L’archivio della rubrica «Russia»

Il prezzo della Crimea

Poco più di cinque anni fa, il 27 febbraio 2014, le forze armate russe sono entrate negli edifici istituzionali della Crimea. Esattamente cinque anni fa, il 18 marzo 2014, è stato firmato il Trattato di adesione della Crimea alla Russia. Le parti del trattato sono stati il presidente della Russia e i vertici della Crimea nominati nei giorni precedenti sotto il controllo del sopracitato esercito. A distanza di cinque anni esatti dalla annessione, si potrebbe provare a valutare i guadagni e le perdite della Russia.
Tra i guadagni potremmo elencare solo due dati quantificabili: l’accrescimento del territorio russo di 27 mila chilometri quadri (0,15% del territorio totale della Russia) e 2,2 milioni di abitanti in più. A questi dati potremmo aggiungere il miglioramento dell’umore dei patrioti celebrali (secondo i quali si sarebbe affermata la «giustizia storica») e, volendo, l’arricchimento di alcune persone che hanno saputo sfruttare l’anarchia giuridica durante la «transizione» della penisola (ma secondo alcune testimonianze anche nel corso degli ultimi cinque anni).
Qualcuno potrebbe riuscire a trovare altri guadagni minori, ma non riesco a immaginare altri guadagni di valore simile.
La Crimea è sempre stata un territorio economicamente non autonomo, dipendente dai finanziamenti da parte del Governo centrale: è stato così ai tempi dell’URSS e della Ucraina indipendente. Nemmeno dopo l’annessione da parte della Russia si è verificato alcun miracolo: non sono state trovate delle materie prime preziose, non sono arrivati eserciti di turisti ricchi. Di conseguenza, anche per la copertura delle spese correnti della penisola il Ministero delle finanze russo ha dovuto trovare 55 miliardi di rubli (più di 753 milioni di euro) solo per i nove mesi rimanenti del 2014. Negli anni successivi la somma annuale destinata alla Crimea ha sempre continuato a crescere: bisognava finanziare l’aumento degli stupendi dei dipendenti statali (erano molto più bassi della media russa), lo sviluppo delle infrastrutture sociali e urbane per portarle almeno al livello degli standard russi etc. Per il 2019 si prevede di trasferire alla Crimea 150 miliardi di rubli, mentre nel corso di tutto il periodo tra il 2015 e il 2019 l’ammontare dei sussidi dal centro dovrebbe costituire circa 580 miliardi di rubli (quasi 8 milioni di euro).
Inoltre, bisogna ricordare che alla città di Sebastopoli è stato assegnato lo status della città di importanza federale, il quale comporta l’esistenza di una sua propria Legge finanziaria. Non essendo nemmeno la Sebastopoli economicamente autonoma, è stata la destinazione dei sussidi per quasi 120 miliardi di rubli da parte del Ministero delle finanze russo. Siamo già a 700 miliardi rubli di finanziamenti diretti.
In totale, il Governo federale finanzia tra il 75 e il 77% delle spese della Crimea e il circa 60% delle spese della Sebastopoli. Una parte notevole delle tasse raccolte sul territorio della penisola rappresenta dei derivati proprio dalle somme arrivati da Mosca.
Oltre ai finanziamenti diretti della Crimea, esistono anche quelli indiretti. Tra questi, per esempio, le pensioni: nel 2014 c’erano circa 660 mila pensionati su tutta la penisola. A partire dalla meta del 2014 la pensione media in regione è stata portata (raddoppiata) a 11.200 rubli. Il peso dei pagamenti deve essere ora supportato dal fondo pensionistico russo, il quale non ha mai ricevuto dei contributi dagli abitanti della Crimea ucraina. Gli esperti stimano la spesa russa per le pensioni in Crimea in circa 200 miliardi di rubli.
Il nuovo totale parziale è dunque di 900 miliardi di rubli (quasi 12,4 milioni di euro). Ora dobbiamo aggiungere le spese per la costruzione del Ponte di Crimea, la ricostruzione di molte strade interurbane della Crimea, la costruzione della centrale termoelettrica (quella con le turbine della Siemens), del gasdotto e dell’elettrodotto: sono altri 600 miliardi di rubli nel periodo dal 2014 ad oggi.
Ecco, siamo arrivati a 1,5 trilioni di rubli (più di 20,5 milioni di euro). È una somma pari a 2 spese statali annue per l’istruzione. Oppure 3 per la medicina. Oppure 15 per la cultura. Oppure 357 per l’Accademia delle Scienze russa. In ogni caso, la spesa per la gestione e lo sviluppo della Crimea si effettua prevalentemente grazie all’aumento delle tariffe (luce, gas, carburante) e ai tagli degli investimenti nelle infrastrutture del resto del territorio russo.
Infine, tra i costi della annessione della Crimea possiamo contare la stagnazione della economia russa (dovuta alle sanzioni e alla fuga dei capitali). In cinque anni il PIL russo è cresciuto del 2%, mentre l’economia mondiale è cresciuta del 19%. Il reddito reale della popolazione russa nello stesso periodo è sceso dell’11%.
Potrei aggiungere anche le perdite politiche/reputazionali e demografiche (emigrazione), ma quelli sono altri argomenti grossi.


L’aspetto positivo

Nonostante tutto, quando capita anche a voi di vedere il busto di Stalin (quello vicino alla sua tomba sulla Piazza Rossa) quasi sommerso dai fiori nell’anniversario della sua morte

… sappiate che si tratta dell’ennesimo tentativo dei comunisti di simulare l’amore popolare. I fiori portati dai privati per iniziativa propria producono una immagine diversa da questa:

Ma almeno hanno fatto contento un grossista.


Dove vive ora

Oggi è la data ufficiale della morte di Iosif Stalin (l’anno scorso avevo già scritto di quella reale). Indipendentemente dalla data, però, bisogna ricordare che l’ultima porzione delle repressioni staliniane ebbe luogo già dopo la sua morte.
Nei giorni seguenti al 5 marzo 1953 molte persone furono arrestate, «giudicate» colpevoli e portate nei lager con delle accuse non del tutto normali pure per quei tempi bui. Alcuni esempi: «lanciava i cetrioli contro il ritratto della Guida», «non voleva piangere», «parlava ad alta voce durante la riunione di lutto per la Guida».
Tutte le forze della KGB dell’epoca furono impiegate per il controllo della qualità del lutto su tutto il territorio dell’URSS: soprattutto nei luoghi pubblici, luoghi di lavoro e di studio. La popolazione si divise dunque in almeno tre gruppi: realmente depressi per la perdita del «padre dei popoli» e «difensore», depressi per finta allo scopo di sopravvivere, tanto coraggiosi per non manifestare il grande lutto e addirittura festeggiare di nascosto. Gli ultimi due gruppi in parte coincidevano.
E poi vi furono le persone consapevoli del fatto che nonostante la morte di Stalin alcuni principi fondamentali del regime sarebbero rimasti in vita per decenni. Fu dunque possibile essere arrestati in seguito a una semplice conversazione tra privati: «Hai pianto per Stalin?» «Ho pianto perché è morto troppo tardi!»
Il drago va ucciso anche nelle teste.
In molte vive ancora oggi.


Il “progresso” ceceno

Probabilmente sapete che sul nostro pianeta esistono ancora degli Stati islamici dove le donne non possono, tra le altre cose, guidare le auto e avere dei contatti con gli uomini non appartenenti alla propria famiglia.
Probabilmente sapete anche della esistenza dello Stato islamico chimato Cecenia. Di fatto è uno Stato:
1) indipendente (non si applicano le leggi russe, le forze dell’ordine russe non hanno diritto di agire, ma tutto il settore pubblico è finanziato dai tributi russi pagati in cambio della pace),
e
2) islamico (non penso che per voi sia una grossa notizia).
Ebbene, oggi in Cecenia sono stati annunciati i «taxi femminili»: solo per le donne e guidati solo dalle donne, «molto comodo dal punto di vista della religione e delle tradizioni». I (le?) più contenti saranno i cittadini dell’Indonesia: ora non sono più soli in questa strana forma di arretratezza. I meno contenti saranno quelli che si sono quasi abituati a vedere gli Stati islamici a cambiare nel senso opposto a quello ceceno.


Il calendario della liberazione

Il 23 febbraio dovrebbe essere il giorno più adatto per riprendere un argomento…
Il fotografo russo Andrei Budaev ha pubblicato già a dicembre il proprio calendario chiamato «Liberazione». Sulle immagini in esso contenute si vedono alcuni noti politici russi coraggiosamente abbelliti (con più capelli e meno grasso rispetto alle loro immagini comunemente note) e alcuni noti politici ucraini coraggiosamente presi in giro.
Ma, dato che i miei lettori non conoscono la maggioranza dei personaggi ritratti, io mi concentrerei sulla copertina. Prima di tutto vediamola:

Ad alcuni di voi questa immagine potrebbe ricordare qualcosa. Ebbene, ora vi faccio vedere un’altra immagine: Continuare la lettura di questo post »


L’utilità della follia

Devo constatare che dell’impresa del poliziotto italiano Paolo Venturini – che domenica 20 gennaio ha corso per oltre 39 chilometri a –52°C in Jakuzia (una regione russa) – hanno scritto più in dettaglio i mezzi di informazione russi che italiani. Ma, in ogni caso, non sembra che si sia trattato di una notizia tanto discussa nei due Stati. Anzi, secondo la mia impressione personale è stato un evento quasi non notato.
Da una parte, sono contento per il fatto che almeno un «pazzo» in meno si è guadagnato i suoi quindici minuti di notorietà. Dall’altra parte, mi dispiace che l’impresa di Venturini sia stata interpretata da molti giornalisti più come una questione sportiva che tecnico-scientifica.
Infatti, non è così frequente che una persona si proponga volontariamente a fare da cavia per lo studio della resistenza del corpo umano al freddo e per la sperimentazione dei nuovi materiali (magari più leggeri, ecologici e efficienti) da utilizzare nell’industria tessile e calzaturiera. Di conseguenza, sarebbe bello se gli scienziati e gli ingegneri monitorassero i progetti folli dei personaggi più strani: non necessariamente per isolare questi ultimi, ma al fine di sfruttarli per il bene della umanità.
Immaginiamo, per esempio, un ciclista intenzionato ad attraversare tutta la Russia in bici d’inverno… No, pure io ho paura di immaginare una cosa del genere.


In memoria della guida

Esattamente 95 anni fa, il 21 gennaio 1924, è schiattato Vladimir Lenin: la «guida del proletariato mondiale», un buon politico dedicatosi alla dubbia causa, amante dei metodi che solo per una serie di coincidenze conosciamo come «staliniani», un ex avvocato promettente
Sfruttando la ricorrenza odierna, vi racconterei però di un altro aspetto leniniano: dei monumenti in sua memoria.
A nessun altro personaggio storico vissuto sul nostro pianeta è stata dedicata una quantità simile di monumenti. Infatti, ai tempi dell’URSS su tutto il territorio dell’Unione (1/6 della terraferma) fu imposto il culto quasi religioso della venerazione di Lenin. In seguito al crollo del regime comunista e alla comprensibile distruzione di massa dei monumenti di Lenin in Ukraina, Polonia e nelle repubbliche baltiche, la quantità complessiva dei monumenti è diminuita notevolmente. Ma si sostiene comunque che ce ne siano ancora più di 9 mila in piedi.
Non posso commentare le stime sulla quantità, ma posso mostrarvi alcuni degli esemplari più interessanti.
Ufficialmente, il primo monumento a Vladimir Lenin è stato eretto davanti alla entrata della «Manifattura Glukhovskaja» a Noginsk (in provincia di Mosca) il 22 gennaio 1924, quindi il giorno seguente la morte di Lenin.

Tra i numerosissimi monumenti comparsi nei decenni successivi alcuni sono diventati canonici. La forma canonica è caratterizzata dal fatto che la figura di Lenin indica qualcosa con la mano (la giusta via?), proclama qualcosa o manifesta Continuare la lettura di questo post »


Gli auguri di Putin per il 2019

Come da tradizione, il primo video domenicale dell’anno è quello del messaggio del presidente russo Vladimir Putin per l’anno nuovo. Non perché voglio sembrare un fan di questo funzionario (non lo sono!), ma perché il contenuto di un discorso del genere è un importantissimo elemento di analisi politica.
Come negli anni precedenti (si veda, per esempio, il messaggio dell’anno scorso), si tratta del messaggio privo di alcun contenuto concreto. Nemmeno una parola sulla complessità dei problemi – ma nemmeno sui pochi momenti positivi – che lo Stato ha dovuto affrontare nell’anno passato e dovrà continuare ad affrontare nel 2019 sotto la sua guida.
In mezzo alle formule generiche che si possono osservare nella maggioranza dei suoi discorsi pubblici, questa volta ha però preferito inserire un concetto spesso già trasmesso ma che fino ad ora ha sempre lascito fuori dal discorso per l’anno nuovo. Intendo il concetto della solitudine a livello internazionale. Seppure il crescente isolamento della Russia sia la diretta conseguenza della politica internazionale russa/putiniana (soprattutto a partire dal 2014 si sta facendo il possibile per meritarsi lo status del «rogue State»), cerca di convincere la popolazione della ostilità ingiustificata del mondo esterno. Non è vero che «non siamo mai stati aiutati». Io stesso mi ricordo la difficile situazione alimentare dei primi anni ’90, quando gli aiuti umanitari europei e statunitensi erano stati di enorme aiuto. (Prima o poi scriverò di un esempio, della carne in scatola distribuita a scuola un giorno del gennaio freddo: portare fino alla casa i 10 kg miei e allo stesso tempo aiutare a farlo a una compagna del classe residente nel palazzo vicino al mio era stata una missione di sopravvivenza in tutti i sensi). Dai racconti degli anziani so degli aiuti statunitensi degli anni ’40: nel corso della Seconda guerra e immediatamente dopo. Dai libri di storia so degli aiuti fondamentali sempre americani durante la carestia dei primi anni ’20. Questi sono solo gli esempi più grandi degli aiuti ricevuti dalla popolazione russa nei momenti della impotenza dello Stato.
Di conseguenza, nel mio messaggio per il felice 2019 avrei solo una cosa da augurare a Vladimir Putin: la pensione.


Pacifico anno nuovo!

Come succede già da alcuni anni, anche questo dicembre il Ministero della Difesa russo ha pubblicato sul proprio sito un calendario «umoristico» per l’anno seguente. Esso è scaricabile seguendo questo link, ma, essendo disponibile solamente in lingua russa, dovrebbe essere tradotto in italiano. Chi lo tradice se non io?
Gennaio 2019 – «La consegna dei carichi in ogni punto del mondo»
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Il padre del Ded Moroz

Due anni fa mi era già capitato di scrivere della figura di Ded Moroz, cioè il personaggio che in Russia (e tanti altri Stati dell’ex URSS) porta i regali la notte del Capodanno invece che per il Natale. La scelta di sostituire la festa e il relativo personaggio «mitologico» ha una chiara fondatezza ideologica.
Ebbene, poco fa ho scoperto che il personaggio politico sovietico che per primo – negli anni ’30 – formulò l’idea di dare alla popolazione una festa sostitutiva del vietato Natale, si è guadagnato un articolo storicamente decente sulla Wikipedia italiana.
Come sanno o immaginano alcuni miei lettori, l’autore del presente post è un agnostico con delle forti tendenze all’ateismo. (Tra parentesi: l’ateismo vero presuppone un livello di conoscenza che devo ancora raggiungere.) Di conseguenza, l’opinione condivisa da tutta la redazione del mio blog personale è la seguente: qualora la sopracitata fortunata proposta di Pavel Postyshev fosse stata la sua unica azione politica e professionale, oggi avremmo avuto un nome concreto da ricordare positivamente durante uno dei numerosi brindisi della notte di Capodanno.
E invece siamo costretti a prendere il meglio da una persona del cazius…