto, la trappola consisteva in una piattaforma di legno con una molla, un fermo e un cuscinetto per il grilletto.
In base alla semplice idea dell’inventore, il topo premeva il cuscinetto del grilletto, la molla si metteva in movimento spingendo il gancio, il quale, a sua volta, premeva la guardia del grilletto della rivoltella: a questo punto partiva il colpo… Provate ora a immaginare la superficie della casa ricoperta dai frammenti del topo sparato a bruciapelo con una rivoltella!
Probabilmente anche i potenziali acquirenti di questa trappola riuscirono a immaginare l’entità delle conseguenze del suo funzionamento. Noi, al giorno d’oggi, non sappiamo quante trappole di questo tipo furono prodotte. Anzi, non sappiamo se ne fu prodotta o venduta almeno una.
Però sappiamo che Williams anticipò l’idea della trappola per topi di un altro inventore americano: William O. Hooker di Abingdon (Illinois). Quest’ultimo brevettò la propria invenzione dodici anni più tardi, nel 1894. Il dispositivo di sua invenzione è una classica trappola per topi che conosciamo tutti: con un cuscinetto a scatto con esca e una leva per colpire e uccidere l’animale.
Nel 1898 una trappola analoga fu brevettata dall’inventore britannico James Henry Atkinson. Il suo dispositivo fu chiamato Little Nipper; successivamente fu modernizzato con l’introduzione dei cuscinetti a scatto capaci di rispondere alla presenza degli animali con un peso corporeo superiore a quello prestabilito dal meccanismo.
Un altro personaggio riconosciuto come l’inventore della «classica» trappola per topi è l’armaiolo britannico Hiram Stevens Maxim (meglio conosciuto come il creatore della leggendaria mitragliatrice Maxim e dell’inalatore al mentolo per l’asma). Ora potremmo logicamente chiederci: se Maxim fosse stato un texano, la sua trappola per topi sarebbe stata dotata di una mitragliatrice? Nel caso della risposta positiva dobbiamo riconoscere: sarebbe stata molto più efficace di quella con una rivoltella!
Non so se qualcuno se lo ricorda, ma per il 21 (o il 23) dicembre 2012 – quindi per 10 anni fa – era «programmata» la cosiddetta fine del mondo secondo il calendario maya. In quella data «doveva» esserci stato un cataclisma globale o una trasformazione globale del mondo.
Ora mi stupisco tanto che nessun amante del paranormale o delle magie varie abbia ancora ripreso quella storia per raccontarci che i maya «hanno sbagliato esattamente di dieci anni». Infatti, in qualsiasi profezia può essere trovata la conferma di qualsiasi evento accaduto dopo la sua pubblicazione / diffusione.
Altrettanto strano è il fatto che non mi sia ancora capitato di leggere di alcuna presunta profezia dedicata specificatamente alla guerra in Ucraina (oppure l’ho saltata a causa della disattenzione?).
In ogni caso, inizio a preoccuparmi per la sorte dei fan delle varie abilità soprannaturali: non potevano certo diventare tutti, di colpo, intelligenti e istruiti. Quindi il loro silenzio non si spiega.
P.S.: allo stesso tempo, dobbiamo ricordare che tutte quelle persone che credono nel paranormale sono bravissime ad adeguare la propria fede agli eventi che accadono nella vita reale. Di conseguenza, quelli della fine del mondo hanno delle buone possibilità di dire «avevamo ragione: i maya si sono sbagliati di dieci anni».
Come avrete già letto, la Commissione europea ha finalmente trovato il modo di limitare l’import del petrolio russo senza mettere in difficoltà alcuni Stati-membri. Sarà vietato solo l’import via mare (e non via gli oleodotti), il quale costituisce comunque più del 75% dell’import russo. Si programma di aumentare tale quota – entro la fine del 2022 – fino al 90%.
Le conseguenze economiche a breve termine sono banali ed evidenti: i prezzi del petrolio (e quindi dei prodotti derivanti da esso) cresceranno.
Non tutti, però, sono capaci di immaginare le conseguenze logistiche e produttive. A breve termine la Russia non riuscirà a esportare più petrolio via gli oleodotti: questi ultimi vengono già impegnati quasi al 100% delle loro capacità in tutte le direzioni (non solo verso l’Europa). A medio termine la Russia potrebbe tentare di esportare il petrolio via mare verso l’Asia: ma gli Stati asiatici non hanno bisogno di aumentare sensibilmente i volumi d’acquisto e, sicuramente, sfrutteranno la situazione per ottenere degli sconti (a questo punto il prezzo potrebbe iniziare a scendere / smettere di crescere su scala globale). A lungo termine, infine, vedremo la ridistribuzione dei mercati del petrolio: la Russia venderà di più all’Africa e all’Asia, mentre i fornitori (ormai ex) di questi ultimi venderanno all’Europa (e a questo punto la situazione si stabilizza).
Non bisogna essere un genio di economia per giungere alle suddette conclusioni.
Però è importante capire che la riduzione del finanziamento della guerra (che avviene anche con l’acquisto delle materie prime russe) deve essere una operazione a breve termine non solo per delle ragioni economiche.
Se ci si organizza come si deve, andrà tutto bene (ops, quelle tre parole non ci vogliono lasciare…).
Le ultime avventure sfortunate della nave ammiraglia russa – delle quali ho scritto ieri – sono avvenute a relativamente poche ore da un triste anniversario. Sfrutto quindi l’occasione per scrivere di un argomento un po’ lontano da questa guerra…
Quattro anni fa mi era già capitato di scrivere in dettaglio delle avventure di Arthur John Priest, il fuochista che sopravvisse al naufragio di ben sei navi – compreso quello di Titanic – nonostante l’evidente difficoltà di uscire velocemente dalla sala macchine. Dopo la Prima guerra mondiale Priest non riuscì più a trovare il lavoro su alcuna nave (era un tipo in un certo senso fortunato ma, anche secondo il suo stesso parere, non convinceva di portare fortuna agli altri) e morì a casa propria, di polmonite, all’età di 49 anni nel 1937.
Oggi, in occasione del 110-esimo anniversario del naufragio del Titanic, vorrei raccontare di una coetanea e quasi collega di Priest che ebbe meno occasioni per provare la propria fortuna (comunque notevole) ma fece una vita decisamente migliore.
Violet Constance Jessop iniziò la propria carriera di hostess nel 1908 e nel 1911 fu assunta dalla compagnia White Star Line: uno dei leader dell’epoca nei trasporti transoceanici. La prima esperienza lavorativa della signorina Jessop con questa azienda fu alla «Olympic» (nave gemella del «Titanic»). La nave fu speronata dall’incrociatore «Hawke» il 20 settembre 1911.
Il 10 aprile 1912 Jessop prese servizio al «Titanic», la cui sorte è ben nota a tutti. Al momento dello scontro con l’iceberg, Violet si era ormai quasi addormentata dopo avere finito l’ennesimo lungo turno di lavoro, ma alla fine fece in tempo a salire sul ponte e prendere posto alla scialuppa № 16.
La terza esperienza nautica di Violet Jessop che ci interessa in questa sede è del 1916, quando in qualità di una infermiera della Croce Rossa Jessop finì sulla nave «Britannic» (gemella di «Olympic» e «Titanic»). Il «Britannic», essendo stato completato alla fine del 1915, non fece nemmeno un viaggio commerciale ma fu trasformato in una nave-ospedale. Il 21 novembre 1916 la nave si scontrò con una mina navale tedesca e affondò con la velocità tripla del «Titanic» per una serie motivi in parte legati alla modalità di utilizzo. Violet Jessop si trovò su una delle due scialuppe fatte scendere troppo presto, ma non fu uccisa dalle eliche della nave ancora funzionanti perché fece in tempo a buttarsi in acqua (ma si procurò un trauma cranico picchiando la testa contro la chiglia).
Essendo sopravvissuta, dopo la fine della guerra continuò a lavorare per la White Star Line. Successivamente si trasferì alla Red Star Line e poi alla Royal Mail Line. Nel 1950 andò in pensione. Morì il 5 maggio 1971 di broncopolmonite aggravata dalla insufficienza cardiaca cronica.
E Arthur John Priest? Perché fu non solo un coetaneo della Violet Constance Jessop (entrambi nacquero nel 1887) ma anche un quasi-collega? Perché anche egli lavorò (salvandosi sempre) sulle navi «Olympic», «Titanic» e «Britannic»: si tratta dei più famosi tra i suoi sei naufragi.
Non so quale dei due personaggi possa essere considerato più fortunato…
L’azienda britannica Dyson (nota al largo pubblico prevalentemente per gli aspirapolvere, asciugamani e ventilatori) ha pubblicato i risultati della propria ricerca annuale sulla polvere. Nell’ambito di quella ricerca vengono costantemente studiate le abitudini delle persone legate alle pulizie delle proprie abitazioni.
In particolare, la Dyson ha rilevato che nel 2021 il 95% degli intervistati ha fatto le pulizie con la stessa o maggiore frequenza dell’anno precedente, ma il 44% è motivato a fare le pulizie solo se lo sporco e/o la polvere in casa sono visibili a occhio nudo. Nella ricerca annuale precedente la seconda risposta era stata data solo dal 33% degli intervistati. Fino a questo punto non vedo alcunché di interessante (in effetti, la gente passa molto più tempo a casa), tranne il fatto che avrei potuto aspettarmi una percentuale sensibilmente più alta.
I risultati più strani sono altri: nella ricerca si pone una certa attenzione sul fatto che il 72% non usa l’aspirapolvere per i materassi e il 90% non la usa per le finestre.
Per me sono dei «risultati» strani perché non riesco a immaginare una persona mentalmente sana che decida di disfare il letto per pulire il materasso con l’aspirapolvere. Come fa la polvere a raggiungere il materasso sempre coperto da più strati di tessuto? Non diventerà più sporco di prima dopo il passaggio con l’aspirapolvere? Boh…
Non riesco a immaginare nemmeno una persona mentalmente sana che possa proporre una domanda del genere agli intervistati, ma gli interessi economici del produttore degli aspirapolvere qualcosa spiegano.