L’archivio della rubrica «Russia»

Distinguere le cause

Il presidente della Duma Vyacheslav Volodin ha scelto bene il momento e ha dichiarato (citando l’economista americano Jeffrey Sachs) che gli USA dovrebbero risarcire i Paesi colpiti dalla pandemia del coronavirus perché le autorità statunitensi potrebbero essere coinvolte nella diffusione del virus. L’accusa si basa sulla ipotesi che il virus della SARS-CoV-2 possa essere stato creato in un laboratorio biologico statunitense. Da anni – sì, ormai da anni – sappiamo che non ci sono prove a sostegno della teoria della origine artificiale del coronavirus.
Come succede quotidianamente in Russia, anche la dichiarazione appena menzionata di Volodin ha solo un semplice obiettivo: pronunciarsi in qualche modo contro gli USA per sottolineare di essere «dalla parte giusta». Di conseguenza, sarebbe una ennesima stronzata non degna di attenzione.
Ma io ne vorrei approfittare per ricordare: con l’inizio della guerra in Ucraina il mondo si è dimenticato abbastanza facilmente il periodo della pandemia e tutte le conseguenze economiche dei vari relativi lockdown. Vedo tantissime persone che attribuiscono la colpa della crisi corrente esclusivamente alla guerra e alle sanzioni contro Putin. Di conseguenza, sottolineo che bisogna fare uno sforzo mentale e ricordarsi di fare una distinzione tra i motivi delle difficoltà economiche attuali. Per esempio: l’inflazione è dovuta prevalentemente alle misure di sostegno delle economie durante la pandemia, mentre l’aumento dei prezzi del gas e del petrolio è invece dovuto alla guerra. Oppure: la carenza del grano in certe zone del mondo è dovuta alla logistica rovinata durante la pandemia e non perché meno del 3% del grano mondiale è bloccato in Ucraina.
Naturalmente, tutto questo non giustifica Vyacheslav Volodin, la guerra i complottisti vari.


Il doppio taglio

Non so se tutti abbiano già letto di una nuova grande vittoria del «tattico geniale» (ahahaha, ormai posso iniziare a pubblicare una serie di post specifici sull’argomento). Questa volta mi riferisco all’uso del gas naturale in qualità di una arma economica contro l’Occidente.
Ebbene, il giugno è stato il primo mese nella storia – praticamente dagli anni ’70 del secolo scorso – in cui l’UE ha importato più gas sotto forma di GNL dagli Stati Uniti che attraverso i gasdotti dalla Russia.

Ma dato che quasi sicuramente ve ne siete già accorti tutti, posso aggiungere qualche altra piccola osservazione utile, anche se non tanto sconosciuta. In sostanza, in questo periodo la Gazprom si sta autocancellando dal mercato europeo. In parte questo fenomeno è dovuto alla volontà di Putin di ricevere i pagamenti in rubli, in parte a causa delle sanzioni occidentali e in parte a causa delle «sanzioni di risposta» russe. Il risultato di tutto questo è molto curioso:
1) gli Stati europei hanno deciso – logicamente – di porre fine alla dipendenza dalle risorse naturali russe, ma si sono rese conto di realizzare tale progetto in pochi mesi: di conseguenza, i prezzi sono cresciuti bruscamente;
2) la Gazprom (tradotto in italiano parlato significa Putin) ha deciso di non sfruttare la situazione: anzi, insiste nel ridimensionare la propria posizione sul mercato europeo per non incassare troppo.
Ed ecco che è arrivato il momento della domanda di fine capitolo: contro chi viene utilizzata la famosa arma economica?
Proviamo a rispondere senza ridere.


Le soluzioni creative

Mi era già capitato di scrivere del molto «divertente» trucco del Comune di Mosca: dedicare il pezzo della via in cui si trova l’ambasciata statunitense alla cosiddetta Repubblica Popolare di Donetsk. Il trucco, ovviamente, aveva per l’obiettivo costringere i diplomatici americani a un mezzo-riconoscimento – tramite l’indicazione del nuovo indirizzo sui documenti ufficiali – della entità territoriale affiliata alla Russia.
Ma gli americani hanno dimostrato di avere una buona fantasia e abbastanza senso dello humor. Ora indicano, sui documenti e sul sito ufficiale della ambasciata, non l’indirizzo ma le coordinate:

Respect!


I visti per i russi

A partire da oggi – il 1 luglio 2022, il 128-esimo giorno della guerra – i russi hanno bisogno del visto per andare in Ucraina. Per ottenere un visto ucraino, i russi possono rivolgersi a uno dei centri visti di VFS Global; i diplomatici ucraini che lavorano nei Paesi terzi esamineranno le domande presentate. Allo stesso tempo, le autorità ucraine hanno precisato che il visto non garantisce l’ingresso nel Paese: la decisione finale spetterà alle guardie di frontiera ucraine. È quindi finito il periodo della libera circolazione tra i due Stati che durava dal 1997.
Ecco: la stranezza della introduzione così tardiva dei visti si aggrava ulteriormente dal fatto che si tratta non di una misura di sicurezza voluta dallo Stato, ma solo della reazione a una petizione creata sul sito ufficiale del Presidente ucraino. Tale petizione è stata creata l’11 febbraio (quasi due settimane prima dell’inizio della guerra) e alla data del 25 maggio ha raccolto 26,7 mila firme (il Presidente ucraino esamina solo le petizioni che abbiano raccolto almeno 25 mila firme). Capisco che a febbraio la petizione in questione era dovuta anche al fatto che è ben nota l’usanza – relativamente recente – delle forze militari russe di inviare i propri soldati sui territori ex-sovietici con dei mezzi pubblici e «mascherati» da civili. Ma è comunque strano rendersi conto del fatto che tra l’Ucraina e la Russia esistano ancora dei rapporti turistici, fino a ieri così stretti (per non parlare di quelli commerciali, ancora non interrotti).
Comunque, è solo una questione di tempo: il 19 giugno, per esempio, il Parlamento ucraino aveva già vietato l’import e la riproduzione in pubblico delle opere culturali create dagli autori russi che non abbiano condannato pubblicamente la guerra in corso.
Nelle ultime settimane mi è capitato di sentire alcuni esperti secondo i quali la priorità di Putin sarebbe quella di «riunificare» la parte più slava e «russificata» dell’ex URSS. Indipendentemente dal fatto che sia una tesi realistica o meno, Putin sta per ora raggiungendo dei grandi risultati di segno opposto.


Un gesto di buona volontà

Dopo gli incessanti attacchi missilistici ucraini sull’Isola dei Serpenti (la cui guarnigione ucraina era diventata famosa, per una bella frase, in tutto il mondo all’inizio della guerra), i militari russi hanno fatto esplodere tutte le attrezzature ancora non danneggiate e si sono affrettati a evacuarsi su barche da sbarco.
Il dettaglio più interessante – e in un certo senso divertente – di questo episodio della guerra in corso è il commento ufficiale del Ministero della Difesa russo. Merita di essere tradotto:

Il 30 giugno, in qualità di un gesto di buona volontà, le forze armate della Federazione Russa hanno completato lo svolgimento dei loro compiti sull’Isola dei Serpenti e hanno ritirato la guarnigione dislocatavi.
Tale atto dimostra alla comunità mondiale che la Federazione Russa non sta ostacolando gli sforzi delle Nazioni Unite finalizzate alla creazione di un corridoio umanitario per l’esportazione dei prodotti agricoli dal territorio ucraino.

Avete apprezzato, vero?


La convinzione

Non sono sicurissimo del fatto che tanti media occidentali abbiano scritto del fatto che i militari della Guardia Nazionale della Federazione (uno dei corpi militari russi) alla fine di febbraio entravano in Ucraina con l’uniforme da parata nei bagagli. Infatti, si programmava di fare una parata da vincitori a Kiev dopo pochissimi giorni…
Sono un po’ più sicuro del fatto che quasi nessuno abbia scritto che davanti alla Cattedrale principale delle Forze Armate della Federazione Russa a Kubinka (nella Regione di Mosca) è in fase di costruzione un arco di trionfo!

Immagino facilmente la sceneggiatura dello spettacolo di inaugurazione programmato.
Inizia tutto con un omino un po’ anziano che cammina sotto l’enorme arco al suono delle fanfare. L’omino viene seguito dai trofei conquistati nel corso della guerra: le macchine del sistema Iskander trasportano le lavatrici, i bollitori elettrici, i motori di barche etc. Poi seguono decine di migliaia di «veterani» senza gambe e senza braccia con tante medaglie. Poi una lunga colonna di vedove in nero passerà sventolando gli assegni da x milioni di rubli regalati dallo Stato per i mariti uccisi. Subito dopo passeranno i vari rottami dell’ex «secondo esercito più grande del mondo»: migliaia di carri armati e mezzi corazzati distrutti. Seguiranno centinaia di bossoli sparati contro l’Ucraina. La lunga processione sarà chiusa dall’enorme incrociatore «Moskva» ricoperto di fango e conchiglie. la nave, ovviamente, si incastrerà nell’arco di trionfo. E proprio in quel momento inizieranno i fuochi d’artificio.
Che spettacolo…
Ma stavo dormendo?..


Il calendario del futuro

Nel 2020 – l’anno che ora possiamo anche ricordare con una certa nostalgia – c’era, tra l’altro, il 75-esimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. O, come dicono gli autori e le vittime della propaganda imperiale sovietica/russa, il 75-esimo anniversario della vittoria nella Grande guerra patriottica. Per quella occasione in Russia era stato pubblicato un calendario con le foto dei giovanissimi soldati di leva insanguinati, fucili Mosin, carri armati antichi e altre armi della Seconda guerra mondiale.

Il calendario in questione è stato una «interessante» visualizzazione dello slogan Continuare la lettura di questo post »


Le notizie della cleptomania

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, alcuni Stati occidentali hanno rinominato le vie in cui si trovano le ambasciate russe. Così, per esempio, alla via dove si trova l’ambasciata russa a Praga è stato attribuito il nome di «Eroi ucraini», alla via analoga di Vilnius è stato attribuito il nome di «Eroi dell’Ucraina», mentre a Riga quello di «Indipendenza dell’Ucraina». In generale, la tradizione di modificare in questo modo gli indirizzi ufficiali delle rappresentanze diplomatiche russe non è nuova. A Washington, per esempio, l’ambasciata russa si trova in piazza Boris Nemtsov: nel 2018 un pezzo della via era stato dedicato al politico di opposizione ucciso nel centro di Mosca nel 2015. Si tratta di un modo «creativo» di esercitare pressione sullo Stato russo, costretto a indicare i nuovi indirizzi provocatori sui propri documenti ufficiali.
Lo Stato russo del XXI secolo ha però elaborato una propria tradizione interessante: rispondere in modo «simmetrico» alle «azioni offensive» degli Stati esteri, come se quelle azioni fossero ogni volta totalmente immotivate. Faccio subito un esempio recentissimo.
Alla fine di maggio il Comune di Mosca ha «deciso» di rispondere alle sanzioni statunitensi (dovute alla guerra in Ucraina) e di copiare finalmente il trucco occidentale del cambio degli indirizzi delle ambasciate. Ha quindi organizzato un sondaggio – tradizionalmente da risultato truccato con i voti obbligatori dei dipendenti comunali – sul nuovo nome da attribuire al pezzo della via dove si trova l’ambasciata USA. Il risultato del sondaggio è stato ufficializzato ieri: dal 22 giugno l’ambasciata statunitense a Mosca si trova in piazza della Repubblica Popolare di Donetsk.
Molto probabilmente non avrei mai scritto di questa ennesima manifestazione del degrado in cui si trovano la diplomazia e la direzione statale russi. Ma mi è sembrato curioso un dettaglio: sui cartelli pubblicitari che annunciano il cambio del nome della piazza è stato utilizzato – ovviamente senza permesso – il font «KTF Jermilov». Quel font era stato elaborato dai designer ucraini Oles Gergun e Yevgeny Anfalov per una campagna di sostegno alla Ucraina…

Non so se l’utilizzo non autorizzato proprio di quel font sia stato intenzionato o accidentale (qualcuno poteva averlo scelto a caso senza conoscerlo), ma in entrambi i casi la situazione diventa ancora più ridicola.


Le sanzioni private

In tanti sanno che la Gazprom ha ridotto le forniture del gas via il North Stream, ma non tutti hanno capito bene il vero motivo.
È vera quella parte della notizia secondo la quale si è rotta una delle turbine (della Siemens) utilizzate per «pompare» il gas nel gasdotto. Ma è solo una parte della notizia più ampia. In realtà, la Siemens è una di quelle numerosissime aziende occidentali che hanno lasciato il mercato russo dopo l’inizio della invasione militare della Ucraina. Di conseguenza, la Russia sta seriamente rischiando di rimanere non solo senza i nuovi prodotti della Siemens (treni, macchinari ospedalieri, attrezzature per il trattamento delle materie prime etc.), ma pure senza i pezzi di ricambio. Senza i pezzi di ricambio, come potete facilmente immaginare, molte attività rischiano di fermarsi. Anche il trasporto del gas.
Non so ancora se e come possa essere trovata una soluzione – più o meno legale – del problema con le forniture via il North Stream. Ma posso già constatare che nel valutare l’efficacia delle sanzioni adottate contro la Russia bisogna prendere in considerazione anche quelle introdotte dalle aziende private per l’iniziativa propria. Potrebbero rivelarsi più sensibili e capaci di produrre effetti in tempi più stretti.


Buon tentativo

Le circostanze non sono molto divertenti, ma ieri sera ho scoperto uno dei futuri vincitori dell’Ig Nobel per l’economia. In sostanza, il Ministero delle Finanze russo ha deciso di combattere le sanzioni occidentali con delle mosse magiche: per esempio, rendendo segreti (quindi non consultabili dai non addetti ai lavori) i dati sulle spese del bilancio russo. Il servizio stampa del ministero ha comunicato:

A causa delle pressioni esercitate dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea, dal Regno Unito e da altri Stati ostili nei confronti della Federazione Russa e dei singoli individui, si è reso necessario limitare parzialmente la diffusione di informazioni, anche per quanto riguarda la formazione del bilancio.
[sì, la frase è un po’ storta anche nella sua redazione originale]

In pratica, qualcuno al Ministero ha pensato che su questo pianeta nessuno sappia cosa esporta nel mondo e cosa importa dal mondo la Russia. Molto probabilmente ha pure pensato che le merci non siano tracciabili se venduti con l’aiuto degli intermediari. Boh, l’unica cosa che possiamo fare di fronte a tale convinzione è augurare una buona fortuna agli inventori della mossa «geniale».
Nel frattempo, i dati sulla esecuzione del bilancio russo pubblicati ieri per il periodo di gennaio – maggio contengono solo le informazioni sul totale delle spese e delle entrate; è impossibile trovare i dati sulle spese per le sezioni specifiche.