Per fortuna non è ancora stato emanato un decreto che ci obbliga a essere tristi e impauriti. Quindi pubblico una freschissima video-testimonianza di come passano le pause tra un volo e altro i medici russi addetti al controllo dei passeggeri in arrivo dall’Europa a Mosca (aeroporto Sheremetyevo):
La musica è riconoscibile almeno quanto il motivo per il quale la protagonista è vestita in quel modo.
L’archivio della rubrica «Russia»
Stamattina la Duma (Camera bassa del Parlamento russo) ha approvato in terza e ultima lettura le modifiche al testo costituzionale russo. Su 426 deputati presenti, 383 hanno votato a favore e 43 si sono astenuti. Per una serie di motivi non trovo per ora molto sensato commentare il contenuto tecnico di tutte le modifiche. In primo luogo, perché alla seconda lettura (svoltasi ieri pomeriggio) ne sono state proposte 390, e chissà quante altre sorprese arriveranno prima della approvazione da parte della Camera alta. In secondo luogo, ho paura di affrontare l’argomento perché l’attuale «riforma» rappresenta una grave forma della schizofrenia giuridica. Riconosco, però, che prima o poi almeno un commento breve dovrà essere fatto.
Oggi, invece, preferirei concentrarmi su un triste e piccolo fatto.
Non penso che qualcuno dei miei lettori sia sorpreso dal fatto che Vladimir Putin vuole rimanere al potere fino alla fine (fortunatamente, per cause naturali tale fine è sempre più vicina). Sin dall’inizio è stato altrettanto evidente che l’obiettivo principale della riforma è il mantenimento di Putin al potere. Ed ecco che, proprio ieri, ne abbiamo avuto una conferma ufficiale.
Come probabilmente sapete, la Costituzione russa consente alla medesima persona di ricoprire la carica presidenziale per massimo due mandati consecutivi. Tale formula dovrebbe, pare, rimanere anche nella costituzione riformata. Di conseguenza, Vladimir Putin, che nel 2024 finisce la sua seconda coppia di mandati, dovrebbe dovuto inventarsi qualche trucco per rimanere al potere: annullare il limite di mandati, istituire qualche nuova carica apposita o diventare il primo ministro per un mandato come è già accaduto tra il 2008 e il 2012. La sua idea di riformare la Costituzione ha però fatto pensare a tutti che la scelta fosse tra le prime due opzioni.
Ma in realtà è tutto molto più semplice! Prima della seconda lettura di ieri, la deputana Valentina Tereshkova (forse conoscete già questo nome) ha ufficialmente fatto una proposta geniale: azzerare i mandati ricoperti da Putin a causa delle modifiche sostanziali nel testo costituzionale che regola l’istituto del Presidente della Federazione Russa.
Vladimir Putin, da parte sua, è casualmente passato nelle vicinanze della Duma due ore dopo tale «proposta spontanea» ed è entrato in aula per affermare: «non sono contrario all’idea, ma essa si realizza solo se la Corte Costituzionale e il popolo la riterranno regolare».
Non penso che sia necessario continuare.
Aggiungo solo che alla notizia appena riportata sono seguite le battute più o meno interessanti da parte del popolo menzionato da Putin. Assieme ai mandati, i singoli rappresentanti del popolo chiedono di azzerare il prestito ipotecario (cioè il mutuo), qualche anno/decennio di età, le dimensioni della pancia e tante altre cose. Confidiamo nella Tereshkova!
P.S.: non scrivere del coronavirus in questo periodo è un delitto? Perdonatemi, cari lettori. Mi correggo presto!
Una notte dell’aprile del 1953 lo scrittore russo Nikita Krivoshein stava tornando a casa a piedi dopo una sera trascorsa con degli amici. Passando di fronte alla sede centrale della KGB (all’epoca si chiamava NKVD), aveva improvvisamente compreso che la vita – non la sua, ma in generale – è cambiata radicalmente. Per darsi una spiegazione razionale di questa illuminazione gli ci erano però voluti alcuni attimi.
Ma alla fine la spiegazione era arrivata.
Nel palazzo della KGB, a differenza di tutte le notti dei decenni precedenti, non c’era nemmeno una finestra illuminata.
Non so se devo precisare, per le persone nate e cresciute al di fuori dal contesto della storiografia russa, in conseguenza a quale evento fu possibile quel cambiamento…
Per me il 5 marzo – la data ufficiale della morte di Stalin – è sempre una festa.
Ieri, all’età di 95 anni, è morto l’ultimo maresciallo ancora vivente dell’URSS – e l’ultimo Ministro della difesa dello stesso Stato – Dmitry Yazov. La sua età, il suo grado e il suo incarico non sono però sufficienti per ricordarlo sulle pagine di questo blog.
Lo ricordo in qualità di uno dei otto membri del Comitato statale per lo stato di emergenza. Sì, intendo quei otto anziani impauriti per la imminente perdita del potere che tra il 18 e il 21 agosto del 1991 avevano tentato di invertire il corso della storia con un colpo di Stato. Avevano cercato di rianimare, con tanta forza, la fottuta URSS che proprio in quei giorni passava gli ultimi giorni della propria agonia. La lotta contro la storia è già una impresa inutile; in aggiunta gli otto anziani avevano tantissima paura: se rivedete i filmati, notare facilmente come tremavano le loro mani.
Dmitry Yazov, in forza della sua professione e del suo incarico, aveva ordinato l’ingresso dell’esercito nel centro di Mosca. Allo scopo di «riconquistare» il palazzo del Governo sovietico e «difendere» altri punti strategici dal proprio popolo. Certo, una parte dei militari impiegati si era schierata con l’oppositore Boris Eltzin, ma un’altra parte era pronta a eseguire ogni ordine del Ministro Yazov.
Ecco, non so cosa sia successo nella testa di Dmitry Yazov nel corso della notte tra il 20 e il 21 agosto, ma, nonostante la pressione esercitata dai colleghi, si era rifiutato di usare l’esercito contro i cittadini comuni. E, di conseguenza, aveva ordinato il ritiro dell’esercito dalla città. Il Comitato aveva dunque perso.
Nei successivi 29 (quasi) anni sono accadute un po’ di cose. Ma, in ogni caso, ora posso dire:
Riposa in pace, Dmitry Yazov
Nei giorni scorsi mi è stato segnalato che già a partire dal 9 gennaio è possibile vedere nei cinema italiani il secondo film del giovane regista russo Kantemir Balagov: «La ragazza d’autunno» del 2019. Non so perché abbiano tradotto il titolo in questo modo: forse per mancanza di un correspettivo dell’originale «Dylda» – una persona eccessivamente alta, magra e poco proporzionata.
In ogni caso, è un bel film che merita di essere visto. Prima o dopo lo avrei sicuramente consigliato anche per iniziativa propria. Seppure con un po’ di ritardo, in questi giorni posso inoltre augurare a tutti i lettori di organizzarsi in tempo per vederlo sullo grande schermo. Il tentativo dei germogli ancora verdi di sopravvivere in un mondo arrugginito – metafora non casuale – si osserva meglio così.
Approfitto della occasione per ribadire: secondo il mio giudizio personale, il primo film di Kantemir Balagov («Tesnota» del 2017) è uno dei migliori film russi del XXI secolo.
Il venerdì scorso avevo scritto del programma cinese volto a introdurre l’uso obbligatorio totale del hardware e del software nazionali per tutti i lavori svolti per conto dello Stato.
Da oltre un anno anche in Russia si discute di un provvedimento del genere, ma non si è ancora arrivati a un obbligo totale e sistematico, nemmeno sulla carta. Il 21 dicembre 2019 è stato firmato l’ultimo, dal punto di vista cronologico, provvedimento in materia: l’ordinanza del Governo firmata dall’ex premier Dmitry Medvedev. L’atto introduce un divieto di durata biennale per l’acquisto dei sistemi di archiviazione di dati di produzione straniera destinati a coprire le necessità statali e municipali.
Dal punto di vista teorico, sono sempre stato contrario alle misure del genere per almeno due motivi:
1) il protezionismo non ha mai aiutato, da nessuna parte del mondo, a sviluppare dei prodotti o servizi di qualità elevata;
2) i monopolisti nazionali – figli del protezionismo – alzeranno in modo ingiustificato i prezzi, dando anche spazio alle situazioni di corruzione.
La realtà russa, però, è come al solito ancora più interessante. Oggi vi propongo due esempi concreti interessanti.
Iniziamo dalla azienda moscovita Mayak che produce delle «soluzioni per i network». Vediamo la scatola nella quale viene imballato e venduto il loro switch HW-AMUR-CE-68…
… e proviamo a staccare l’etichetta: Continuare la lettura di questo post »
Il 29 dicembre 2003 il funzionario Boris Gryzlov fu eletto alla carica del Presidente della Duma (rimanendo poi in carica fino al 14 dicembre 2011). I giornalisti ricordano che proprio quel giorno Gryzlov pronunciò una delle sue frasi più famose: «Il Parlamento non è un luogo per discutere».
Perché stamattina, per l’ennesima volta, mi è venuto in mente l’aforismo appena citato? Perché ho visto i risultati della prima votazione alla Duma sul testo di riforma costituzionale russa. Dei 450 parlamentari facenti parte della Duma, in aula erano presenti in 432. Tutti hanno votato a favore.
Ogni volta che qualche mio amico o conoscente italiano inizia a parlare o chiedere della opposizione presente nel Parlamento russo, a me viene da ridere. Chissà se almeno ora qualcuno riesca a capire il perché.
La settimana scorsa avevo promesso di approfondire un po’ due grandi notizie russe: la «proposta» della riforma costituzionale avanzata da Vladimir Putin e le dimissioni del Governo russo guidato da Dmitry Medvedev. Nonostante una quantità incalcolabile delle notizie in merito che abbiamo letto e sentito negli ultimi giorni, i principi di base sempre validi sono tre:
1) l’obiettivo della riforma annunciata è sempre quello: trovare il modo di rimanere al potere per sempre;
2) a quanto pare, i consulenti costituzionalisti hanno proposto a Putin una serie di versioni differenti della riforma e Putin, nel suo discorso del 15 gennaio, anziché scegliere una sola versione, ha deciso di buttarle tutte in un’unica proposta priva di ogni logica giuridica interna;
3) le dimissioni del Governo presentate da Medvedev il giorno stesso non hanno alcun senso politico e giuridico nell’ottica della futura riforma costituzionale. Evidentemente si tratta di una mossa populista concordata anticipatamente tra i due personaggi (il principale vuole far vedere di avere cacciato il Governo «cattivo» che non gli permetterebbe di migliorare la vita del popolo).
Il primo principio non dovrebbe essere di grande sorpresa per i miei lettori.
Il secondo punto richiederebbe una attenta analisi giuridica della proposta, ma non so quanti lettori ne siano realmente interessati. Quindi sottolineo solo alcuni piccoli dettagli. Per esempio, vediamo chiaramente che Putin si riserva almeno due possibilità: rimanere Presidente della Russia oppure passare alla Presidenza del Consiglio di Stato istituito con la riforma. Le competenze concrete e la composizione di quest’ultimo organo non sono però menzionate nel testo della riforma. Leggiamo solo che dovrebbe «coordinare il funzionamento delle Istituzioni e determinare le linee guida principali della politica interna ed estera». Boh… L’opzione di rimanere Presidente della Russia, invece, è deducibile da una strana riscrittura delle competenze presidenziali: una parte di esse dovrebbe passare al Parlamento, ma allo stesso tempo il Presidente otterrebbe delle ampie possibilità di bloccare o annullare le decisioni del Parlamento.
Non penso che il Parlamento approvi un testo di riforma costituzionale sensibilmente diverso da quello che è stato sottoposto alla sua attenzione (ieri, dopo soli tre giorni lavorativi dal discorso di Putin), ma trovo più sensato commentare in dettaglio un testo già approvato in almeno una lettura.
Il mio terzo punto, infine, non deve fare pensare che l’influenza politica di Dmitry Medvedev sia in qualche modo diminuita. Assolutamente no! Poche ore dopo le dimissioni egli è stato nominato vice-presidente del Consiglio di sicurezza russo. Il presidente del Consiglio di sicurezza – sorpresa! – è Putin. E, la cosa più interessante, il disegno di legge per la creazione dell’incarico di vice-presidente è stata presentata alla Duma quattro ore dopo la nomina di Medvedev. Insomma, non dimenticatevi di questo simpatico personaggio: nonostante l’apparenza, non un semplice pupazzo politico.
Concluderei il post odierno con una antichissima barzelletta belorussa circa la votazione popolare in merito al mantenimento di Aleksandr Lukashenko al potere:
La domanda sottoposta al referendum: «Lei non è contrario al fatto che Lukashenko rimanga Presidente della Belorussia a vita?»
Le varianti della risposta:
«Sì, non sono contrario»
«No, non sono contrario»
Carissimi lettori, non preoccupatevi: commenterò all’inizio della settimana prossima le dimissioni del Governo russo e la imminente riforma costituzionale menzionata ieri da Putin. Nel frattempo ribadisco uno dei concetti chiave: si sta cercando una formula alternativa per farlo rimanere al potere anche dopo la scadenza dell’attuale mandato.
Oggi, invece, vorrei segnalarvi un bel articolo sull’argomento che prima o poi avrei trattato io stesso. Il «Science», una delle riviste scientifiche più importanti al mondo (assieme al «Nature»), ha dedicato un testo al progetto russo «Dissernet». Quest’ultimo è una associazione di scienziati, giornalisti e semplici cittadini indifferenti che hanno unito le forze per smascherare i falsi scienziati tra i politici russi. Infatti, da quasi vent’anni nel mondo politico russo è diffusa la moda di possedere almeno un titolo di studio superiore al semplice diploma di laurea. Quei titoli vengono solitamente ottenuti in modo molto fantasiosi e quasi mai onesti. I membri del «Dissernet» analizzano le tesi, avvisano i loro «autori» dei risultati e, nel caso della mancata rinuncia volontaria al titolo, danno il via alla battaglia per la privazione del titolo.
Insomma, voi leggete l’articolo di «Science» e io, prima poi, vi racconto di qualche esempio di smascheramento curioso.
Stamattina il presidente russo Vladimir Putin ha tenuto il discorso annuale davanti alle Camere unite del Parlamento russo (la Duma e il Consiglio federale). Non mi sarebbe mai venuto in mente di scriverne perché ormai da oltre un decennio si tratta, nel migliore dei casi, di una manifestazione abbastanza noiosa e priva di contenuti realmente concreti. Al massimo viene mostrato qualche cartone animato sui fantomatici razzi russi capaci di colpire e distruggere la Florida.
Alla fine del discorso di quest’anno, però, si è registrata una comunicazione interessantissima da parte di Putin.
No, non ha preannunciato la propria pensione politica. Tanto ci ricordiamo bene che alla scadenza del suo mandato nel 2024 non potrebbe, secondo la Costituzione russa, essere eletto nuovamente.
Pure i miei lettori italiani, però, dovrebbero ricordare bene che nel 2008 Putin aveva già raggiunto, per la prima volta nella sua carriera presidenziale, il limite costituzionale di due mandati consecutivi. All’epoca aveva regolato la questione lasciando fare a Dmitry Medvedev un mandato «di pausa»: per poi tornare e farne altri due. Ma negli ultimi anni gli analisti sostengono che Putin non sarebbe più disposto di concedere la custodia temporanea della carica suprema ad altre persone, nemmeno al tanto fidato Medvedev. E quindi starebbe cercando altri modi di rimanere al potere anche dopo il 2024. Non si capisce molto perché lo voglia fare. Potrei esprimere alcune idee in merito, ma l’argomento del post odierno è un altro.
Torniamo al discorso davanti alle Camere. Esso si è concluso con una proposta (nel linguaggio politico putiniano è un sinonimo di ordine) della riforma costituzionale. Essa consisterebbe, secondo Putin, nel trasferimento al Parlamento di alcune funzioni attualmente spettanti al Presidente. Così, dovrebbe passare al Parlamento il compito di nominare il Primo ministro e di confermare tutti i membri del Governo da egli proposti. Allo stesso tempo, il Presidente dovrebbe conservare, secondo Putin, il potere di sospendere il Primo ministro e i membri del Governo dai loro incarichi nei casi «della mancata fiducia» e «dello svolgimento inadeguato delle funzioni».
Cosa possiamo dedurre da questa proposta? Considerata l’obbedienza del Parlamento russo al Presidente, possiamo dedurre che Putin abbia deciso di creare un incarico di importanza primaria da ricoprire in prima persona dopo il 2024. Attribuendo al Parlamento il ruolo prevalente rispetto a quello del Presidente della Federazione Russa, potrebbe magicamente diventare il Presidente del Consiglio federale (la Camera alta del Parlamento). Per questo incarico nemmeno nella Costituzione attuale è previsto alcun limite di mandati ricopribile dalla medesima persona.
Non so ancora se ho indovinato. Ma nel caso positivo, tra quattro anni, dirò che non è stato particolarmente difficile.