Più o meno tutti hanno visto, nei giorni scorsi, la foto dei cosmonauti russi Oleg Artemyev, Denis Matveev e Sergey Korsakov arrivati sulla ISS il 19 marzo. Le loro tute hanno i colori della bandiera ucraina:
L’interessantissimo fenomeno dei colori viene ora giustificato dalle Autorità in modi più fantasiosi: alcuni sostengono che nei magazzini della Agenzia spaziale russa sarebbe stata accumulata troppa materia di colore giallo, mentre altri dicono che i colori scelti sarebbero quelli della Università tecnica statale moscovita N. E. Bauman. In ogni caso, non penso che ci sia stata l’intenzione (anche non dichiarata) di fare riferimento ai colori ucraini (la guerra è stata una sorpresa per tanti, mentre le tute vengono preparate con un buon anticipo rispetto all’inizio della missione spaziale). Però è altamente probabile che dopo la caduta del regime di Putin i vertici della Agenzia provino a spacciare questa scelta casuale per una coraggiosa protesta premeditata.
E poi suppongo che non tutti abbiano ancora visto questa foto di una scuola sportiva «della riserva olimpica» moscovita:
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L’archivio della rubrica «Russia»
Molto spesso nel mondo capitano delle notizie che sono particolarmente belle da leggere in parallelo anche se la correlazione dell’una con l’altra non è immediatamente evidente. Facciamo un esempio.
Il Wall Street Journal sostiene che l’amministrazione del presidente Biden starebbe preparando un pacchetto di sanzioni contro 328 deputati della Duma russa (in totale sono 450, tra questi 325 appartengono ufficialmente al partito di Putin «Russia Unita», mentre gli altri ratificano le volontà del presidente allo stesso modo ma con delle motivazioni leggermente diverse). Le future sanzioni prognosticate dovrebbero essere legate, ovviamente, alla approvazione della guerra di Putin contro l’Ucraina. Nello stesso articolo del WSJ si parla anche di alcune altre misure, ma ora, in questa sede, ci limitiamo ai deputati russi.
Allo stesso tempo, la rivista online russa «Holod» scrive che ai deputati del partito «Russia Unita» sarebbe stato vietato di uscire dal territorio russo senza l’autorizzazione del loro capogruppo parlamentare. Purtroppo, il sito e gli account sui social del «Holod» non hanno le versioni nelle lingue diverse dal russo, ma ho aggiunto comunque il link.
Le due notizie sono belle da leggere insieme perché potrebbero confermare una ipotesi abbastanza logica: non solo alcuni ormai ex giornalisti dei media statali, artisti, sportivi e altre persone note spesso usate come dei «testimonial» del regime di Putin sarebbero ora sempre più motivati a scappare. Quindi non stupitevi del fatto che tra un po’ da qualche parte del mondo inizino a comparire dei personaggi accumunati dalla stessa frase ripetuta centinaia di volte: «In realtà sono sempre stato contrario…». Perché, effettivamente, hanno sempre più motivi per farlo.
Nel frattempo, Alexey Navalny – il più noto (meritatamente, direi) oppositore russo – è stato oggi riconosciuto colpevole di altri due reati. Dall’inizio del 2021 Navalny sta scontando una reclusione a 2 anni e 8 mesi per «truffa» (con tale termine il «giudice» aveva definito la precedente attività imprenditoriale di Alexey e del suo fratello Oleg); ora a quel periodo dovrebbero aggiungersi altri 13 anni giuridicamente altrettanto fondati. Considerato l’impegno politico di Navalny, la nuova condanna non è assolutamente una sorpresa… Anzi, era evidente sin dall’inizio che sarebbe stato fatto tutto il possibile per tenerlo in carcere per più tempo possibile, con qualsiasi pretesto.
Alexey Navalny (a sinistra) e i suoi avvocati ascoltano la condanna – la foto di Sergey Fadeichev, scattata nella «sala stampa» del carcere dove si è tenuto il processo.
Ecco, nelle ultime tre settimane mi è capitato di sentire più volte una stranissima teoria complottista: che l’invasione militare dell’Ucraina sarebbe stata avviata per distrarre ogni possibile attenzione dal nuovo processo a Navalny. Ebbene, secondo il mio autorevolissimo parere si tratta di una teoria stupidissima. Anche quando due fenomeni si verificano in contemporanea, non sono necessariamente correlati tra loro. Soprattutto quando qualcuno (indovinate chi) ha la certezza di un totale disinteresse di quasi tutta la popolazione per almeno uno di quei fenomeni.
Nella vita reale raramente si riesce a fare una cosa alla volta, quindi sono inevitabili anche le coincidenze più strane. Per esempio, il processo a un oppositore considerato ormai «messo al sicuro» e una guerra che si illudeva di poter concludere vittoriosamente in pochi giorni. Ma, purtroppo, si riesce a fare tutte queste cose. Purtroppo, è anche giustificata l’attesa del disinteresse di una parte della popolazione a uno o entrambi gli eventi.
L’unico aspetto positivo della suddetta coincidenza è una semplice evidenza: Alexey Navalny non passerà in carcere tutti quegli anni. Infatti, la guerra in Ucraina che stiamo osservando non può non essere il culmine (e quindi la fine) del potere di Vladimir Putin. Non ha la possibilità di vincere e non ha la possibilità di perdere tornando alla relativa normalità di prima. Quindi dobbiamo solo osservare per quanti mesi ancora riesce a resistere.
Nel corso di queste [prime] tre settimane di guerra Vladimir Putin ha «raggiunto» alcuni risultati quasi sorprendenti. Ora non intendo alla catastrofe umanitaria, mi riferisco ad altro. Per esempio, ha portato al massimo il livello dell’unità nazionale ucraina, ha dato l’avvio alla fine della Russia che conoscevamo fino al 23 febbraio, ha ridotto al minimo la quantità degli scenari possibili della propria uscita dalla politica, ha indotto tantissimi ucraini e russi (e non solo, presumo) ad augurare apertamente la morte a una persona concreta… Tra i risultati meno traumatici c’è anche la trasformazione di Joe Biden – in un anno esatto – in un politico capace di dare le risposte concrete, intenzionalmente non diplomatiche: «Oh I think he is a war criminal».
In ogni caso, spero che non tenti nemmeno a raggiungere altri risultati di qualsiasi genere.
I giornali europei e i post su Facebook di alcuni miei amici europei mi suggeriscono che diverse persone hanno realmente paura di una guerra mondiale…
Mah… Per commentare qualsiasi cosa – anche i sentimenti meno razionali delle masse e delle singole persone – bisogna necessariamente operare con dei concetti razionali. Il problema principale è proprio questo: la persona che ha dato l’inizio a questa guerra è totalmente irrazionale. È irrazionale contrariamente addirittura alle mie vecchie valutazioni già non particolarmente positive circa le sue capacità intellettuali. Avendo in mente la razionalità di una persona mediamente normale (non era nemmeno necessario rendermi conto delle reali condizioni precarie dell’esercito russo), prima del 24 febbraio avevo dunque sempre ritenuto irrazionale l’ipotetica – ai tempi – l’invasione militare dell’Ucraina: perché immaginavo facilmente tutte le possibili conseguenze e mi illudevo nell’attribuire almeno lo stesso livello di immaginazione a Putin.
Ora, il ventunesimo giorno della guerra in Ucraina, potrei anche riprovare ad appellarmi alla razionalità e dire che l’esercito russo ha ampiamente dimostrato di non avere le capacità e i mezzi tecnici e umani sufficienti per condurre una guerra seria. Infatti, da tre settimane non sta riuscendo a raggiungere dei risultati voluti nel confronto con un esercito non particolarmente evoluto.
Ma, allo stesso momento, devo ormai riconoscere che per un presidente irrazionale non potrebbe essere un problema. È da considerare capace di attaccare gli altri Stati europei senza avere gli strumenti per farlo.
Anzi, uno strumento potente ce l’ha. Ma è inutile temerlo o anche semplicemente pensarci: se dovesse essere funzionante, noi non avremo alcun modo di reagire al suo utilizzo e in pochissimo tempo smetteremo di provare qualsiasi cosa. Fortunatamente, la NATO sta cercando di non provocare l’utilizzo del buttone rosso. Proprio per questo non entra direttamente nel conflitto: non istituisce la no-fly zone e non fornisce (quasi) le armi all’Ucraina.
Quindi il mio parere, in sintesi, è: la guerra tradizionale difficilmente arriverà sulla terra dell’Europa centrale/occidentale «grazie» alla scarsità dell’esercito russo. La guerra non tradizionale non avrà come protagonisti gli umani.
Più o meno tutti conoscono la bandiera russa contemporanea, quella con tre strisce orizzontali di colori bianco, blu e rosso. Ufficialmente a quei colori non è stato attributo alcun significato, mentre diverse persone cercano di interpretarli secondo le proprie preferenze politiche o in base alla propria concezione del bello. Dal punto di vista araldico, tutte quelle interpretazioni sono di natura non vincolante, delle semplici fantasie.
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Una delle domande più strane che mi capita di sentire costantemente negli ultimi giorni è quella sulla possibilità di una maggiore collaborazione tra la Russia e la Cina: secondo diverse persone i rapporti tra i due Stati dovrebbero intensificarsi dopo la quantità record delle sanzioni occidentali contro la Russia.
Devo tranquillizzare tutti: la Cina non fa regali. A nessuno. Gli ultimi vent’anni – più o meno – dei rapporti tra la Cina e la Russia hanno dimostrato alcune tendenze abbastanza chiare. Per esempio, la Cina (scrivo «la Cina» perché le decisioni importanti vengono prese dal partito al potere) concede i prestiti finanziari solo in presenza di precise garanzie. O, per esempio, partecipa alla realizzazione di grandi opere solo in presenza di garanzie circa un buon livello di redditività. O, ancora, non compra le materie prime a prezzi sconvenienti o in quantità superiori alle reali necessità (a qualcuno sembra strano anche questo? ahahaha). E, infine, non è fisicamente in grado di vendere alla Russia – come a qualsiasi altro Stato – quelle tecnologie che sono vietate alla Cina stessa.
Di conseguenza, la Russia non è, nelle sue condizioni attuali, un buon cliente per quella Cina che abbiamo conosciuto fino a oggi. Nel migliore dei casi la Russia potrà mantenere lo stesso livello di vendite delle materie prime (in questo contesto non è nemmeno rilevante riportare i numeri), ma non riuscirà a fare due cose:
1) attirare i capitali cinesi (non riuscendo a fornire garanzie a causa delle difficoltà dovute alle sanzioni);
2) continuare a essere un buon mercato per i produttori cinesi (a causa dell’impoverimento della popolazione e della uscita delle compagnie dei container dal mercato russo).
I rapporti tra la Russia e la Cina cambieranno. Molto probabilmente la Russia (il governo russo) cercherà di migliorare quei rapporti. Ma non vedo in quale modo la Cina possa salvare l’economia russa.
Meta (ex Facebook) permetterà agli utenti di Facebook e Instagram residenti in alcuni Stati di pubblicare le minacce e gli inviti alla violenza contro l’esercito russo. Inoltre, Meta non rimuoverà gli auguri di morte ai presidenti russo e bielorusso Vladimir Putin e Alexander Lukashenko. Alcuni paesi sono Armenia, Azerbaijan, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina. La Bielorussia, per qualche motivo a me sconosciuto, non è presente sulla lista di «alcuni Stati». In ogni caso, nella situazione attuale quella della Meta è una decisione purtroppo comprensibile, probabilmente anche più di comprensibile. Mi pesa tantissimo scrivere una cosa del genere, ma allo stesso tempo so benissimo che le norme giuridiche e morali permettono a ogni singolo militare – indipendentemente dal suo grado – di rifiutarsi di eseguire gli ordini criminali.
Con molta più serenità, invece, posso scrivere che apprenderei non solo con comprensione, ma anche con gioia la notizia della eventuale cessazione di ogni forma di censura nel segmento russo di Facebook. Infatti, quella moderazione delle pubblicazioni su Facebook (ma in sostanza si tratta della censura) da anni avviene in una modalità perversa: un oppositore al regime di Putin pubblica qualcosa di serio e/o commentato in modo un po’ emotivo, qualche utente pagato appositamente dal Cremlino lo denuncia per «violenza», il Facebook banna l’oppositore per x giorni senza entrare nel merito del problema. I ban del genere avvengono con una buona regolarità da anni, non si è mai vista alcuna tendenza (anche minima) al miglioramento della situazione. Ma almeno ora Facebook potrebbe sfruttare l’occasione e introdurre una forma di sanzione contro la Russia: smettere di moderare (quindi censurare) il segmento russo del social. Per il governo russo sarebbe stata una misura in un certo senso sensibile, sicuramente sarebbe stato un elemento di disturbo.
Certo, a partire dal 4 marzo 2022 Facebook è formalmente bloccato sul territorio russo per il volere degli organi governativi, ma i russi continuano tranquillamente a usarlo con l’aiuto dei vari VPN. Certo, a partire dal 5 marzo 2022 in Russia si applica la legge sulla responsabilità penale per la diffusione pubblica di informazioni consapevolmente false sulle azioni dell’esercito russo (fino a 15 anni di reclusione se dici o scrivi che la Russia sta conducendo una guerra in Ucraina). Ma ci sono molti utenti di lingua russa che vivono fuori dalla Russia e che potrebbero dunque continuare a diffondere le informazioni veritiere.
Insomma, tutti i social della Meta hanno una buona occasione di contribuire alla lotta del bene contro il male.
Di solito non piace la pubblicizzazione dell’aiuto, indipendentemente dal destinatario, dall’autore e dalle motivazioni di quest’ultimo. La compassione e altri sentimenti altrettanto positivi dovrebbero essere tra le doti basilari di una persona e quindi non costituiscono un motivo sufficiente per comprarsi un po’ di auto-pubblicità. Per distinguersi tra gli altri bisogna andare oltre a essere solo una brava persona.
Ma ieri ho saputo di una delle rarissime eccezioni: tre famosi e popolari personaggi russi hanno organizzato una raccolta fondi a favore dei cittadini ucraini che in questo periodo stanno fuggendo dalla guerra voluta da Vladimir Putin. Tale proposta di raccogliere i soldi è rivolta ai cittadini russi e ha due obiettivi. Il primo obiettivo è ovviamente quello di aiutare le persone che ora si trovano in una delle peggiori difficoltà possibili. Il secondo obiettivo è quello di dimostrare ancora una volta a sé stessi e al mondo che la vera Russia è meglio del presidente che ha voluto macchiare con la propria scelta criminale e personale tutti i concittadini.
Ecco, io vi racconto della iniziativa «True Russia» proprio per questo motivo. Per ricordare ancora una volta che la guerra in Ucraina è stata avviata dalle persone che non rappresentano i russi normali. Mentre i russi normali esistono, non sono pochi, sono contrari a questa guerra e stanno cercando di fare qualcosa con i mezzi disponibili ma limitati.
Gli organizzatori della «True Russia» sono:
Boris Akunin, uno famoso scrittore russo (ma non sono sicuro che i suoi libri migliori siano stati tradotti in italiano). Attualmente vive tra l’UK e la Francia.
Mikhail Baryshnikov, ballerino e coreografo che sicuramente conoscete almeno per sentito dire. Attualmente vive negli USA.
Sergey Guriev, professore di economia all’Istituto di studi politici di Parigi (Sciences Po) e l’ex chief economist all’European Bank for Reconstruction and Development (dal 2016 al 2019). Attualmente vive in Francia.
Ieri, l’8 marzo, Joe Biden ha annunciato il divieto dell’import del gas e del petrolio russi. Si tratta di una sanzione logica, ma dobbiamo ricordare che gli Stati Uniti (così come il Canada) non sono l’importatore principale delle materie prime russe in questione. L’importatore principale è l’Europa…
Ed ecco la Commissione europea propone agli Stati membri una bozza del piano di rinuncia al gas e al petrolio russi «molto prima del 2030». In particolare, le misure proposte dovrebbero ridurre la dipendenza europea dal gas russo di due terzi già entro la fine del 2022. Ehm… Non sarei in grado di valutare – velocemente, almeno – se sia un piano realistico, ma supponiamo pure che lo sia. Anche questa sanzione è logica. Sarà, soprattutto, una sanzione molto sensibile per l’economia russa in generale e per l’economia personale di molti personaggi vicini a Putin. [Potrebbe rivelarsi sensibile anche per l’economia europea, ma la pace, la libertà e i principi umani hanno un costo: nella vita ci sono dei momenti in cui non bisogna cercare di sottrarsene.] Di conseguenza, si può dire che sarebbe una sanzione pienamente («la più», direi) azzeccata. Nell’attesa di una redazione più e meglio definita del piano (del quale si potrà discutere con più serietà), vorrei solo ricordare ai miei lettori un altro aspetto.
Il gas e il petrolio russi sono attualmente già colpiti da sanzioni che io chiamerei «indirette». Infatti, gli acquirenti europei – e non solo quelli europei – già oggi hanno paura o addirittura non possono pagare il gas e il petrolio russi. Perché si tratterrebbe di fare dei pagamenti in dollari o in euro alle aziende russe che si trovano sotto le recentissime sanzioni.
Comunque sia il piano europeo di cui sopra, speriamo che l’inverno prossimo sia caldo!
E ancora di più speriamo – io lo spero – che la situazione odierna si risolva presto.