La fabbrica russa KMZ ha annunciato di voler far risuscitare il vecchio e glorioso brand e quindi produrre, assieme alla Leica, un nuovo modello: «Zenit M». In base al piano iniziale dovrebbero esserne prodotte 500 unità. Il corpo della macchina sarà prodotto dalla Leica e gli obiettivi (Zenitar 35mm f/1,0) dalla KMZ. Tali macchine fotografiche verranno vendute in Russia e in Europa a un prezzo tra 5 e 6 mila euro.
Ecco, quello che ho scritto nel primo capoverso è tutto ciò che si sa del futuro prodotto. Ai dati ufficiali appena elencati posso aggiungere solo alcune, poche, considerazioni. In primo luogo, sottolineo che la spartizione dei compiti appare del tutto logica: dal 2005, ormai, la KMZ produce solamente gli obiettivi (le cui qualità e caratteristiche tecniche non sono evolute di molto rispetto ai tempi sovietici). In secondo luogo, i corpo-macchina prodotti dalla Leica non possono costare meno di una certa somma (pur essendo di qualità non di molto superiore a molte altre marche note; la gente paga il marchio). A preoccuparmi, dunque, sono due cose.
1. Chi sarà disposto a spendere più di cinque mila euro per una macchina fotografica «firmata» Zenit? Fino al 2005 le uniche qualità del marchio realmente apprezzate in tutto il mondo erano la semplicità e l’indistruttibilità.
2. Riuscirà (avrà la capacità tecnica?) la KMZ a produrre gli obiettivi perfettamente compatibili con un prodotto della Leica? Conoscendo le tradizioni industriali russe, dubito. [Per coloro che non conoscono la realtà industriale russa preciso: nessuna fabbrica russa è capace di produrre due pezzi identici. Nemmeno quando si tratta delle tubature per l’idraulica: lo spessore o la lunghezza o il diametro o la regolarità della forma saranno diversi da un pezzo all’altro.]
Boh, vedremo…
L’archivio della rubrica «Russia»
L’azienda russa Zolotoj Brend (il nome si traduce in italiano come il brand d’oro) ha presentato la richiesta di registrazione del marchio «Petrov & Boshirov». L’ambito di applicazione del futuro marchio rientra, secondo i richiedenti, nella categoria «merci e servizi». Ma il fatto più curioso è: sotto il marchio «Petrov & Boshirov» si intende produrre le sostanze chimiche per l’industria e per la ricerca.
Ebbene, sarebbe il caso di scrivere una frase che inizia col aspetto con ansia… Sì, aspetto con ansia che sotto il suddetto marchio vengano prodotte anche le sostanze «per la casa».
Il fotogramma dell’"intervista" ai due mostrata dal canale russo Russia Today il 13 settembre.
Per tutti coloro che vivono nel totale isolamento dal nostro mondo bellissimo, preciso: Aleksandr Petrov e Ruslan Boshirov (nomi partoriti dalla fantasia di una nota organizzazione) sono quei due fantastici personaggi, che vengono sospettati dalla polizia inglese per l’uso del Novichok nella città di Salisbury.
Dal lunedì 24 al venerdì 28 settembre si terrà a Milano la cosiddetta «Missione culturale russa». Si tratta di una serie di iniziative volte alla promozione della cultura russa in Italia. Tutti i dettagli possono essere letti sulla pagina dedicata della Camera di Commercio Italo-Russa. Io, almeno nel post di oggi, mi dedicherei ai film russi che verranno proiettati in quei giorni.
In primo luogo, devo constatare che dei 5 film in programma solo uno è stato girato da un regista realmente famoso (e non tutti come è sostenuto nell’annuncio). Si tratta del film «Bolshoj» di Valerij Todorovskij che dovrebbe essere proiettato il venerdì 28 settembre. Ed è un film veramente bello: ve lo avrei già consigliato per iniziativa propria se solo avessi la certezza che fosse tradotto in italiano. Ora sono molto contento che i milanesi abbiano la possibilità di vederlo. E non importa se, eventualmente, non vi intendete del balletto classico: la sola storia raccontata nel film vi porterà ai giusti ragionamenti circa il raggiungimento dei propri obbiettivi. Il raggiungimento che comporta tanti sforzi, sacrifici, conflitti e, infine, un certo risultato. In sostanza, parla della vita passiva che ci aiuta a scappare da una vita deprimente.
Il secondo tra i programmati film che conosco è «Rock» di Ivan Shakhnazarov. Evito di consigliarvelo perché mi è sembrato mediocre.
Gli altri tre film mi sono totalmente sconosciuti. In parte perché non sono ancora usciti ufficialmente, e in parte perché non mi è mai capitato di leggere alcunché su di essi (e già questo mi fa sorgere alcuni dubbi).
Ecco, volevo comunicarvi solo questo.
P.S.: i non-milanesi possono consolarsi con altri miei consigli cinematografici.
Tutti (o quasi) conoscono lo stemma russo, quello con una aquila a due teste che tiene nelle zampe uno scettro e un globo crucigero (alla fine di novembre avevo scritto della sua storia).
Ora che tutti si sono ricordati dello stemma, passiamo al vero argomento di questo post. Non tutti (o quasi) sanno che in Russia l’anno scolastico inizia l’1 settembre. Tale data fu stabilita per legge come l’unica per tutto lo Stato solo nel 1935, ma di fatto si affermò in molte zone della Russia attuale nel corso dei duecento anni precedenti.
Inoltre, non tutti sanno che il «diario» di ogni scolaro russo è un documento, per di più importantissimo: serve non solo per scriverci gli orari delle lezioni o i compiti da fare (in teoria) a casa. Il «diario» svolge pure la funzione del libretto per la trascrizione dei voti presi tutti i giorni dall’alunno e per le comunicazioni scritte tra gli insegnanti ed i genitori. Di conseguenza, il «diario» è un oggetto standardizzato, uguale per tutti gli alunni non solo della scuola, ma pure della città o addirittura regione.
Ebbene, quest’anno a Surgut agli alunni del primo anno di scuola è stato fornito il diario con uno stemma della Russia un po’ particolare:
Vediamolo in un formato più grande:
Ora i dipendenti del Municipio dicono che si sarebbe trattato di un errore del designer… Ma secondo me è troppo difficile creare «per errore» una cosa del genere. Direi che l’autore della immagine ha un ottimo senso di humor.
Pochi giorni fa l’azienda russa Innoval (non ha un sito web!) ha presentato il proprio concept della automobile volante. L’apparecchio mostrato al pubblico di una fiera di aviazione ha la carrozzeria in cartone e quattro eliche «sufficienti per decollare e volare» che in modalità «automobile» si fissano con dei chiavistelli.
Per il perfezionamento del progetto è necessario, secondo l’azienda, un miliardo di rubli (circa 125.000 euro).
Anche io so incollare insieme dei pezzi di cartone! Qualcuno mi da 125.000 euro che faccio uno smartphone di cartone capace di sbucciare le patate?
Purtroppo non è una barzelletta. Ieri il Kalashnikov Group ha presentato il concept della propria supercar elettrica CV-1 che dovrebbe fare la concorrenza alla Tesla. La concorrente della Tesla sarebbe questa:
Vediamo anche la parte posteriore:
Le altre foto possono essere contemplate sulla pagina ufficiale della azienda. Io, invece, mi limiterei a constatare altri due aspetti importanti:
1. Quella che vedete sulla foto è la carrozzeria di una Izh-2125 «Kombi» (si veda il mio vecchio articolo sul modello) con un livello di ammodernamento tipico di un box privato (conosco degli artigiani capaci di fare molto più delle cornici cromate e le luci nuove).
2. Per fare la concorrenza alla Tesla ci vogliono tanti soldi di colore verde, tante tecnologie moderne, tanti ingegneri aggiornati e fantasiosi, il clima di concorrenza stimolante sul mercato di interesse. Cioè un insieme di fattori che «Kalashnikov» non ha mai avuto nel corso della propria storia. Il Kalashnikov Group sopravvive grazie agli ordini statali, produce prevalentemente le armi coppiate decenni fa dai modelli analoghi occidentali e non è abituato al concetto stesso della concorrenza. Di conseguenza, il l’annuncio sulla imminente produzione di una supercar elettrica è in realtà solo un ennesimo tentativo di estorcere degli finanziamenti a fondo perso dallo Stato.
Ora siete molto più aggiornati sulle innovazioni tecnologiche russe.
Diciotto anni fa, il 20 agosto 2000, l’ultimo imperatore russo Nikola II, la sua moglie Aleksandra e i loro cinque figli sono stati canonizzati dalla Chiesa ortodossa russa come portatori della passione. Non avrei mai ritenuto necessario scriverne se questa non fosse stata una delle prime importanti «operazioni congiunte» politiche tra la Chiesa ortodossa russa e lo Stato nella storia recente della Russia.
Negli anni ’90 del XX secolo, cioè nel periodo dei preparativi all’evento, la sola idea della monarchia era per nulla popolare nella società russa (divisa in nostalgici del periodo comunista e i sostenitori della democrazia). Inoltre, i 22 anni e mezzo di regno di Nikola II ci forniscono ben pochi elementi per considerarlo – almeno dal punto di vista della morale contemporanea – un santo. Repressioni politiche, guerre, il rammarico più volte espresso per i troppi pochi manifestanti uccisi dalla polizia, il quasi totale disinteresse per propri obblighi «lavorativi» da monarca, la passione per la caccia tale da sparare a ogni animale o uccello incontrato per strada (ebbene sì, i cani e i gatti compresi), una visione particolare della Chiesa ortodossa tanto originale da autoproporsi (all’inizio del ’900) come candidato alla posizione di Patriarca, etc. L’unico pregio indiscutibile: fu un buon padre di famiglia. Ma questa ultima caratteristica non proprio sufficiente per diventare un santo.
Insomma, negli anni ’90 i vertici politici della Russia non avevano il coraggio di riproporre almeno in una minima parte il quadro socio-politico precedente alla rivoluzione (oggi, invece, hanno il coraggio: tra sei anni potremmo avere di nuovo uno zar, indovinate il nome). Quindi avevano deciso di mascherare la riabilitazione dell’istituto stesso della monarchia con la canonizzazione dell’ultimo monarca. E il pretesto «tecnico» capace di soddisfare almeno la metà della popolazione consiste proprio negli ultimi sedici mesi della sua vita. Cioè nel come ha affrontato il periodo più pesante della sua vita: i mesi sotto l’arresto e la morte. Nei suoi diari, infatti, possiamo leggere che Nikola II destituito affronta tutte le difficoltà senza cattiveria o/e sete di vendetta, quasi con umanità e umiltà, accettando tutto come la volontà di colui in chi credeva.
Di conseguenza, è stato canonizzato non per la vita condotta in modo giusto e non come un martire (ucciso dai creatori di un regime politico ancora più disumano del suo), ma come un portatore della passione. Quest’ultima espressione, utilizzata prevalentemente dalla Chiesa ortodossa, indica le persone che affrontano la morte sofferente dalla mano dei loro nemici non per la fede, ma per cattiveria, cupidigia o perfidia.
L’intenzione di fare un primo passo verso la riabilitazione della monarchia è inoltre coincisa con la volontà di canonizzare una vittima esemplare (oppure è meglio dire simbolica?) del regime comunista. In tal senso la scelta è stata fatta bene: in seguito alle turbolenze politiche del 1917 l’imperatore Nikola II ha perso molto più di qualsiasi altro russo.
A volte anche in Russia l’avvicinarsi delle elezioni produce qualche effetto positivo. Per esempio, in vista delle elezioni locali del 9 settembre 2018 sul sito del sindaco di Mosca Sobyanin è stato pubblicato il panorama della città ad alta risoluzione.
È possibile girarla in tutte le direzioni e ingrandire i punti di vostro interesse (tenendo premuto il tasto destro del mouse e girando la rotella). Per esempio, questo edificio alto giallo-bianco con il tetto grigio e degli alberi in cortile è una scuola che ospitò nelle proprie aule alcuni scolari particolari: tra gli altri, i figli di Iosif Stalin negli anni ’30 e ’40 e l’autore del presente post per tutti gli anni ’90 (ma quando ero un piccolo scolaro, il colore dell’edificio era verde chiaro).
Invece questa è la mia futura residenza (ma c’è un po’ di disordine, quindi non la faccio vedere da vicino).
Volendo potete provare anche voi a «fare un giro» per la città.
Come avete già molto probabilmente letto, ieri i cinque Stati che hanno l’accesso al Mar Caspio (Russia, Kazakistan, Azerbaijan, Iran e Turkmenistan) hanno firmato, dopo 22 anni di tentativi, un accordo sul suo status legale. Infatti, dal 1996 si discuteva su due questioni ritenute fondamentali da tutte le parti: i limiti delle acque territoriali e il passaggio dei gasdotti.
Il risultato dell’accordo è una convenzione che mi sembra sorprendentemente ben fatta. Se non dovesse essere tradotta in italiano entro la fine di settembre, proverò a occuparmene io (tanto non è lunga). Intanto comunico che è stato trovato il modo di stabilire la profondità delle acque territoriali (15 miglia) e le regole chiare sull’utilizzo del resto delle acque.
L’aspetto più curioso di questa storia è però un altro: dopo avere studiato la notizia, per ben due motivi ho pensato subito alla Cina. In primo luogo, la Russia ha dimostrato di poter essere più flessibile (e quindi più «producente») dal punto di vista diplomatico: la Cina non riesce a risolvere da decenni la questione del Mar Cinese Meridionale solo a causa della propria l’avidità (ma un po’ anche per quella posizione di forza che le Russia non ha nei confronti dell’Iran). In secondo luogo, è evidente che la Russia stringe gli accordi territoriali veri solo con gli Stati che non può occupare militarmente (conosciamo degli esempi) o che non può proclamare in via unilaterale come dei propri alleati anti-occidentali (di fatto regalando dei ampi territori e costruendo dei oleodotti convenienti solo per la controparte: entrambe le cose sono successe nei rapporti russo-cinesi).
Qual è la conclusione che potremmo trarre dal capoverso precedente? C’è uno Stato molto esteso che è molto bravo solo in qualità di un attore locale.
Oggi faccio un altro tentativo di consigliare ai miei amatissimi lettori un film russo non troppo cupo o triste (il primo tentativo è stato fatto quasi un mese fa). Si tratta comunque di una impresa non facilissima: non perché mancano dei film russi allegri di qualità, ma perché nella maggioranza dei casi essi non sono tradotti in italiano. Inoltre, non so ancora quanto sia opportuno consigliarvi dei film russi tradotti in inglese.
Il film che sto per consigliarvi oggi, però, dovrebbe essere reperibile con una certa facilità anche in italiano. Ebbene, il film è «Città Zero» (1988, regista Karen Shakhnazarov).
Per evitare di fare dei spoiler, mi limito a comunicarvi che si tratta di un curioso «trapianto» della trama de «Il castello» di Kafka nella realtà quotidiana della tarda URSS. Quindi pur risultando, formalmente, un film mistico/di fantascienza, «Città Zero» descrive in modo quasi documentale i processi decisionali nello Stato sovietico. La sua fortunate realizzazione è stata possibile allo stato abbastanza avanzato della Perestroika e alla conseguente espansione del concetto della «critica costruttiva», ma anche alla autorevolezza del regista.
È un film fortemente consigliato!