L’archivio della rubrica «Russia»

Lo humor dell’epoca putiniana

Riprendendo l’argomento di ieri, posso constatare che non solo a Vladimir Putin piace fare delle battute tanto divertenti. Pure tanti alti funzionari dello Stato russo si distinguono per delle tendenze simili (non è un fenomeno sorprendente: sono stati selezionati anche in base alle loro capacità intellettuali e spesso cercano di seguire il buon esempio del capo).
Questa volta condivido con i lettori un interessante esempio appreso ieri. Valentina Matvienko – la Presidente del Consiglio Federale (la Camera alta del parlamento russo) – ha cercato migliorare un po’ lo spirito lavorativo durante un incontro con i rappresentanti del Ministero dei Trasporti:

Oggi ho letto una barzelletta su internet: il padre di cinque bambini erroneamente convocato nell’ambito della mobilitazione si è rifiutato categoricamente di lasciare la zona della Operazione Militare Speciale.

Si sostiene che il pubblico non avrebbe apprezzato: in aula si sono osservate zero risate.

P.S.: molto probabilmente vi mancava anche un piccolo dettaglio interessante: Valentina Matvienko è nata – e ha passato i primi 18 anni della propria vita – in Ucraina.


Lo humor putiniano

La maggioranza degli italiani probabilmente non lo sa, ma ogni qualvolta Vladimir Putin tenti di fare una battuta, qualche membro del Comitato Nobel considera l’opzione di attribuire un premio speciale per l’umorismo a Filippo di Edimburgo. Allo stesso tempo, a volte non si riesce a capire se Putin stia scherzando oppure dicendo sul serio: questa caratteristica, invece, nelle condizioni di normalità avrebbe potuto essere considerata la prova del livello massimo dell’umorismo.
Oggi, studiando un breve e relativamente semplice esempio, proviamo a capire la reale inclinazione di Putin alle battute di qualità.
Ieri, l’1 novembre 2022, Putin ha chiesto alla Ucraina di garantire la sicurezza della flotta russa del Mar Nero in cambio delle esportazioni di grano.
Abbiamo capito bene che in base allo schema proposto la flotta russa continua a fare quello che fa, mentre l’Ucraina deve garantire la sua sicurezza?
A questo punto, mentre voi state cercando di valutare la battuta, chiederei alla regia di mandare in onda l’audio delle risate.


Probabilmente vi ricordate che il 21 settembre in Russia è iniziata la «mobilitazione parziale» della popolazione per la guerra putiniana in Ucraina. In quella data Putin aveva firmato un decreto presidenziale sull’inizio, appunto, della mobilitazione.
Probabilmente avente letto – ieri o oggi – che il 31 ottobre Putin ha annunciato la fine della «mobilitazione parziale» e ha ammesso di non sapere che serva o meno un decreto presidenziale sulla fine, appunto, della mobilitazione.
Lascerei «in bianco» il campo della data in cui Putin dirà «non ho mai dichiarato finita la mobilitazione, quindi non stupitevi che di fatto stia continuando». La mia unica certezza – quasi assoluta – consiste nel fatto che la gente continui a ricevere (prevalentemente in provincia) le convocazioni dal Ministero della «Difesa» russo proprio come sta accadendo ora: già il 28 ottobre il Ministero aveva dichiarato di avere raggiunto gli obbiettivi quantitativi della mobilitazione prefissati, ma le convocazioni hanno continuato ad arrivare anche il 31.


Stato terrorista

Nelle ultime settimane leggo sempre più spesso – come, probabilmente, anche alcuni di voi – delle proposte di riconoscere lo Stato russo come «Stato terrorista». Si tratta delle proposte abbastanza comprensibili non solo dal punto di vista emotivo o politico, ma pure diplomatico: un riconoscimento del genere potrebbe aiutare a sbloccare o facilitare alcuni processi diplomatici in certe grandi e note (e invecchiate un po’ male) organizzazioni internazionali.
Io sto ancora osservando l’evoluzione di quelle proposte e sto cercando di capire quali prospettive possano avere: non è un argomento banale. Nel frattempo, ricordo ai miei lettori che lo status dello «Stato terrorista» potrebbe essere applicato allo Stato russo (non mi va proprio di scrivere «alla Russia» perché per me sono due entità distinte) non solo a causa del suo operato in Ucraina e nel mondo. Per esempio, quello status potrebbe essere applicato allo Stato russo per i suoi rapporti pure con i propri cittadini: una buona occasione per ricordarlo è il ventesimo anniversario della strage al Teatro di Dubrovka a Mosca, avvenuta tra il 23 e il 26 ottobre 2002. Immagino che alcuni di voi siano un po’ meno impegnati del solito in questi giorni, quindi vi posso consigliare una lettura sull’argomento, dalla quale potreste ricordare o scoprire alcuni elementi fondamentali…


La sociologia militare-matrimoniale

Molto probabilmente non lo sapevate – e, ovviamente, non eravate obbligati di saperlo – per legge russa le coppie nelle quali almeno una persona ha ricevuto la convocazione per la mobilitazione militare possono sposarsi il giorno stesso in cui si recano all’ufficio anagrafe: invece di aspettare un mese stabilito per le situazioni normali.
Sicuramente sapevate che il 21 settembre 2022 in Russia è partita la mobilitazione «parziale» della popolazione per la guerra in Ucraina. Proprio «grazie» a tale evento molte coppie russe «hanno potuto» sposarsi subito… In realtà hanno deciso di sposarsi subito e lo hanno fatto, prevalentemente, per un motivo ben preciso: per fare in modo che la donna possa pretendere gli aiuti finanziari statali dopo l’uccisione del marito. Non posso dunque escludere che una parte di quegli matrimoni sia frutto degli accordi commerciali tra privati, ma non è di questo che volevo scrivere oggi.
Oggi volevo segnalarvi una interessante ricerca sul reale andamento della mobilitazione che i giornalisti hanno potuto condurre proprio grazie alle osservazioni delle statistiche «matrimoniali». Non solo i risultati, ma anche il punto di partenza e il metodo della ricerca sono inaccessibili e inimmaginabili per la maggioranza schiacciante dei giornalisti e sociologi occidentali del XXI secolo.


Le domande sulla bomba atomica

Il Presidente Biden si pone una domanda apparentemente molto logica:

If he has no intention, why does he keep talking about it? Why does he talk about the ability to use a tactical nuclear weapon? He’s been very dangerous in how he’s approached this. He can end this all. Get out of Ukraine.
[L’articolo su «Newsnation» potrebbe esservi accessibile solo con un VPN.]

Ma in realtà «si è posto» una domanda retorica: dovrebbe capire bene che le minacce pubbliche putiniane circa l’uso della bomba atomica fanno parte del tentativo di costringere l’Occidente alle trattative sulla resa dell’Ucraina. Un tentativo che dura quasi dal primo giorno della guerra e con una insistenza che sembra dimostrare l’incomprensione della inutilità crescente del tentativo stesso.
Noi, i comuni cittadini, possiamo anche continuare a porci altre due domande un po’ più vicine alla realtà:
1) Putin ha l’intenzione di usare la bomba atomica? (La risposta che mi sembra più corretta è: per ora non lo sa nemmeno lui; essendo un tattico e una persona psicologicamente poco regolare, decide sempre all’ultimo momento.)
2) Putin è in grado di usare la bomba atomica o provocare un incidente a una centrale nucleare in Ucraina? (La risposta che mi sembra più corretta è: sì, da lui possiamo aspettarci qualsiasi cosa.)


I finti brasiliani

Non so se sia capitato di leggere anche a voi di una ennesima spia russa che si spacciava per un ricercatore brasiliano, ma è comunque stata arrestata in Norvegia (i traduttori online vi aiuteranno a comprendere l’articolo). In particolare, il tipo arrestato ieri sarebbe arrivato in Norvegia nell’autunno del 2021 per condurre delle ricerche presso l’Università di Tromsø e, tra le altre cose, «ha studiato il nord del Paese e le minacce ibride».
A me, per esempio, è capitato di leggere che spacciarsi per dei ricercatori latinoamericani in generale e brasiliani in particolare è una nuova tendenza tra le spie russe… Di conseguenza, sono quasi terrorizzato dal fatto che qualche mese fa un ricercatore brasiliano della mia Facoltà mi aveva chiesto un parere sulle sue ricerche circa il funzionamento e la diffusione delle nuove tecnologie nell’ambito delle telecomunicazioni ahahahaha
Solo il fatto di non avere diffuso dei segreti di Stato (che non conosco) mi salverà dal carcere.


La bomba o la diga?

Quando il ministro della «Difesa» russo Sergei Shoigu chiama i colleghi occidentali per avvisare che l’Ucraina sarebbe pronta a usare una «bomba sporca», una persona media potrebbe logicamente sospettare solo una cosa: è la Russia che si sta preparando a usare quel tipo di bomba. Infatti, è almeno dai tempi della aggressione in Crimea che i rapporti del regime putiniano con l’Ucraina seguono il principio «non siamo stati noi». L’unica differenza consisterebbe nel fatto che il presidente Zelensky, dichiarando che i militari russi avrebbero minato la diga idroelettrica di Kakhovka, ha in un certo senso costretto la Russia a fare un «avviso» simile.
Di conseguenza, potremmo presumere che si stia tentando di attribuire alla Ucraina le proprie intenzioni.
Quale dei due pericoli – tra l’uso di una bomba sporca e l’esplosione della diga – mi sembra più probabile? Pensando di essere una persona razionale, avrei detto che è più probabile l’uso di una bomba. Infatti, l’esplosione della diga provocherebbe ben due danni. Da una parte danneggerebbe il sistema energetico ucraino (attualmente sembra uno degli obiettivi principali dell’esercito russo). Dall’atra parte, però, provocherebbe l’inondazione di vaste porzioni di quei territori che la Russia ha da poco annesso (perché la sponda sinistra del fiume è più bassa). Certo, sappiamo bene che Putin, quando è fissato con un obiettivo, non si ferma davanti all’inconveniente di creare problemi al «proprio» popolo, ma nel caso specifico la scelta del male minore mi sembra troppo evidente.
Ma, ovviamente, non è ancora detto che faccia almeno una delle due cose. O, al contrario, che non le faccia entrambe.


Vi è sicuramente capitato di leggere che il 19 ottobre Vladimir Putin ha firmato un decreto sulla introduzione della legge marziale nelle quattro «nuove regioni annesse» e dello «stato di allerta» di vario grado nelle regioni russe…
Per me l’evento più interessante è lo stato di allerta perché è solo la seconda volta che Putin concede – in tutto il periodo del proprio regno – una libertà di azione ai governatori delle regioni russe. Precedentemente, si è sempre impegnato nel ridurre quella libertà, facendo solo una eccezione nel 2020 durante la prima ondata del Covid-19: in quella occasione si era improvvisamente chiuso in una delle proprie residenze dicendo di agire in base alle singole situazioni locali. Nel caso della pandemia quel modo di fare poteva anche avere un senso. Ma non si capisce perché i governatori debbano prendersi tutta la «libertà» (che in realtà è sempre una responsabilità) di stabilire il grado dello stato di allerta nella propria regione per attuare al meglio i piani bellici di Putin.
Se volete capire un po’ meglio cosa intendo, seguite pure il link e leggete la spiegazione ben schematizzata del provvedimento firmato da Putin.


I fornitori degli armi alla Russia

Per fortuna, non tutto dipende dalle tendenze politiche del momento.
Il Dipartimento di Giustizia degli USA comunica che in Italia è stato arretato, su richiesta degli USA, Artem Uss, il figlio del governatore della regione russa di Krasnojarsk Aleksandr Uss. Un altro personaggio coinvolto nel «caso Uss», Yury Orekhov, è stato arrestato in Germania. Le autorità statunitensi chiederanno l’estradizione di entrambi negli USA. Secondo l’accusa, Uss e Orekhov avrebbero acquistato – attraverso una società di comodo tedesca da loro creata, la Nord-Deutsche Industrieanlagenbau GmbH (NDA GmbH) – delle tecnologie statunitensi utilizzate nella produzione degli armamenti. Le tecnologie in questione sarebbero poi state vendute alla Russia, anche a una azienda colpita dalle sanzioni occidentali. Alcune delle tecnologie ottenute attraverso tale schema sono state trovate negli armamenti russi abbandonati sul campo di battaglia in Ucraina.
Purtroppo, l’estradizione dei due accusati potrebbe invece diventare una questione politica, il cui esito mostrerà il vero rapporto di due Governi europei con la guerra in corso. Presterei un po’ di attenzione a questo test pratico.
Nel frattempo, devo constatare che al momento della scrittura del presente post i media italiani stavano ignorando quasi totalmente l’argomento. E coloro che ne hanno scritto non hanno azzeccato la foto di Artem Uss, che in realtà sarebbe questa:

So che pure in Italia alcune persone sostengono la tesi in base alla quale le guerre si finiscono con la negazione del sostegno alla vittima della aggressione. Io, per ora, ho abbastanza salute mentale per sostenere l’esatto contrario, quindi spero che Uss e Orekhov – come pure altri personaggi del genere – abbiano presto l’occasione di visitare gli USA.