L’archivio della rubrica «Russia»

I video del funerale

Oggi utilizzo la rubrica domenicale per salvare alcuni video sempre del funerale di Alexey Navalny. Sicuramente ne avete già visti almeno alcuni.
Il primo video mostra una parte della fila delle persone comuni che si sono presentate al funerale. Chi ha fisicamente potuto farlo, ha ringraziato di genitori di Alexey per il loro figlio:

Il secondo video. Continuare la lettura di questo post »


Il funerale

Come sapete, ieri a Mosca si è svolto il funerale di Alexey Navalny. In una certa misura sono rimasto sorpreso da questo fatto: era troppo facile prevedere che ogni forma del funerale pubblico (non segreto) sarebbe stata ostacolata dai complici di Putin in tutti i modi possibili. Effettivamente, avevano cercato di ostacolarlo fino a ieri sera: ricattando i preti, le amministrazioni dei cimiteri e, addirittura, i becchini e i conducenti di carri funebri. Ma, alla fine, si è riuscito a fare tutto: anche se in una chiesa piccola (dove, comunque, hanno fatto entrare meno persone del tecnicamente possibile) con una cerimonia velocissima e, poi, in uno dei cimiteri moscoviti minori.

Non sono invece rimasto sorpreso – ma solo contento – dal fatto che al funerale si sono presentate decine di migliaia di persone: nonostante la piena comprensione dei pericoli correlati alla partecipazione. Qualsiasi partecipante poteva essere picchiato e arrestato sul posto. Qualsiasi partecipante potrà essere arrestato nei prossimi giorni perché identificato grazie alle foto e video riprese o al semplice controllo dei documenti sul posto. Qualsiasi partecipante potrà essere arrestato per la partecipazione a una manifestazione pubblica (sono vietate), in più avente per l’oggetto un saluto a una persona definita «estremista» dai dipendenti del Cremlino.
Ma era Navalny a dirci di non avere paura…
Solitamente di sabato vi consiglio qualche testo da leggere. Oggi vi do tre link:
1) le foto del funerale di Alexey Navalny;
2) la cronologia del funerale pubblicata ieri in diretta;
3) la vita di Alexey Navalny in foto.

Ecco, così avete già una buona dose delle informazioni sull’argomento.


Lo humor di guerra

Questa volta il discorso annuale di Putin davanti alle Camere riunite del «Parlamento» russo (tenutosi ieri) ha avuto solo un aspetto che può essere definito interessante e sorprendente: non è stato dedicato interamente alla guerra e alle minacce all’Occidente. Questa volta ha parlato anche della Russia, quindi dello Stato le cui problematiche interne reali non lo hanno mai interessato in un modo particolare. Ha raccontato che la Russia che «si trova dalla parte del bene» (non è una citazione, ma il senso generale di una parte del discorso) sta crescendo e crescerà ancora di più, lo Stato russo aiuterà a tutti perché per esso l’importanza della vita è fondamentale (posso ridere?), gli «eroi» della «operazione militare speciale» dovrebbero raggiungere i vertici direzionali del Paese… Ah, e poi Putin pensa — non sappiamo ancora quanto ragionevolmente — di poter fare dei piani almeno fino al 2030. Insomma, oltre al semplice fatto di una certa varietà degli argomenti, nulla merita lo spreco del tempo per i commenti.
Di conseguenza, non vorrei che dietro a questo evento abbastanza noioso vengano perse le poche e rare cose relativamente interessanti.
Spostiamoci alla città ucraina di Orekhiv: si trova a circa 60 chilometri a sud-est di Zaporizhzhya e a meno di 40 chilometri dalla città di Tokmak occupata dall’esercito russo. Secondo l’amministrazione militare ucraina regionale, Orekhiv è distrutta al 95%. I combattimenti attivi per Orekhov hanno avuto luogo nella primavera del 2022, poi l’esercito ucraino è riuscito a difendere la città, rendendola un importante centro logistico a 10 chilometri dalla linea del fronte. Nel febbraio 2024 le forze armate ucraine hanno affermato che le truppe russe avevano accumulato riserve nell’area di Orekhiv e si stavano preparando per un’offensiva sulla città…
Ma nei giorni scorsi sulla bacheca dedicata ai sospetti ricercati dal Servizio di sicurezza dell’Ucraina sono comparsi due nuovi avvisi. Uno di questi avvisi «wanted» riporta la descrizione di Vladimir Putin, mentre il secondo riporta la descrizione del governatore di nomina russa dei territori occupati della regione di Zaporizhzhya, Yevhen Balitsky:

Mi piace il fatto che i militari ucraini abbiano mantenuto, dopo oltre due anni di guerra, una certa capacità di scherzare: è una buona fonte di speranza per la vittoria…


Le scelte sul funerale

I collaboratori di Alexei Navalny hanno nuovamente invitato i russi a recarsi ai seggi elettorali a mezzogiorno del 17 marzo (la data delle elezioni di Putin per un nuovo mandato presidenziale) – come aveva voluto lo stesso Navalny all’inizio di febbraio – ma ora anche come manifestazione di lutto e non solo come azione politica (inventata da Navalny per manifestare legalmente in massa contro Putin e la sua guerra in Ucraina). Allo stesso tempo, i collaboratori di Navalny hanno riferito di non riuscire a trovare una sede per l’addio popolare di Navalny.
Ecco, non escludo che sia un tentativo – anche se molto velato – di ricattare i complici di Putin: se non ci permettete l’addio pubblico nella città X, organizzeremo con una forza maggiore una manifestazione di massa in tutto il Paese. Anche se entrambe le opzioni saranno in qualche modo pericolose peri potenziali semplici partecipanti: saranno tutti filmati e, in molti casi, schedati (come è già successo in molte occasioni durante le manifestazioni spontanee dopo le prime notizie sulla uccisione di Navalny).
Allo stesso tempo, non posso escludere (e, ovviamente, non posso per ora sapere) se si stia facendo qualcosa per organizzare il [primo] funerale di Navalny all’estero. Questo permetterebbe ai collaboratori di Navalny di garantire una perizia obiettiva sul corpo, mentre ai complici di Putin permetterebbe di evitare le manifestazioni in casa. Vedremo, se hanno più paura delle notizie credibili sulle cause della morte di Navalny (e della trasformazione del suo funerale in una cerimonia di Stato, con tanti politici occidentali presenti), o, appunto, delle manifestazioni popolari in casa. Sono veramente curioso di scoprirlo!


La metà sono fantasie

Maria Pevchikh, una delle collaboratrici di Alexey Navalny e la presidente della sua Fondazione anticorruzione, ha dichiarato ieri che Navalny avrebbe dovuto essere scambiato con Vadim Krasikov (un presunto ufficiale dell’FSB condannato all’ergastolo in Germania per l’omicidio dell’ex comandante ceceno Zelimkhan Khangoshvili a Berlino nell’agosto 2019), che la trattativa sarebbe arrivata alla sua fase finale e che Putin avrebbe deciso di uccidere Navalny perché non voleva vederlo libero.
Mi sembra abbastanza scontato il fatto che i collaboratori e i colleghi di Alexey Navalny abbiano fatto tutto il possibile, durante i tre anni della sua incarcerazione, per promuovere l’idea di uno scambio e per coinvolgere nei negoziati il maggior numero possibile di influenti politici europei e americani. Come dice ora Maria Pevchikh, «noi, il suo team, non potevamo fare a meno di lavorarci, e lo abbiamo fatto». E io vorrei tanto avere delle fondamenta per poter credere che questi sforzi si stavano gradualmente avviando verso il successo.
Ma oggi, purtroppo, devo constatare che non sapevamo nulla prima, e non sappiamo ancora oggi nulla di quale fosse la posizione di Putin e dei suoi collaboratori sui tentativi di scambiare il politico Navalny con l’assassino Krasikov. Prima o poi conosceremo i dettagli di queste trattative da parte «occidentale» (molto probabilmente dalla parte della Germania, la quale era la detentrice del principale «capitale di scambio» in questa situazione). Ma non possiamo sapere cosa fosse accaduto dalla parte del regime di Putin. Putin è sicuramente un maniaco e un assassino e non c’è alcun motivo di credere che in questo caso si sia discostato dal suo solito schema di torturare e uccidere le persone che considera propri nemici o che semplicemente vede come un pericolo. Ma, allo stesso tempo, possiamo logicamente presumere che Navalny vivo fosse stato per Putin una merce di scambio di massimo valore, da utilizzare pin qualche situazione «estrema»: da utilizzare per liberare qualcuno di importante o ottenere qualcosa di importante.
Di conseguenza, sono portato a considerare le parole di Maria Pevchikh serie e commentabili solo a metà.


Il mondo degli animali

Liudmila Navalnaya, la madre di Alexey Navalny, ha detto in un videomessaggio (riporto il testo tradotto in basso) che gli inquirenti le chiedono di seppellire il figlio segretamente, minacciando di «fare qualcosa» con il corpo in caso di rifiuto. In altre parole, gli assassini hanno detto alla madre della vittima, con delle parole dirette, che lei deve aiutarli a coprire le tracce del crimine. Purtroppo, la totale disumanità di queste creature non mi sorprende più da tempo.
Cercherò quindi di passare a qualcosa che assomigli a una logica criminale.
I soci di Putin sono dei cretini incredibili. Se io fossi uno della banda di Putin, mi chiederei se sia meglio permettere un funerale, non dirlo a nessuno all’interno del Paese, se possibile, e lasciare che i sostenitori di Navalny riversino le loro emozioni durante l’addio, o, al contrario, dare sempre più motivi di indignazione.
Allo stesso tempo, sospetto due cose: 1) Navalny avrebbe preferito essere sepolto in Russia, e 2) i parenti di Navalny si rendono conto che fino a tempi migliori (e per altre ragioni che possiamo comprendere) sarebbe meglio portare il suo corpo fuori dalla Russia. Il Cremlino non può accettare il secondo punto: né per motivi politici, né per motivi criminali. Pertanto, ha deciso abbastanza rapidamente di non recitare la commedia della cosiddetta «perizia chimica» e «l’indagine» sulla morte di Navalny.
Rimane solo un piccolo passo verso la distruzione fisica del corpo senza alcuna discussione con i parenti. Un passo che da nulla viene impedito, ma, anzi, viene incoraggiato.
P.S.: ecco la traduzione del messaggio della madre di Alexey Navalny: Continuare la lettura di questo post »


Alcune persone particolarmente ingenue si chiedono: dov’è la tanto (e da tanto tempo) promessa «terribile risposta» dell’Occidente alla morte di Alexei Navalny «finalmente» avvenuta? È vero: l’ho sentita anche con le mie orecchie.
E la risposta desiderata non c’è e non può esserci: perché anche il Capo di Stato o di governo occidentale più determinato ha sempre lo stesso parlamento, gli stessi problemi politici interni e le stesse prospettive elettorali di prima (ricordiamo, per esempio, Biden, che aveva minacciato punizioni già anni fa). Così, il capo della diplomazia europea Josep Borrell ha dichiarato che, come passo simbolico, Bruxelles rinominerà il regime di sanzioni imposte per le violazioni dei diritti umani in onore di Alexei Navalny; gli Stati Uniti hanno annunciato un «importante pacchetto di sanzioni» contro la Russia in relazione all’omicidio di Navalny e al biennio della guerra in Ucraina; il Regno Unito ha imposto sanzioni contro sei dipendenti del carcere IK-3 «Polar Wolf» di Kharp (quello dove è stato ucciso Navalny)… Che paura per Putin!
Quindi, se c’è una speranza per un rapido cambio di regime in Russia, io per ora la vedo solo in tre opzioni, due delle quali sono mega-banali e, di fatto, possono essere buttate subito in discarica:
1) stare con il culo per terra e aspettare che Putin muoia da solo (e questo evento non garantisce dei cambiamenti automatici in meglio);
2) stare con il culo per terra e aspettare che Putin venga fatto fuori da un colpo di Stato interno, cioè uno di quegli fenomeni che nella storiografia russa si chiamano «rivoluzioni di palazzo» (anche questo evento non garantisce assolutamente dei cambiamenti automatici in meglio);
3) sperare che l’opposizione russa si unisca nell’unica azione ragionevole: iniziare non a raccontare ai russi per la miliardesima volta quanto sia brutto il regime attuale (noi sappiamo già da tempo che è pessimo), ma a bombardare i cervelli dei rappresentanti del regime stesso, raccontando il duro destino di chi non farà fuori Putin velocemente. Bombardare con l’aiuto di metodi di distribuzione pubblica delle informazioni già noti da tempo: hai fatto questo e quello, otterrai questo e quello come punizione. La gente continua ad accumulare informazioni, mentre i complici di Putin continuano ad accumulare un tormento interno. Con un simile comportamento, si può almeno sperare che qualcuno vicino al bunker decida un po’ prima di organizzare la vera e propria «rivoluzione di palazzo».
Deve iniziare a farlo l’opposizione russa, mentre gli altri, volendo, possono contribuire…


Anche sul territorio europeo

Pare che l’uomo ucciso la notte tra il 19 e il 20 febbraio in Spagna sia realmente il pilota russo Maxim Kuzminov: quello che lo scorso agosto aveva disertato attraversando appositamente il confine russo-ucraino e si era arreso all’esercito ucraino insieme all’elicottero Mi-8 che pilotava (formalmente va utilizzato il verbo «disertare», anche se in questo specifico caso non mi piace tanto). Inizialmente, la notizia della uccisione è stata diffusa da alcuni media-spazzatura (quelli di propaganda statale russa che si fingono europei), ma poi è stata confermata dai media locali più seri.

Ecco, ora non mi va di ridere della spiccata intelligenza alternativa che Kuzminov ha deciso di mostrarci andando in Spagna (uno degli stati europei più pieni di russi di varia «qualità») e invitando la propria ex fidanzata russa a visitarlo (ovviamente, facendolo da solo e con chissà quale mezzo digitale). Non è bello commentare in un momento del genere gli errori delle brave persone morte. Vorrei sottolineare solo che il momento della uccisione di Maxim Kuzminov è capitato nel momento storico più «adatto» di sempre. Gli europei minimamente portati alla visione globale degli eventi potrebbero logicamente giungere alla conclusione: gli agenti di Putin uccidono non solo sul territorio russo o ucraino.
Spero che questa osservazione – assolutamente non nuova – spinga qualcuno a prendere qualche decisione giusta.


“Non è una loro funzione”

Ieri Dmitry Peskov, il portavoce di Putin, nel corso di un briefing con la stampa ha risposto alla domanda sulla mancata (almeno per ora) consegna del corpo di Alexey Navalny ai suoi parenti:

«No, non è una questione che ci riguarda. Non ci occupiamo di questo caso. Non è una funzione dell’amministrazione presidenziale».

Sempre ieri – chissà perché ho deciso di aggiungerlo – Putin ha firmato un decreto che assegna al vice-capo del Servizio penitenziario federale Valery Boyarinev il nuovo (ovviamente più alto di quello precedente) grado di colonnello generale del Servizio interno.
Come abbiamo vito, effettivamente, – e letteralmente – hanno altro da fare…


Il residuo della paura

È strano constatarlo (oppure non è strano? per ora non trovo una parola più adatta), ma per ora la situazione è la seguente: non hanno avuto paura di uccidere Alexey Navalny, ma hanno ancora paura di ammetterlo e stanno facendo delle mosse del tutto illogiche finalizzate all’oscuramento della uccisione.
Per esempio: avrebbero potuto diffondere subito le registrazioni video degli aiuti medici (le carceri sono videosorvegliate al 100%), ma non lo hanno fatto nemmeno oscurando quelle parti della inquadratura che potrebbe «compromettere il regime di sicurezza del carcere».
Oppure: stanno ancora nascondendo il corpo di Navalny, mentre a noi arrivano le notizie dei movimenti strani nella zona del carcere. Se Navalny fosse morto per il semplice fatto della salute compromessa delle condizioni carcerarie realmente pesanti, non ci sarebbe stato alcun motivo di nascondere il suo corpo: l’autopsia eseguita da qualsiasi medico di qualsiasi Stato avrebbe mostrato le cause di morte definibili naturali.
Ma noi vediamo quegli spostamenti strani.
Per esempio: solitamente a Salekhard (una delle città vicine al carcere) arrivano solo due voli da Mosca al giorno, ma un tassista locale ha riferito ai giornalisti che due voli sono atterrati all’aeroporto di Salekhard fuori programma la sera del 17 febbraio. «Aerei di piccole dimensioni. Il primo jet è atterrato intorno alle 18, accolto da veicoli del Comitato Investigativo. Il secondo è arrivato un’ora e mezza dopo».
Allo stesso tempo, i giornalisti sono riusciti a ottenere (non si può dire come) le immagini dalle telecamere posizionate lungo la strada tra Labytnangi (il villaggio di Kharp, dove si trova il carcere, è a circa 35 chilometri a nord-ovest di questa città) e Salekhard. Come spiegano i giornalisti, in inverno queste due città, che si trovano sulle sponde opposte del fiume Ob, sono collegate da una traversata di ghiaccio e, se si esclude un elicottero, questa è l’unica via d’uscita dal carcere. Intorno alla mezzanotte tra il 16 e il 17 febbraio, un corteo di auto si è presentato alla traversata: era composto da due auto della polizia stradale – una in testa e una in coda – una berlina grigia con targa civile e un minibus UAZ-452 con due strisce verdi (in questo modo vengono segnati i veicoli del Servizio penitenziario federale). Il convoglio viaggiava molto più lentamente degli altri veicoli alla traversata e, dopo aver attraversato il fiume, si è diretto verso Salekhard.

Per ora si dice che il corpo si trovi in una camera mortuaria di Salekhard, ma non si capisce proprio quali manipolazioni intendono fare. Ma a questo punto possiamo sospettare il perché.