L’archivio della rubrica «Saggezza»

L’utilità delle frazioni

Negli USA per molti anni gli automobilisti hanno rubato i cartelli stradali con i numeri 69 e 420. Ciò accadeva perché molte persone associano il numero 69 con una posizione della Kamasutra (come se fosse l’unica che conoscono) e il numero 420 con il consumo della cannabis (negli USA esiste la campagna «420» che invita la popolazione a lottare per la legalizzazione della cannabis, le azioni di protesta si svolgono il 20 aprile di ogni anno).
Nella ricerca del modo di fermare i furti dei cartelli, a qualche funzionario è venuta in mente l’idea interessante di scrivere su di essi «68,9 miglia» e «419,9 miglia» al posto dei vecchi valori.
Ricordatevi di questo metodo la prossima volta che dovete inventare una forma di protezione di qualcosa. La sola fantasia può fare molto.


L’arte dei regali

Per i miei amici cattolici (reali o formali) la festa più importante del periodo è già passata. Per me, invece, deve ancora arrivare. Ma posso già (o ancora) scrivere dell’unico elemento comune: i regali. Non so se il fare i regali (non importa se per Natale o per altre occasioni) debba essere definito una arte o una scienza. La prima parola è più «poetica», mentre la seconda sottolinea l’aspetto sistemistico dell’affare.
«Cosa c’entra l’aspetto sistemistico?», chiederanno i miei lettori.
E io rispondo che per fare i regali in modo sensato (quindi non comprando la prima cosa che capita cinque minuti prima dell’atto del dono) bisogna comprendere bene alcuni concetti.
Per esempio, le persone che fanno i regali da più anni allo stesso insieme di persone, prima o poi iniziano ad avere dei dubbi sui regali già fatti nelle occasioni precedenti. Il sottoscritto, per esempio, anni fa ebbe il sospetto di avere regalato lo stesso libro alla stessa persona per ben tre volte. Tale figuraccia si evita in un modo abbastanza semplice: facendo la lista dei regali già fatti a tutti i parenti e amici. La lista — che sia in formato digitale o analogico — va conservata in un posto sicuro e aggiornata dopo ogni regalo fatto.
Per ogni persona della suddetta lista, in realtà, andrebbero fatti due elenchi separati: i regali già fatti e le idee per i regali da fare in futuro. Perché il secondo concetto da sapere è: le persone esprimono i desideri (spesso inconsciamente) nei momenti più strani: settimane o mesi prima del compleanno o del Natale. Ma la nostra memoria incorporata non è infinita, quindi ci facciamo aiutare dal nostro elenco.
Al secondo concetto è strettamente legato il terzo, banalissimo. Un regalo deve essere pensato per la persona che lo riceverà. Se facciamo un regalo, significa che conosciamo almeno un po’ la persona e sappiamo almeno qualcosa sui suoi interessi e preferenze. Un regalo personale difficilmente verrà buttato, dimenticato nell’armadio, girato a un’altra persona o addirittura venduto.
Per un bambino o un neo-ragazzo conviene regalare una cosa monouso o un regalo-festa, ma non un giocattolo. Un qualsiasi giocattolo, anche il più bello del mondo, attrae l’attenzione del possessore solo nel corso della prima giornata. Successivamente viene usato una volta al mese e nella metà dei casi solo per caso. Con le bolle di sapone si può creare quasi sempre tanto divertimento, mentre con i giocattoli bisogna impegnarsi.
Un buon regalo non deve comportare delle spese di gestione eccessive. Per esempio, non è bellissimo regalare una Ferrari a un parente che da anni campa con i contratti da stage e apprendistato. Lo stesso vale per i regali palesemente inutilizzabili: per esempio, uno schermo da duecento pollici regalato a una persona che vive in una casa di 30 metri quadri.
Esistono anche tanti altri concetti, che per ora però non mi vengono in mente. Prometto di pubblicarne qualcuno tra un anno.
Nel frattempo concludo con la citazione presa da un bellissimo film russo: «Amare significa capire cosa serve alla persona e darle quella cosa». Sebbene la frase sia di una portata infinitamente più ampia, può essere applicata anche alla missione della scelta dei regali per le persone importanti della nostra vita.


«Un mio conoscente»

A volte è bello osservare come parlano le persone.
Quando una persona vi racconta che «un mio conoscente ha fatto…» oppure «una mia conoscente ha detto…», sappiate che si tratta di una persona ben determinata e abbastanza importante per colui che racconta. Di conseguenza, non è opportuno rispondere con un «quel tuo conoscente è un coglione»: tale affermazione sarà percepita come molto offensiva dal vostro interlocutore.
In quasi la totalità dei casi dietro alla espressione «un mio conoscente» viene nascosto un/a «ex» (o «attuale»), il capo, un collega, il migliore amico, un parente etc.
Quindi state attenti.


Il cibo sano

Il concetto del «cibo sano» è una delle più grosse stronzate del mondo. Se non mangiate l’asbesto e non bevete l’acido solforico, tutto quello che mangiate è sano. Una persona che mangia continua a vivere. Una persona che non mangia schiatta molto prima (e molto peggio) di quella che mangia.
Ogni generazione ha dei propri stereotipi alimentari: si può mangiare i grassi, non si può mangiare i grassi, poi di nuovo si può. L’unica cosa certa è che si può mangiare qualsiasi cosa. Più il cibo è vario meglio è. Non esiste un solo prodotto infinitamente positivo per la salute. Anzi, ogni prodotto esistente nella natura produce – in una misura più o meno rilevante – anche qualche effetto negativo. Inoltre, se tutti i giorni mangiate solo le carote, non solo non diventate perfettamente sani, ma vi rompete pure il cazzo vi annoiate pure.
Le patatine fritte e la Coca-Cola fanno male solo quando la persona non mangia null’altro. Chi mangia solo le mele si danneggia altrettanto gravemente.
Insomma, siate sereni e mangiate tutto ciò che volete.


Comunicare

È abbastanza curioso scoprire quante persone occupate nell’IT non conoscono il potentissimo mezzo di comunicazione chiamato e-mail. Ovviamente capisco che si tratta di uno strumento di recente invenzione (è nato relativamente pochi decenni fa) e non tutti hanno già avuto modo di scoprirlo o solamente sentirlo nominare. Allo stesso tempo, una persona che lavora in uno dei settori più soggetti al progresso dovrebbe dimostrare una maggiore capacità di aggiornarsi. Indipendentemente dal fatto che sia un lavoratore dipendente non licenziabile, un precario, un lavoratore autonomo o il capo/proprietario di una azienda privata.
Porco Byte, posso non avere la possibilità di rispondere alla telefonata per 1024 motivi. Sto dormendo perché lavoro di notte. Sto intensamente pensando sulla soluzione di un problema colossale. Sto scrivendo una poesia per la donna dei miei sogni (oppure sto rimediando le conseguenze della sua lettura). Sto guidando una auto semi rotta in mezzo a un campo minato seguendo una mappa usurata. Assomiglio tantissimo all’autore di questo blog che odia parlare al telefono. Banalmente, non mi sono accorto della telefonata.
Apprezzo tantissimo tutti quei miei clienti e datori di lavoro che mi contattano (spesso sin dalle prime volte) via e-mail o altri messaggi scritti. Dimostrano di avere il rispetto del mio tempo.


Una sottile differenza

Sapete qual è la differenza tra un headhunter e un recruiter? La risposta esatta non suona come «è la stessa figura professionale».
Un headhunter studia la propria potenziale «preda» con tutti gli strumenti disponibili (il solo internet ne offre già tantissimi) per capire se è una persona realmente utile, competente, vendibile etc.
Un recruiter, invece, è un ometto che ritiene sufficiente trovare sui vari database (LinkedIn e simili) delle persone le cui competenze corrispondono alle parole-chiave fornite dal capo e/o dal cliente. Per esempio: cerchiamo tutti coloro che hanno utilizzato il termine – che ne so io – albero. «Pronto, buongiorno, parlo con il signor Tizio Caio? Stiamo cercando una figura di meccanico per la officina all’angolo…»
Io, purtroppo, ricevo pochissime telefonate dai primi e tantissime dai secondi. E mi arrabbio tantissimo, perché per l’ennesima volta una telefonata che apparentemente avrebbe potuto cambiare la mia vita si rivela in realtà una operazione meccanica di chi non ha fatto lo sforzo di leggere il mio CV.
Ma porco Zeus! Leggerlo era il tuo lavoro! Che cazius stai a fare lì? Vai a fingere di essere una foca in spiaggia che siamo in agosto! Il mio tempo costa!
Ehm, scusate.
Insomma, mi rivolgo a tutti i specialisti delle risorse umane. Non siate dei deficienti pigri e annoiati recruiter. Lavorate bene e crescete professionalmente fino a diventare dei headhunter. In tal modo ci aiuterete tutti a finire in una realtà economica migliore.


Il vero motivo dei malfunzionamenti

Non riuscite a eseguire una operazione semplice? Tentate le vie più improbabile per riuscirci? Bestemmiate e prendete a calci gli oggetti incolpevoli perché non state riuscendo comunque?
Calmatevi e ricordatevi il mio saggio consiglio: di solito le situazioni del genere succedono perché avete fatto qualche errore banalissimo in partenza. Talmente banale che non vi passa nemmeno per la mente di controllarlo.
Per esempio: se improvvisamente avete perso la capacità di camminare, probabilmente avete legato le scarpe tra esse con i lacci. Se non riuscite ad accendere una stampante, controllate se è attaccata alla presa. Se non riuscite a far funzionare un sito web come si deve, controllate se vi state collegando al DataBase corretto…
Ecco, a me è successa proprio quest’ultima cosa. Quindi prima di ricordarmi della regola alla quale è dedicato il post odierno, ci ho messo più di due settimane a capire perché il mio blog italiano si rifiuta ad aprirsi sul mio sito rifatto. Di conseguenza, vi racconto di due semplicissimi trucchi che spesso utilizzo per far funzionare il mio cervello debole e pigro (in realtà ne ho inventati anche tanti altri, prima o poi ne parlerò):
1) Se un problema non si risolve un una giornata, è inutile perdere ulteriore tempo. Lasciatelo da parte per tornarci tra qualche tempo. Quando e se ci tornerete, rivedendo il problema per ricordarvi in cosa consiste, molto probabilmente troverete subito quel errore banale.
2) Se si tratta di un problema da risolvere urgentemente, fatelo vedere a una persona terza. non conoscendo i dettagli e, di conseguenza, non dando alcunché per scontato, quella persona troverà in poco tempo l’errore banale. Nel chiedere (e dare) dei consigli non è una cosa negativa: chiedendoli «rischiate» a imparare delle cose nuove.
Spero di esservi stato d’aiuto.
Se siete tanto fortunati da non avere dei problemi pendenti, andate a vedere il nuovo design del mio sito e segnalatemi tutti gli errori / problemi / malfunzionamenti / cose illogiche o esteticamente brutte che notate.
Inoltre, sulla prima pagina del sito è ora disponibile un piccolo sondaggio.


Come pesare i bagagli

Periodicamente riscopro che non tutte le persone sanno come pesare i bagagli con una semplice bilancia del tipo «pesapersone» da casa. In effetti, molto spesso non si riesce ad appoggiare sulla bilancia una valigia/borsa/zaino in modo che non cada o che non schiaccia su un lato della bilancia più che su un altro.

Eppure il metodo di pesare i bagagli è semplicissimo.

Bisogna salire normalmente sulla bilancia e misurare il proprio peso. Poi scendere dalla bilancia, azzerare il valore, prendere in mano il bagaglio, risalire sulla bilancia e misurare di nuovo il peso. Facendo la differenza tra i due valori ottenuti, scoprite facilmente il peso del vostro bagaglio.

Come avreste fatto senza la mia smisurata saggezza?


Una nuova regola

Le mie regole della vita si sono finalmente arricchite di un nuovo punto (se prefrite, legge o articolo):

Gli scrocconi vanno mandati affanculo. Sempre.

Tale regola è stata approvata all’unanimità dalla redazione del mio blog personale e d’ora in poi verrà rispettata con tutto il rigore dovuto a una norma di legge.

Dai lavori preparatori possiamo apprendere che gli scrocconi ci privano delle risorse materiali e temporali che avrebbero potuto essere utilissime per le questioni di importanza vitale nostre o delle persone alle quale ci teniamo veramente tanto. Quindi la nuova legge risponde pienamente alle necessità attuali della società civile.

Ovviamente, le leggi non vivono solo sulla carta (o internet). Altrettanto importante è la prassi. Quindi vi faccio subito alcuni esempi.

Esempio № 1
«Ciao, mi offri una sigaretta?»
«Certo! Eccola.»
«Hai anche da accendere?»
«Massì, visto che ci siamo…»
«Mi fai inviare un messaggio che ho finito il credito?»
«Vaffanculo!»

Esempio № 2
«Mi aiuti con questo esame che non sono capace di fare?»
«Non mi ricordo nulla della materia ma posso consigliarti un esperto».
«Ah, grazie, ma gli parli tu della mia situazione visto che il mio italiano è un po’ scarso?»
«Beh, non mi costa nulla…»
«Ah, mi presti dei soldi per pagargli qualche lezione?»
«Vaffanculo!»

Ogni coincidenza con gli avvenimenti della vita reale è puramente casuale.


Vestiti animaleschi

Per le persone che vestono i propri animali domestici io ho due proposte:

1) Indicare il loro livello intellettuale nullo su tutti i documenti;

2) Giudicarli per il maltrattamento degli animali.

Gente! Ricordatevi: l’unico animale ad avere i vestiti naturali insufficienti per reggere il freddo e la pioggia è l’umano. Tutti gli altri non hanno bisogno di vestiti artificiali (a meno che non debbano fare dei lavori pesanti o specifici) a causa, tra l’altro, di differenti produzione e consumo del calore corporeo.