L’archivio della rubrica «Russia»

Il perché della visita di Hollande

Nella notte tra il venerdì 5 dicembre e il sabato 6 dicembre un An-124-100 russo aveva fatto un atterraggio di emergenza nell’aeroporto nigeriano di Kano. Le possibili cause sono tre e ora non ci interessano.

Ci interessa, prima di tutto, il fatto che l’aereo appartiene a 224LO, una azienda controllata dal Ministero della Difesa russo. Da più di vent’anni questa azienda si occupa del traporto aereo commerciale nelle zone di guerra in tutto il mondo. Guadagnando, naturalmente, delle somme importanti per il Ministero.

In secondo luogo ci interessa il fatto che l’aereo in questione (numero RA-82038) stava effettuando il volo dalla capitale della Repubblica Sudafricana Bangui verso la capitale del Ciad N’Djamena. A bordo c’erano 18 russi e 2 francesi, 2 elicotteri Gazelle e le eliche di scorta, un fuoristrada blindato, diverse casse con i Kalashnikov etc. Tutto il carico era destinato, in teoria, alla base francese Istres-Le Tubé. A questo punto potete pure vedere il relativo manifesto di trasporto.

La prima reazione del Ministero degli Esteri russo è stata, come spesso capita, curiosa. In un primo momento è stata negata l’appartenenza dell’aereo alla Russia. In un secondo momento si è sostenuto che si tratterrebbe di un aereo russo con l’equipaggio francese. Poi, finalmente, è stata ammessa pure la composizione del personale a bordo. I due francesi, come ora sappiamo, erano degli ufficiali che stavano accompagnando il carico alla destinazione.

L’ambasciatore francese a Lagos, intanto, aveva precisato che l’aereo doveva trasportare solo i due elicotteri Gazelle con le eliche.

E’ abbastanza logico supporre, a questo punto, che tutte quelle armi il cui trasporto la Francia non aveva ordinato, erano in realtà un carico aggiunto di nascosto e destinato ad essere scaricato allo stesso modo in Nigeria. Perché è evidente che il movimento terroristico Boko Haram, attivo nella regione, pur non essendo in grado di produrre armi e munizioni (come tutto il resto, tranne le banane) se li procura da qualche parte. E tutti i Governi africani arrestano con una certa periodicità quegli aerei che trasportano i carichi bellici sospetti.

Evidentemente, questa volta i diplomatici russi e francesi sono riusciti a convincere il Governo nigeriano della appartenenza di tutto il carico all’esercito francese. Infatti, la sera dell’8 dicembre l’An-124-100 era stato rilasciato. A questo punto, però, dobbiamo chiederci sui veri motivi della visita improvvisa di François Hollande a Mosca il 6 dicembre.


Lo stop su South Stream

Come saprete dalle notizie dei giorni scorsi, la realizzazione del progetto South Stream è stata congelata da Vladimir Putin. Il motivo formale è costituito dagli ostacoli burocratici posti dalla Bulgaria. Questi ostacoli, però, derivano dalla posizione dell’Unione Europea che ha insistito, tra l’altro sulla modifica tecnica del progetto.

Ora che la decisione è stata presa e tutti (l’UE compresa) si sono agitati, io vorrei fare tre osservazioni:

1) Se l’Europa vuole ridurre la propria dipendenza dal gas russo, dovrebbe essere contenta della chiusura del progetto;

2) Se invece la costruzione il South Stream avrà (prima o poi) inizio, come si potrà conciliare l’esecuzione dei lavori con le future sanzioni promesse «contro la Russia»?;

3) La storia assomiglia tanto a quella delle sanzioni attualmente già applicate. Quando, per esempio, l’UE vieta la fornitura alla Russia dei macchinari e loro componenti per l’estrazione del petrolio, dobbiamo ricordare una cosa semplice: devono essere prodotti, trasportati e installati. Dunque si tratta di una sanzione che colpisce oggi l’Europa e solo tra qualche anno la Russia. Con South Stream potrebbe succedere la stessa cosa: l’UE di fatto blocca il progetto, quindi tra circa un anno la Russia non inizierà a vendere più gas, mentre le società europee già oggi perdono i contratti relativi alla costruzione del gasdotto.


Ogni uomo deve…

Oggi posto un video un po’ più attuale del solito, direi che è stato il video della settimana in Russia.

Il fatto è successo martedì 25 novembre nell’aeroporto della città di Igarka (la quale si trova all’interno del circolo polare, nella Regione di Krasnojarsk). Un TU-134, rimasto fermo per oltre 24 ore, doveva fare un volo di linea per trasportare 70 passeggeri. Fuori, però, è già l’inverno: ci sono la neve ed i –52°C. A questo punto le testimonianze iniziano a variare.

Secondo i testimoni oculari, l’aereo è stato fissato al suolo dal giaccio formatosi attorno al carrello. Secondo la versione della compagnia proprietaria (UTair), invece, è stato il rimorchiatore a non riuscire a superare la neve accumulatasi nella zona del parcheggio.

Ma il fatto rimane: i passeggeri hanno dovuto scendere a terra e spingere a mano l’aereo. Come scherza uno dei presenti, un uomo deve fare tre cose nella vita: «Piantare un albero, educare un figlio, spingere un aereo».


Il credito nazionale

Nel finesettimana appena passato ho appreso una notizia secondo me abbastanza divertente.

In pratica, alla fine di settembre una banca russa (FCRB) aveva concesso al noto partito francese «Le Front National» un prestito di 9 milioni di euro. Due di questi sono già stati trasferiti al partito di Marine Le Pen.

Potrei fare solo due piccole osservazioni su questa storia. La prima è abbastanza banale: ma è normale che un partito nazionalista (o quasi) si faccia finanziare dall’estero?

La seconda, invece, è di carattere storico. Una volta c’era l’URSS che finanziava la sinistra francese (e non solo quella), la Russia di oggi finanzia invece l’estrema destra. Cambia l’orientamento del finanziato ma il risultato voluto rimane il medesimo: avere il rappresentante (o il difensore) delle proprie posizioni politiche nella tana occidentale.

So che la legge francese consentirebbe le donazioni ai partiti politici solo da parte dei privati. E’ per questo che si parla di un credito. Ma un qualsiasi partito politico, come potete ben immaginare, è un buco nero finanziario: non ripagherà mai alcun debito.


Abbattuto con il Photoshop

Come tanti di voi sanno, un giorno prima del summit del G20 a Brisbane in Australia la televisione di Stato russa ha diffuso la seguente immagine:


(ecco la stessa immagine in un formato più grande)

Si è sostenuto che sarebbe una fotografia satellitare americana che testimonierebbe l’abbattimento del tristemente famoso Boeing di Malaysia Airlines da parte di un caccia (ucraino?). Tutti ormai sanno che si tratta di fake, piuttosto mal realizzato, ma io vi spiego brevemente il perché. Magari il mio racconto vi servirà per creare delle opere un po’ più credibili.
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Il settimo convoglio

Inizierei la nuova settimana con un argomento leggero. Con una semplice nota.

I giornalisti (ma forse pure i loro utenti) si staranno ormai stancati delle notizie sui «convogli umanitari» russi spediti nelle aree «indipendentiste» ucraine. Quello arrivato ieri, infatti, è ormai il settimo (il primo era arrivato nell’area interessata dai combattimenti a metà agosto). Ed io ne scrivo per un’unica ragione: qualche settimana fa ho trovato la spiegazione abbastanza semplice e credibile a questa raffica di convogli.

Naturalmente, vi ricordate che ogni convoglio è composto da diverse decine (anzi, centinaia) di grossi camion quasi vuoti (vedi la foto alla fine del post). Il fatto è che non trasportano aiuti umanitari. Trasportano il carburante nei loro serbatoi.

In sostanza, fanno il pieno poco prima di lasciare il territorio russo, poi lasciano una buona parte del carburante sul territorio controllato dai «ribelli» e tornano indietro. Ora sapete con cosa si alimentano tutti i mezzi militari che in questi mesi circolano tra le città di Donetsk e Luhansk.

Chiedo scusa per l’ennesima banalità pubblicata a tutti coloro che lo sapevano già.


Il libriccino purpureo

Oggi, il 7 novembre 2014, ci sarebbe il 97-esimo anniversario della rivoluzione d’ottobre. Io sono tutt’altro che un comunista, quindi non ho alcun motivo positivo di scrivere un post su questa data. Però essa sembra adatta per scrivere quest’anno di un oggetto particolare, ormai di antiquariato, che conservo ancora per mostrarlo ai miei amici occidentali e, in un futuro lontano, ai nipoti.

Guardatelo, è il mio primo passaporto «esterno» (leggi di seguito la spiegazione):

I cittadini russi, come all’epoca sovietica, hanno due passaporti: uno che serve per andare all’estero (ed è come quello che hanno anche gli europei) e uno interno (che funziona un po’ come la carta di identità italiana, ma contiene delle informazioni più dettagliate sul suo proprietario e ha 20 pagine).

Ma torniamo al mio passaporto sovietico «esterno». Anche dopo la caduta dell’URSS alcune categorie dei cittadini russi Continuare la lettura di questo post »


L’ora permanente

Esiste un determinato insieme delle domande sulla Russia, alle quali mi capita di rispondere (in Italia e, in generale, quando mi trovo all’estero) con una angosciante regolarità. Una di queste è «quante ore di differenza ci sono tra [città italiana][città russa]?» (Un tipo particolarmente intelligente mi aveva chiesto sulle ore di differenza tra l’Italia e la Russia) E meno male che in questo specifico caso il Parlamento russo mi permette di variare la risposta: altrimenti impazzirei.

Nell’aprile del 2011, per esempio, in Russia era stata introdotta l’ora legale permanente. In tal modo era stato ripreso il sistema già adottato in URSS dal 1930 al 1981. Sempre nell’aprile 2011 i fusi orari russi erano passati da 8 a 9.

Da ieri (cioè dal 26 ottobre 2014), invece, l’ora legale è scomparsa «per sempre». Quindi è stato introdotto un nuovo sistema «permanente». E mi sa tanto che non si tratta dell’ultima riforma definitiva. Bene, significa che c’è almeno una domanda costante alla quale non mi stancherò mai di rispondere.

P.S.: i fusi orari russi sono ora 10.


Nominato il colpevole

Per quanto riguarda la morte dell’ormai ex amministratore delegato della Total Christophe de Margerie c’è poco da dire. E, soprattutto, non c’è da dire nulla di particolarmente originale.

La sintesi (che dimostra tutta l’assurdità dell’accaduto) è la seguente. L’incidente è avvento al terminal «business» dell’aeroporto Vnukovo, cioè il terminal al quale stanziano e dal quale partono gli aerei delle massime cariche istituzionali russe e dei principali miliardari. Oltre agli appena emersi malfunzionamenti organizzativi, quel terminal ha dei problemi tecnici: si è scoperto che gli automezzi destinati alla manutenzione della pista non sono dotati del sistema GPS. Di conseguenza, i controllori di volo di Vnukovo non hanno un mezzo tecnico per verificare la loro posizione in tempo reale. Sottolineo che si tratta di uno strumento adottato da tempo in tutti gli aeroporti seri del mondo (Russia compresa).

In un primo momento si era pure detto che la notte dell’incidente ci sarebbe stato solo uno stagista a fare da controllore di volo. Se fosse vero non mi stupirei più di tanto, ma non penso: l’applicazione della regola di non lasciare gli stagisti a lavorare da soli è ormai consolidata.

Quello che non mi è piaciuto è la nomina del colpevole facile. Vladimir Martynenko, l’autista del spazzaneve che si era trovato sulla pista, è stato oggi arrestato dal tribunale per due mesi (fino al 21 dicembre). Le sue responsabilità nell’accaduto potrebbero anche esserci state, ma di sicuro non si trovava in quel punto della pista di (sola) propria volontà. Purtroppo, però, gli inquirenti non hanno ancora manifestato l’intenzione di indagare quei dirigenti sugli ordini dei quali viene effettuato il passaggio di una macchina spazzaneve in determinati momenti.


Dov’è il sottomarino

Oggi vi do un consiglio pratico: se volete leggere degli articoli di qualità su quanto succede nei mari in giro per il nostro pianeta, leggete Maritime Bulletin. Ieri, per esempio, è stato pubblicato un bel articolo su quel oggetto sconosciuto che stanno ancora cercando vicino all’arcipelago di Stoccolma.

Per tutti coloro che si limitano al chiedersi se, effettivamente, c’è un sottomarino russo nelle acque svedesi, posso riassumere alcuni passaggi.

1. Sappiamo che il sottomarino c’era stato.

2. Se ora non è più da quelle parti, significa che è riuscito ad andare via da solo oppure è stato trainato dalla nave mercantile Concord. In entrambi i casi, la sua presenza nelle acque svedesi diventerebbe difficile da dimostrare.

3. Se, invece, il sottomarino è ancora lì, tra poco lo sapremo. Perché sembra che si tratti di un sottomarino diesel, quindi un sottomarino che può navigare senza salire in superficie solo per pochi giorni. Poi o sale per arrendersi o affonda per sempre.