Vi è sicuramente capitato di leggere che il 19 ottobre Vladimir Putin ha firmato un decreto sulla introduzione della legge marziale nelle quattro «nuove regioni annesse» e dello «stato di allerta» di vario grado nelle regioni russe…
Per me l’evento più interessante è lo stato di allerta perché è solo la seconda volta che Putin concede – in tutto il periodo del proprio regno – una libertà di azione ai governatori delle regioni russe. Precedentemente, si è sempre impegnato nel ridurre quella libertà, facendo solo una eccezione nel 2020 durante la prima ondata del Covid-19: in quella occasione si era improvvisamente chiuso in una delle proprie residenze dicendo di agire in base alle singole situazioni locali. Nel caso della pandemia quel modo di fare poteva anche avere un senso. Ma non si capisce perché i governatori debbano prendersi tutta la «libertà» (che in realtà è sempre una responsabilità) di stabilire il grado dello stato di allerta nella propria regione per attuare al meglio i piani bellici di Putin.
Se volete capire un po’ meglio cosa intendo, seguite pure il link e leggete la spiegazione ben schematizzata del provvedimento firmato da Putin.
L’archivio della rubrica «Russia»
Per fortuna, non tutto dipende dalle tendenze politiche del momento.
Il Dipartimento di Giustizia degli USA comunica che in Italia è stato arretato, su richiesta degli USA, Artem Uss, il figlio del governatore della regione russa di Krasnojarsk Aleksandr Uss. Un altro personaggio coinvolto nel «caso Uss», Yury Orekhov, è stato arrestato in Germania. Le autorità statunitensi chiederanno l’estradizione di entrambi negli USA. Secondo l’accusa, Uss e Orekhov avrebbero acquistato – attraverso una società di comodo tedesca da loro creata, la Nord-Deutsche Industrieanlagenbau GmbH (NDA GmbH) – delle tecnologie statunitensi utilizzate nella produzione degli armamenti. Le tecnologie in questione sarebbero poi state vendute alla Russia, anche a una azienda colpita dalle sanzioni occidentali. Alcune delle tecnologie ottenute attraverso tale schema sono state trovate negli armamenti russi abbandonati sul campo di battaglia in Ucraina.
Purtroppo, l’estradizione dei due accusati potrebbe invece diventare una questione politica, il cui esito mostrerà il vero rapporto di due Governi europei con la guerra in corso. Presterei un po’ di attenzione a questo test pratico.
Nel frattempo, devo constatare che al momento della scrittura del presente post i media italiani stavano ignorando quasi totalmente l’argomento. E coloro che ne hanno scritto non hanno azzeccato la foto di Artem Uss, che in realtà sarebbe questa:
So che pure in Italia alcune persone sostengono la tesi in base alla quale le guerre si finiscono con la negazione del sostegno alla vittima della aggressione. Io, per ora, ho abbastanza salute mentale per sostenere l’esatto contrario, quindi spero che Uss e Orekhov – come pure altri personaggi del genere – abbiano presto l’occasione di visitare gli USA.
Considerando quanti miliardi di dollari sono stati spesi solo negli ultimi vent’anni dallo Stato russo per l’esercito e quanti dei mezzi – nel senso largo del termine – acquistati con quei soldi sono già stati utilizzati nella guerra in Ucraina, non possiamo non sorprenderci della povertà dell’esercito russo. Infatti, anche da uno studio superficiale delle foto in arrivo dalle zone della guerra possiamo scoprire delle cose assurde. Per esempio, possiamo vedere delle reti riempite di pietre e appese ai lati dei carri armati nella speranza di salvare in tal modo il mezzo dai Javelin:
Oppure delle griglie artigianali con dei sacchi di sabbia messi sopra: Continuare la lettura di questo post »
Negli ultimi quattro giorni in Norvegia sei russi sono stati arrestati per aver «fotografato oggetti proibiti». Immaginando abbastanza bene il generale grado della libertà di fotografia in Europa, posso contare tutte le categorie di oggetti proibiti da fotografare su un dito della mano sinistra: i luoghi militari. Tra parentesi: (tutto il resto può essere fotografato, ma in alcuni casi non è possibile pubblicare il risultato senza un motivo particolare: per esempio, quando si tratta di qualcosa che riguarda la privacy di altre persone). Inoltre, non si potrebbe, per esempio, entrare in un archivio statale e fotografare dei documenti segreti, ma qualora il fotografo venisse «beccato», il motivo principale del suo arresto non sarebbe il semplice fatto dello scatto di fotografie. E poi, qualora un privato o una azienda decidesse di vietare la fotografia di alcuna proprietà, ci vorrebbe molto tempo per passare dalla violazione del divieto a un ipotetico arresto; l’arresto non sarebbe comunque legato in via principale allo scatto di fotografie.
A questo punto supponiamo che le cosiddette spie fotografiche russe siano stati arrestati per il solo fatto di aver scattato delle foto.
Allora mi chiedo: perché i fotoamatori russi sono improvvisamente diventati tanto interessati ai luoghi militari norvegesi? Stanno cercando di tracciare le future forniture delle armi all’Ucraina in un modo così primitivo? Ma nel XXI secolo questo modo di fare mi sembra un po’ obsoleto. Oppure erano impegnati nello studio dettagliato dei futuri obbiettivi di nuove «operazioni militari speciali»? Ma l’esercito ucraino sta già mettendo in serie difficoltà quello russo, quindi è meglio non pensare a quello che sarebbe capace di fare l’esercito norvegese. Oppure i mandanti dei «fotoamatori» sono realmente convinti che l’Occidente si stia preparando ad attaccare la Russia? Tale tesi non mi sembra degna di un commento.
Insomma, qualcuno sta sprecando il personale prezioso mandandolo a svolgere dei compiti palesemente inutili. Indipendentemente dal fatto che quelle persone vengano catturate o meno. A meno che, ovviamente, il compito di quei «fotografi» non sia consistito di infiltrarsi da qualche parte.
Il breve video di oggi illustra uno dei metodi con i quali procede la tristemente nota mobilitazione in Russia: la polizia ferma gli uomini giovani davanti alle entrate della metropolitana di Mosca. A differenza di quanto succede negli alberghi, si agisce ancora senza l’uso della forza fisica.
Prima o poi riuscirò a trovare o produrre un video con tutti i metodi adottati…
Da non mi ricordo più quanti anni (ma, secondo me, da più di quindici) in Russia circolano le voci sui presunti rapporti stretti di Vladimir Putin con la ex sportiva Alina Kabaeva. A me non piace commentare le voci, soprattutto quando si tratta delle voci di questo tipo.
Ma a partire dal 2014 sulla base di queste voci – definisco in questo modo tutte le informazioni non verificabili – alcuni Stati e organizzazioni occidentali adottano le sanzioni anche contro Alina Kabaeva. Di conseguenza, ho dovuto fare lo sforzo di non evitare almeno quegli articoli dedicati a Kabaeva che sono pubblicati dalle redazioni e/o autori notoriamente attendibili. Ed ecco che oggi è arrivato il momento di condividere con i lettori italiani una di quelle pubblicazioni. Lo faccio perché essa riassume le indagini e le osservazioni su alcune «strane coincidenze» che non rientrano, secondo me, nella categoria peggiore delle voci.
Come avrete già letto ieri, alla riunione dell’Assemblea generale dell’ONU, 143 Stati hanno condannato la recente annessione russa di quattro territori ucraini, 5 Stati hanno votato contro la risoluzione e 35 Stati si sono astenuti:
Non mi sorprende che i voti contrari siano quelli della Russia, Bielorussia, Corea del Nord, Nicaragua e Siria.
Non mi sorprende nemmeno che tra gli astenuti ci siano la Cina e l’India (si sa che sono critici nei confronti della politica putiniana, ma allo stesso tempo cercano di sfruttare la situazione) o alcuni Stati africani (i vertici dei quali sono stati «convinti» dal ministro degli Esteri russo nei mesi scorsi).
L’unico «grande tradimento» che vedo è quello di Nauru: uno dei pochissimi staterelli che ai tempi avevano riconosciuto l’annessione della Crimea e, prima ancora, la «liberazione» della Ossezia del Sud. E suppongo che l’unica preoccupazione di Putin sia quella, e non il fatto di trovarsi – in base alla distribuzione dei voti vista sulla immagine sovrastante – in una compagnia molto dubbia.
In diverse fonti ho letto che solo i bombardamenti della mattina del 10 ottobre sarebbero costati alla Russia – in termini del materiale bellico utilizzato – più di 400 milioni di dollari (pure i missili sovietici prodotti decenni fa vanno rimpiazzati con quelli di nuova produzione, quindi il prezzo di un missile degli anni ’70 può essere considerato quello con il quale viene acquistato il missile nuovo). Ma non volevo certo lamentarmi – o vantarmi – dei soldi sprecati in quel modo: gli ucraini sono costretti a subire il problema in un modo infinitamente peggiore. Volevo solo partire dal fatto che l’esercito russo ha distrutto un’altra parte della ricchezza nazionale, raggiungendo il «grandissimo» obbiettivo di colpire gli obiettivi civili in diverse città ucraine.
Prima di procedere, posto due foto. Non preoccupatevi, nell’intero contesto di questa guerra sono delle immagini molto pacifiche.
La prima foto è stata scattata il pomeriggio del 10 ottobre:
La seconda foto è stata scattata la mattina dell’11 ottobre: Continuare la lettura di questo post »
Un interessante fenomeno socio-culturale (ma forse anche economico?) che si sta sviluppando in Russia a partire dal 24 febbraio difficilmente sarà trattato dai giornalisti occidentali prima della fine della guerra in Ucraina. Ma questo non lo rende meno interessante e, in un certo senso, meno ottimistico. E allora sarò io a anticipare i giornalisti, gli storici e i sociologi.
Gli editori e le librerie russe testimoniano che a partire dal 24 febbraio 2022 in Russia è aumentata la domanda, da parte dei lettori, dei libri di storia dedicati alla Seconda guerra mondiale in generale e alla Germania nazista in particolare. Per alcuni libri o autori (sia russi che occidentali) l’aumento della domanda può arrivare anche a diverse centinaia di percento. La seconda ondata dell’aumento della domanda è iniziata il 21 settembre: il giorno della proclamazione da parte di Putin della mobilitazione «parziale» dei civili per la guerra.
Il fenomeno in questione potrebbe sembrare, a un lettore occidentale, solo un piccolo fatto statistico. Alle persone che si orientano un po’ di più nella realtà quotidiana russa è invece evidente un’altra cosa: si tratta di una importantissima fonte per le ricerche sociologiche quantitative. Infatti, nella Russia contemporanea i sondaggi sono di fatto impossibili: la maggioranza delle persone ha paura di rispondere (o di rispondere sinceramente) alle domande riguardanti la politica (nel senso più ampio del termine) e, da sette mesi e mezzo, la guerra. Succede perché ognuno ha in mente un ragionevole dubbio: chi è la persona che mi sta facendo la domanda? È un agente in borghese? È un informatore della polizia? Se rispondo in un modo «sbagliato», dopo quanto tempo mi arrestano?
Di conseguenza, siamo costretti a studiare l’opinione dei cittadini residenti in Russia basandoci anche su una molteplicità di fonti indirette. Compreso il mercato dei libi.
Alcuni sostengono che i massicci bombardamenti russi delle città ucraine avvenuti nelle ultime due notti sarebbero delle «risposte» alla esplosione del ponte di Crimea. Se fosse vero, non possiamo non constatare una grande banalità: si tratta di un «dialogo» lungo sette mesi e mezzo.
Alcuni altri, poi, sottolineano che il generale Sergey Surovikin – il nuovo comandante delle forze armate russe sul fronte ucraino nominato l’8 ottobre – sarebbe un grande sostenitore degli attacchi agli obiettivi civili sul territorio nemico.
Purtroppo, ci troviamo in una di quelle situazioni in cui due eventi verificatisi a poca distanza temporale non dovrebbero essere legati tra loro. Nel senso che la scelta del nuovo comandante (e delle scelte tattiche presumibilmente preferite) non una conseguenza della esplosione sul ponte, ma una semplice continuazione del modo putiniano di condurre questa guerra. Infatti, abbiamo già visto in molte occasioni che l’esercito russo non vede alcun problema nel colpire gli obbiettivi palesemente civili: perché dovrebbe smettere di farlo proprio ora, quando si sente in una difficoltà ancora più grande a combattere contro l’esercito ucraino?
Capisco che l’ipotesi suona male, ma non possiamo comunque escludere il tentativo di costringere la controparte alle trattative per evitare ulteriori grandi quantità delle vittime tra i civili. Non penso proprio che funzioni. Anzi, proprio al contrario.