L’archivio della rubrica «Russia»

Gli Stati uniti dal Panama

Confesso il mio interesse verso la storia dei soldi di Putin e altri a Panama tende, per ora, verso lo zero. L’utilizzo dei «paradisi fiscali» non viola le leggi terrestri o divine ma, semplicemente, infastidisce gli Stati tanto tirchi da essere incapaci di offrire alle persone un regime fiscale che perlomeno non sappia di espropriazione. E per comprendere l’origine dalle ricchezze di certi politici, invece, mi serve tempo (anche se si sapeva da tempo, per esempio, che Putin non è una persona povera).

Quindi scriverò seriamente dell’argomento solo qualora dovessi scoprire qualcosa oltre l’originalissimo fatto che «tutti i politici sono dei ladri».


Nadezhda Savchenko

Oggi i giudici hanno concluso la lettura pubblica della sentenza con la quale Nadezhda Savchenko è stata condannata a 22 anni di reclusione (poco più di 20 ancora da scontare). Nonostante l’assurdità della accusa e l’indicativa profanazione totale del processo penale russo, continuo a non capire perché il caso debba interessare l’opinione pubblica al di fuori dalla Russia e Ucraina.

E’ naturale che il fatto sia diventato un argomento discusso nella politica interna dei due Stati. Grazie, in parte, all’impegno di uno dei tre avvocati è diventato uno dei pochi temi della politica estera nella campagna elettorale statunitense. In quest’ultimo caso si tratta però più del ricorso a uno strumento estremo per salvare l’assistita in tempi brevi, salvarla possibilmente anche in senso fisico.

Non vedo però la ragione per parlare in questa sede di questa ennesima follia giudiziaria russa. Essa, come tante altre degli ultimi quindici anni, fa parte della politica interna. Cosa ne può fregare ai miei lettori?


La gestione degli archivi

Ieri pomeriggio ho visto delle foto curiose scattate vicino alla sede centrale di FSB. A giudicare dalle cartelle, si tratta dei materiali dell’archivio di KGB dell’URSS. Purtroppo, ma pure naturalmente, le guardie hanno reagito male all’impegno professionale del fotografo, non permettendogli di dare una occhiata ai contenuti.

Io, comunque, vi informo sulla furbizia della famosa organizzazione:

La fonte delle foto: http://varlamov.ru/1617856.html


Ritirandosi non si risparmia

Relativamente al ritiro delle truppe russe dalla Siria in tanti hanno pensato, logicamente, alle positive conseguenze di tale mossa per lo Stato russo. In assenza di dati ufficiali, è calcolato dagli esperti del settore militare che un giorno di guerra in Siria costa alla Russia circa 2,5 milioni di dollari.

Mi sento però in dovere di dare una grande delusione a chi ci tiene tanto ai soldi dei contribuenti russi. Le missioni militari all’estero come quella in questione hanno una incidenza minima sulle spese dello Stato. Le principali quote di risorse destinate al Ministero della Difesa, infatti, in tempo di pace vengono spese per la produzione del nuovo materiale bellico e le esercitazioni dei militari.

La produzione di un aereo militare (giusto per fare un esempio) dura alcuni anni. Una volta prodotto, l’aereo militare inizia a invecchiare con la velocità del pensiero di un ingegnere aerospaziale, quindi diventa presto obsoleto: va modernizzato o sostituito con uno più vicino alle tendenze generali del settore. Lo stesso vale per le bombe portate dall’aereo in questione. I piloti, poi, devono fare continue esercitazioni: pure questo comporta una serie di spese.

Insomma, la maggior parte delle risorse materiali impegnate nella missione siriana è stata in realtà spesa nei decenni precedenti. L’unica vera spesa aggiuntiva è rappresentata dagli stipendi dei militari. Questi ultimi non fanno più le esercitazioni, ma combattono, prendendo circa 200 mila rubli al mese (poco più di 2500 euro) per la missione all’estero. Considerate, però, che il budget militare della Russia per il 2015 è stato di 3 trilioni e 300 miliardi di rubli.

Direi che le motivazioni economiche del ritiro non meritino tanta attenzione.


Missione compiuta. Quale?

Un politologo intelligente russo (di quelli intelligenti ce ne sono pochi in tutto il mondo), Stanislav Belkovsky, sostiene da anni che Vladimir Putin è un tattico e non un stratega. Di conseguenza, il presidente russo può permettersi di svegliarsi una mattina (nel suo caso sempre tarda) e decidere, senza un apparente motivo, che gli «obbiettivi fissati per la missione in Siria sono stati raggiunti». Raggiunti in meno di sei mesi?

Pur essendo infinitamente contento per il ritiro delle truppe russe, continuo a non capire le motivazioni del loro invio in Siria. Il ministro della Difesa russo, per esempio, ha dichiarato oggi che nel corso della missione sono stati distrutti più di due mila «delinquenti» provenienti dalla Russia, di cui 17 leader di bande. Si tratterebbe di un risultato eccezionale dei famosi bombardamenti fatti a canine penis.

La spiegazione più razionale del ritiro delle truppe che posso inventarmi per ora è l’offesa di Putin per la recente intervista di Obama. Lo so che una persona not completely stupid non si offende così facilmente e/o vistosamente, ma non diventa nemmeno l’oggetto di determinate dichiarazioni/definizioni.

In chiusura del presente post vi do una piccola informazione storica. Nell’URSS esisteva un metodo facile di riempire di spettatori tutte quelle manifestazioni patriottiche e ideologiche che la gente non visitava per l’iniziativa propria: si mandavano i militari, cioè i dipendenti pubblici meno liberi di decidere sul proprio tempo libero. Ecco: due anni fa la Russia ha ottenuto una località turistica quotata pochissimo tra le persone libere di scegliere. Chi potrà dare a loro un giusto esempio? E chi potrà allargare quella località turistica in caso di arrivo di decine di milioni di turisti?


Morarà

63 anni fa, il 5 marzo (forse) del 1953, è morto Iosif Stalin. Per commentare la vita di questo, ehm, personaggio storico sono necessari tantissimi post e tantissimo tempo. Sul solo fatto della sua morte, invece, sarei in grado di consigliare il libro migliore, ma non mi risulta che sia stato tradotto in almeno una lingua dell’Europa occidentale. (Pausa autopubblicitaria: il libro non è lunghissimo, quindi se qualche editore mi paga la traduzione, io la eseguo con piacere.)

Il post di oggi, invece, è dedicato a una foto. Una foto che stamattina è stata esposta da sconosciuti in uno stand pubblicitario di centro di Mosca. Si tratta della foto della maschera mortuaria di Stalin accompagnata da due stritte: «morì quello» (in alto) e «morirà pure questo» (in basso).

Gli autori sono sconosciuti. Il senso no. Il cartello è già stato rimosso. Chissà perché.


Foto della organizzazione Open Russia.


Auguri a Gorbachev

Oggi, 2 marzo 2016, Mikhail Gorbachev ha compiuto 85 anni. Non ne avrei mai scritto se non lo ammirassi.

Lo ammiro perché è stato uno dei pochissimi politici che, trovandosi a capo di uno Stato non democratico, non si è aggrappato al potere a tutti i costi. Aveva i mezzi per farlo, ma ha evitato. Ha constato il decesso dell’URSS e non ha cercato di rianimarlo per evitare una crisi molto più grave di quella che si è verificata nei primi anni ’90.

La chiusura di una parentesi nella storia russa, verificatasi negli anni 2000, non è una colpa (o merito) sua. Non lo è almeno perché il ruolo della personalità nella storia è nullo. E’ possibile fingere di guidare una tendenza storica, ma non si può crearla. Si può cavalcare l’onda, ma è impossibile crearla.

Non ha «distrutto» l’URSS, sapeva di non poterlo salvare. E meno male che quello schifo è sparito dalle mappe.


Disegni sulla neve

Nella città russa di Izhevsk (a poco più di mille chilometri a Est di Mosca) lo spazzino Semion Viktorovich ogni giorno crea un nuovo disegno di neve.

Eccolo:


Storia medioevale russa

Tempo fa mi avevano chiesto (nell’offline) di consigliare dei libri sulla storia medioevale russa. Io, naturalmente, ho sempre letto sull’argomento in russo, quindi ho visto il mio compito non solo nel ricordarmi i libri meritevoli di attenzione, ma pure nel capire se siano mai stati tradotti in almeno una delle lingue comunemente conosciute. Alla fine delle ricerche l’elenco dei libri che ho potuto stilare si è rivelato abbastanza breve. In questi giorni ho deciso di pubblicarlo comunque, perché non so se e quando esso possa diventare più lungo.

Vasily Klyuchevsky, «A History of Russia»

Vasily Yan, trilogia «Mongol Invasion» («Genghis Khan», «Baty», «To last Sea»)

Kir Bulychev, «1185 A.D.»

Pavlo Zahrebelnyi, «Epraksiya»


Murder in London

La copertina de «The Week» del 30 gennaio 2016. Bella, direi.

(Per coloro che avessero saltato la pubblicazione del rapporto sulla morte di Litvinenko, ecco il link).