Ne avevo già scritto qualche tempo fa sul blog russo, ma ieri mi sono reso conto del fatto che l’argomento merita di essere pubblicizzato anche tra i miei lettori italiani.
Se anche voi – come me e alcuni miei amici, conoscenti e colleghi italiani – conoscete dei russi che non riescono a farsi inviare dei soldi dalla Russia (trovandosi dunque in una difficoltà economica più o meno sensibile), consigliate a loro la bella guida pratica che io ho scoperto grazie a una persona seria (dal suo autore:).
Qualcuno/a potrebbe esservi molto grato/a!
L’archivio della rubrica «Russia»
È ormai largamente noto il fatto che Vladimir Putin è infastidito dell’allargamento della NATO verso l’est. Non minacciato (la minaccia militare è una giustificazione della propria politica estera venduta alla popolazione), ma aggredito nella propria concezione della «geopolitica» (essendo un adepto di questo pensiero già di per sé obsoleto, vede ancora il mondo nell’ottica della conferenza di Yalta del 1945: diviso nelle aree di influenza dell’epoca). Di conseguenza, possiamo e dobbiamo fargli tanti complimenti per un risultato «fantastico» già raggiunto con la guerra contro l’Ucraina: è riuscito a ottenere un altro importante, veloce e non previsto fino a tre mesi fa allargamento della NATO verso i confini russi. Ha ottenuto proprio quella cosa che dichiarava di volere evitare.
Non penso di avervi comunicato qualcosa di nuovo.
Ma voglio comunque sottolineare un dettaglio importante. L’eventuale adesione di ogni singola ex-repubblica sovietica alla NATO avrebbe rappresentato una operazione fortemente sbilanciata: l’Alleanza sarebbe costretta a offrire tanto senza ottenere dei vantaggi di alcun genere, mentre ogni nuovo Stato-membro sarebbe stato solo un recipiente senza riuscire a contribuire seriamente alla potenza della Alleanza (in entrambi i casi della protezione). Con l’adesione della Finlandia e della Svezia, invece, la NATO non solo si allarga, ma pure si rafforza: perché vede aggiungersi due Stati sviluppati e ricchi, dotati degli eserciti già forti, addestrati e attrezzati.
Insomma, Putin è riuscito a rendere la NATO non solo più grande, ma anche più forte. Complimenti…
Da quando è iniziata questa guerra, non ho più pubblicato dei post del sabato dedicati all’arte: anche perché mi sembravano un po’ inopportuni. Con l’allungarsi della guerra, però, la comunicazione visiva ha assunto – almeno sui territori di due Stati – una nuova importanza e, a volte, delle nuove forme. Quindi è giunto il momento di pubblicare una piccola raccolta di opere comprensibili a tutti i lettori.
La scultura «Putler Zparati» di Dmitro Iv. installata nel centro di Kiev:
Un piccolo murale da qualche parte in Russia: Continuare la lettura di questo post »
Come sicuramente vi ricordate, con l’inizio della invasione russa della Ucraina alcune aziende occidentali hanno deciso di limitare o addirittura abbandonare l’utilizzo dei loro logo con la «Z» (perché la lettera è diventata un simbolo dell’esercito russo, una mezza-svastica). In tal senso, l’esempio più noto è della compagnia assicurativa Zurich Insurance.
Io, nel frattempo, solo oggi ho saputo del diffondersi in Russia di un interessante fenomeno sociale. Ho scoperto che diverse persone rinunciano a indossare le scarpe della New Balance: perché sui piedi in movimento il logo della azienda ricorda la «Z».
In uno Stato sempre più totalitario anche questo è un modo valido per prendere le distanze dalla politica del colonnello impazzito. (Voi, probabilmente, non lo sapete, ma per le scarpe e/o vestiti sui quali sono presenti i colori, anche «di fabbrica», della bandiera ucraina in Russia si rischiano — altamente — 10 giorni di carcere.)
ora si potrebbe fare delle scommesse: la New Balance cambia il proprio logo o abbandona il mercato russo?
Molti analisti militari (russi, ucraini e di altri Stati) hanno più volte sottolineato che l’esercito russo, aspettandosi una vittoria facile e veloce in Ucraina, ha speso la maggior parte dei propri armamenti moderni nei primi giorni della guerra e, dovendo ora sostenere un conflitto militare prolungato, si sta organizzando in due modi. In parte sta utilizzando degli strumenti poco adatti alle necessità correnti (avevo già scritto di un esempio). E in parte è costretto a recuperare dai magazzini degli armamenti vecchi (non utilizzati da anni o decenni), aggiornarli e inviarli al fronte. Molte di quelle apparecchiature – in un certo senso possono essere definite museali – semplicemente non funzionano, o funzionano molto male.
La settimana scorsa, per esempio, si è scoperto che la fabbrica di riparazione dei mezzi blindati di Ekaterinburg ha iniziato a modernizzare – naturalmente su ordine statale – più di duecento veicoli militari obsoleti. È la conseguenza dei due lotti del valore complessivo di oltre 85 milioni di rubli apparsi sul sito degli appalti governativi. L’oggetto dell’acquisto è «Accessori per carri armati e altri veicoli corazzati da combattimento». Come risulta dalla documentazione, la fabbrica deve fornire 53 mila articoli. In base al prezzo unitario e al profilo dell’azienda, agli analisti è chiaro che devono essere forniti i container di protezione dinamica «Contact-1». I container acquistati nell’ambito di questo contratto saranno sufficienti a fornire protezione a circa 230 carri armati. Ma i carri armati moderni dovrebbero essere dotati di tali container dal momento della fabbricazione, quindi è evidente che si tratta dell’aggiornamento dei modelli degli anni ’70 e ’80 non dotati della protezione dinamica (che impedisce ai proiettili a carica sagomata dell’artiglieria di bruciare la corazza). Inoltre, bisogna ricordare che il «Contact-1» è una protezione obsoleta: il modello successivo «Contact-5» è stato sviluppato nel 1985.
Insomma, ora avete qualche idea in più sulla gravità della situazione. Soprattutto se considerate le informazioni appena apprese parallelamente a quelle sul Land-Lease Act riproposto a favore della Ucraina.
Nel frattempo, secondo me, in qualche ufficio del Ministero della Difesa russo si sta discutendo della opportunità di ridare vita alla cavalleria dei tempi della Prima guerra mondiale: in una guerra del XXI secolo sarà utile più o meno quanto i carri armati…
Probabilmente vi ricordate che negli ultimi mesi a Vladimir Putin piace incontrare i propri interlocutori importanti «in presenza», ma allo stesso tempo a una buona distanza (sociale?) di sicurezza garantita da un tavolo enorme:
Non si capisce proprio a cosa possa servire una barriera del genere: contro il Covid-19 (del quale Putin ha avuto tantissima paura) oppure, per esempio, contro le pugnalate?.. Boh, forse un giorno lo scopriremo: se i magistrati riterranno opportuno chiederglielo.
Quello che ci interessa ora è il fatto che molti comportamenti di Putin vengono imitati in un modo attento dai suoi servi fedeli. Alcuni giorni fa, per esempio, abbiamo avuto l’occasione di contemplare questa foto Continuare la lettura di questo post »
Ho pensato che potrebbe avere senso dedicare un altro post ai festeggiamenti ufficiosi russi della Giornata della Vittoria di ieri: per conservare meglio il ricordo di alcuni momenti letteralmente incredibili e inimmaginabili per un abitante medio della tranquilla Europa.
Inizierei dalla curiosità più innocua. Dato che si trattava di uno dei festeggiamenti più importanti dell’anno per chi governa lo Stato russo negli ultimi decenni, sulle piazze delle principali città russe sono stati organizzati anche dei concerti musicali per i sudditi. Generalmente, la qualità media della musica che viene proposta ai concerti del genere non è proprio alta e in questa sede non ci interessa. Ci interessano gli «effetti visivi» del concerto tramesso dal «Primo canale» (il principale canale televisivo statale russo). Sul maxi-schermo installato sul palcoscenico di quel concerto venivano trasmesse delle immagini in bianco e nero che avrebbero dovuto illustrare, tra le altre cose, anche la gioia per la fine della Seconda guerra mondiale. Le persone che prestano una attenzione particolare ai dettagli del genere non sono tantissime… Stranamente, sono poche anche tra gli addetti ai lavori. Quindi gli spettatori più attenti sono stati fortemente sorpresi da questa foto:
Infatti, si tratta della foto di Continuare la lettura di questo post »
Ormai tutti sanno che oggi Vladimir Putin ha un po’ «deluso» le attese più pessimiste di molti analisti: tenendo il discorso alla parata militare per la Giornata della Vittoria non ha dichiarato la guerra alla Ucraina e al mondo, non ha dato il via alla mobilitazione di massa e non ha nemmeno detto di avere vinto qualche altra guerra o battaglia importante. Ha solo ribadito le proprie fantasie perverse sulla Russia circondata dai nemici.
L’aspetto preoccupante è un altro: ha ufficialmente e definitivamente trasformato una festa importante (anche se troppo militarizzata, statalizzata e storicamente un po’ artificiale) in una festa della guerra permanente tra la Russia e il mondo circostante. Da quasi vent’anni la propaganda statale sosteneva che l’URSS non avrebbe avuto degli alleati nella Seconda guerra mondiale e avrebbe «fatto tutto da sola». Ora quegli ex alleati – ai quali in realtà dovremmo essere grati per gli aiuti importantissimi – vengono apertamente accusati della politica aggressiva durante e dopo la «guerra fredda».
Di conseguenza, posso constatare che con la fine della Russia putiniana finirà inevitabilmente anche l’epoca della Giornata della Vittoria. Fino a pochi anni c’erano ancora delle persone che sognavano di trasformare quella festa militare in una giornata pacifica di lutto e di memoria. Ma ora che è diventata una festa di nuova aggressione nazista (perlopiù contro i territori che hanno già sofferto tanto durante la Seconda guerra mondiale), dovrà necessariamente essere cancellata nella futura Russia normale.
A questo punto, l’unica cosa costante è: la sola festa non ancora rovinata che la Russia ha ereditato dal passato è il 12 aprile, la Giornata della Cosmonautica.
A tutti coloro che vogliono dedicare una parte anche di questo finesettimana alle letture in qualche modo correlate con la guerra in Ucraina segnalo un progetto interessante.
Alla Stanford University è stato creato — in parte virtualmente — un gruppo di lavoro che studia le sanzioni già adottate contro la Russia e suggerisce quelle che dovrebbero essere adottate in un futuro più o meno vicino per contrastare con più efficienza l’aggressione militare in Ucraina. Il gruppo di lavoro è guidato da Michael McFaul (l’ex ambasciatore americano a Mosca) ed è composto da studiosi appartenenti a diversi ambiti e Stati (pochi di loro hanno qualche legame formale con la Stanford University): alcuni nomi vi sono sicuramente noti.
Il suddetto gruppo di lavoro pubblica — con una buona frequenza — dei documenti che spiegano in un modo interessante tutte le sanzioni: quelle adottate e quelle proposte dal gruppo stesso. Alcuni documenti potrebbero rivelarsi un po’ difficili per le persone non particolarmente esperte di economa, mentre altri sono veramente facili da comprendere.
Io posso consigliarvi di iniziare dal documento più breve e facile: quello che in appena due pagine scritte con dei termini comuni riesce a sfatare i vari miti sulla rinuncia, da parte dell’Occidente, alle fonti energetiche russe.
E poi provate a leggere anche altri documenti potenzialmente vicini ai vostri interessi.
In generale posso dire che questo gruppo di lavoro sta svolgendo due lavori molto importanti: quello scientifico e quello divulgativo.
Il 21 aprile nei cinema russi è uscito un nuovo film di guerra che non ho visto e, in realtà, non so nemmeno se vedrò (per i film su quella tematica solitamente aspetto i commenti degli esperti di fiducia). Ma ho comunque un motivo per scriverne già ora.
Il nome del suddetto – «Il primo Oscar» – si riferisce palesemente alla storia del primo premio Oscar ricevuto dagli autori sovietici: quello per il documentario «La disfatta delle truppe tedesche vicino a Mosca» girato nel 1942 dai cine-cronisti militari sovietici.
Il nuovo film del 2022 dedicato a quella storia potrebbe anche essere bello (non lo so ancora). Sicuramente parla di alcuni episodi di vero eroismo. Sicuramente è stato concepito, girato e montato prima del 24 febbraio 2022. Sicuramente pure il suo poster è stato concepito e realizzato prima della guerra con l’Ucraina. Ma, comunque, come ci si può liberare – ora che abbiamo visto e letto di tutto sulla guerra in corso – della sensazione che un soldato sovietico stia portando una lavatrice fuori dalla battaglia?
Probabilmente è per questo che Yandex ha rimosso quasi completamente il vecchio poster dai suoi risultati di ricerca (sostituendolo con altri poster per non imbarazzare la gente), mentre Google non si è preoccupato di nulla e mostra ancora una schermata intera di queste lavatrici.