Se dico che il mondo è pieno di gente strana, non faccio una grande rivelazione. Ma, allo stesso tempo, posso sottolineare una cosa un po’ meno evidente: alcune persone sono tanto strane (nel senso negativo) da anticipare gli eventi come se fossero dei veri geni (o, se preferite, «visionari»). Per esempio: già diverse settimane fa qualcuno – residente in Italia – mi ha chiesto se la vaccinazione contro il covid sia obbligatoria in Italia e/o in Europa. Io, in quella occasione, avevo risposto più meno nel senso che nessuno è obbligato – per fortuna o purtroppo – a preoccuparsi per la salute propria e dei propri contatti fisici.
Tra ieri e oggi, invece, ho letto diverse discussioni sulla sempre più probabile applicazione del cosiddetto «green pass» anche per l’accesso a diversi servizi (e in alcuni casi pure lavori) sul territorio nazionale: non solo in Italia, ma anche, per esempio, in Francia e in Germania. A chi piace vedere la pura sostanza delle cose, preciso: secondo me si sta andando verso l’obbligatorietà di fatto della vaccinazione.
E io ne sono infinitamente contento: con i livelli di vaccinazione raggiunti già al giorno d’oggi non più molto senso prendere in considerazione solo i numeri relativi ai contagi e alle morti. Ha invece senso minimizzare il rischio di altre chiusure dannose per la salute psichica collettiva e per l’economia.
Inoltre, è un bel modo di motivare la gente indecisa…
L’archivio della rubrica «Nel mondo»
È una storia abbastanza curiosa: qualche tempo nella biblioteca della cattedrale di Sheffield è stato restituito un libro preso in prestito nel relativamente lontano 1709… Esatto: ben 312 anni fa. Per il solo dovere di cronaca aggiungo che si tratta di una ristampa de «The Faith and Practice of a Church of England Man» del 1704.
Ma il punto più interessante è un altro. Il vice priore della cattedrale (felicissimo per il ritrovamento del libro) si è messo a ipotizzare — per scherzo! — l’entità della multa da infliggere agli eredi del lettore ritardatario. Ebbene, dovrebbe utilizzare il sistema adottato nelle biblioteche italiane (almeno quelle che conosco io): sanzionare il ritardatario con due giorni della interdizione al prestito per ogni giorno di ritardo.
Ehm, forse i giorni di blocco sono più di due… non mi ricordo… non mi è mai capitato di consegnare con un ritardo sufficientemente grave… Spero di avere presto delle informazioni precise dai bibliotecari di mia conoscenza.
In ogni caso, la risposta «italiana» al suddetto grave ritardo sarebbe l’unica realmente simmetrica e allo stesso tempo sufficientemente divertente. Scrivo subito una mail, ahahaha
P.S.: in quanti hanno pensato che si sarebbero tenuti il libro?
Molto probabilmente è capitato anche a voi di leggere, nei giorni scorsi, della sperimentazione islandese sulla giornata lavorativa di quattro giorni proclamata riuscita.
Boh, io continuo ad avere dei grandi dubbi sulla opportunità di tutte le iniziative del genere. Prima di tutto perché nel lungo termine l’essere umano tende a minimizzare gli sforzi e quindi disperdere una parte del tempo dichiarato come lavorativo.
In secondo luogo, la produttività generale delle persone varia da una società all’altra (potete intendere il termine società in tutti i modi), quindi non vedo la possibilità di estendere la suddetta sperimentazione a tutto il mondo.
In terzo luogo, considero ormai superato da tempo il concetto stesso del tempo lavorativo. Nel mondo contemporaneo sempre più persone sono impiegate nelle professioni intellettuali (quindi spesso anche creative), dove lo strumento di lavoro chiamato cervello non si spegne alla fine di una giornata di lavoro come un macchinario industriale. In qualche misura continua a elaborare tutte le problematiche correnti e passate legate alla attività professionale del suo «portatore»: almeno in sottofondo. A volte, addirittura, spinge la persona ad accendere il computer di sera o in un giorno festivo per scrivere degli appunti o fare delle modifiche ai progetti di lavoro. Di conseguenza, ritengo che in un mondo evoluto ogni persona debba lavorare «solo» il tempo necessario per realizzare la propria parte del lavoro. Sei in grado di farlo bene in cinque minuti? Bravo: per il resto della giornata sei libero a fare quello che vuoi.
In ogni caso, però, potete provare a leggere il rapporto sulla sperimentazione islandese.
Pare che alla fine le Olimpiadi di Tokyo si svolgeranno con zero spettatori. La tendenza, infatti, sembra indicare che non saranno ammessi nemmeno quelli «locali» (non solo a Tokyo, ma pure nelle altre zone interessate).
Sarei anche rimasto indifferente di fronte a questa notizia – come a tutte le altre riguardanti le Olimpiadi – ma non posso ignorare una piccola soddisfazione comparsa per un attimo nella mia testa.
Ebbene, spero che gli stadi giapponesi vuoti di questa estate dimostrino, finalmente, che l’Umanità possa tranquillamente sopravvivere anche senza una manifestazione profondamente falsa come le Olimpiadi (dove non si osserva una traccia di tutti gli «ideali» ufficialmente dichiarati). Così, finalmente, gli sforzi e le buone intenzioni delle persone verranno indirizzati verso qualcosa di più utile e interessante.
Come avete probabilmente già letto, Donald Trump ha deciso di fare una causa a Facebook, Twitter e Google per il blocco dei suoi account sui rispettivi social networks. Le lamentele di Trump circa la censura nei suoi confronti sono in una certa misura fondate, ma in questa sede volevo sottolineare un altro aspetto.
Il ricorso in tribunale è in una buona misura un grande regalo ai convenuti. Infatti, indipendentemente dalle preferenze politiche dei dirigenti di quelle aziende (e dai mezzi di manifestarle ritenuti opportuni), il business di Facebook, Twitter e Google si basa sui rapporti intensi tra gli utenti: la quantità degli utenti e dei contenuti da loro generati (pubblicazioni e commenti) si traduce nelle entrate di grandezza proporzionata (per esempio, della pubblicità visualizzata). Allo stesso tempo, i suddetti dirigenti devono rispondere ai loro azionisti che hanno una propria visione dell’ammissibile nella politica e nella vita sociale. L’eventuale sconfitta delle tre aziende nella causa voluta da Trump potrebbe quindi ristabilire l’equilibrio di una volta. O, se preferite, fornire una giustificazione ai dirigenti di Facebook, Twitter e Google che riavranno uno dei loro più grandi generatori dei contenuti.
In ogni caso, sarà divertente osservare quanto succede.
Considerate le fasi alternate nei rapporti tra la Russia e la Turchia (ma anche alcune somiglianze tra i rispettivi presidenti), non sono riuscito a evitare dei paragoni anche leggendo la notizia sulla super villa di Erdogan.
Ma le differenze, ovviamente, sono numerosissime. Per esempio, a differenza di Putin, il presidente turco ha qualche decina di residenze in meno e tende di meno a nascondere il proprio legame con tutti quegli immobili…
Però, in fondo, è abbastanza inutile cercare di distinguere le varie tipologie della sostanza marrone. L’importante è capire perché nessun politologo ci abbia mai pensato – secondo le mie osservazioni – a inserire l’esistenza di almeno un palazzo lussuoso tra i criteri distintivi di una dittatura o autocrazia. Eppure, tutti i dittatori o autocrati ne fanno costruire per il proprio uso personale. Anche quando la storia non concede più molto tempo per utilizzarli.
A febbraio la BBC ha iniziato a utilizzare — per alcuni suoi progetti — il proprio nuovo logo. Il fatto divertente, però, è: la gente se n’è accorta solo ora. E la stampa scandalistica si è pure lamentata per il prezzo non ufficialmente noto, ma apparentemente «alto».
Non so perché si lamentino: il buon re-design è sempre quello che porta qualcosa di nuovo senza stravolgere le abitudini degli utenti, quindi paghino pure bene quelli che riescono a rispettare il principio.
(Non sono un contribuente britannico, quindi per me è facile dirlo, ahahaha)
P.S.: se vi state ancora chiedendo quale sia la versione nuova del logo, vi risparmio un po’ di forze per le imprese più importanti. È quello della seconda riga.
Se qualcuno non se ne fosse ancora accorto, Aleksandr Lukashenko è un tipo che non si arrende mai.
L’altro ieri avevo brevemente scritto degli imminenti problemi finanziari del suo Stato, mentre ieri lui ha già firmato una ordinanza in base alla quale i cittadini tutto il mondo possono recarsi in Bielorussia per una vaccinazione anti-Covid a pagamento. Non penso che sia un provvedimento destinato ai cittadini europei (che ora riescono ad accedere con una relativa facilità ai vaccini affidabili). In Russia e in Ucraina, invece, le dosi dei vaccini scarseggiano. Mentre in Bielorussia viene prodotto lo Sputnik V!
Geniale…
Semplicemente geniale: in qualche modo riesce sempre a ottenere dei soldi dalla Russia ahahaha
L’analisi della politica internazionale (ma anche quella nazionale) molto spesso assomiglia alle scommesse sportive: si raccolgono dei piccoli segnali apparentemente poco significativi e si proiettano sul futuro.
Ma facciamo subito un esempio pratico. L’altro ieri la più grande compagnia aerea cargo russa – la Volga-Dnepr – ha annunciato di voler evitare, nelle occasioni dei propri voli, lo spazio aereo bielorusso. Noi conosciamo già il fatto passato che avrebbe determinato tale scelta: l’atterraggio forzato dell’aereo di Ryanair con un oppositore bielorusso e diversi cittadini europei a bordo. Ma noi vogliamo interpretare i fatti politici del presente e del futuro. Quindi io potrei ipotizzare quanti segue.
Le grandi aziende russe – private o statali che siano – non hanno una assoluta libertà nel prendere le decisioni importanti. Come minimo, i loro dirigenti si consultano con qualche dirigente statale russo. Di conseguenza, si potrebbe ipotizzare che a livello statale si voglia in qualche modo «punire» o «mettere in guardia» Lukashenko. quest’ultimo, però, è uno dei pochi «amici e alleati» della Russia.
A questo punto dobbiamo ricordare almeno due cose:
1) da decenni ormai la Bielorussia è di fatto finanziata dai soldi pubblici russi (prestiti coperti con altri prestiti fino all’infinito, prezzi favorevoli del gas e del petrolio etc);
2) le recenti sanzioni europee dovrebbero far perdere alla Bielorussia circa cinquecento milioni di dollari all’anno.
Come cercherà Lukashenko di recuperare le perdite? Esatto: chiedendo altri soldi a Putin.
Il risultato della analisi: la ripresa dei voli della (o delle) compagnia aerea russa sarà una delle forme dei futuri aiuti. In sostanza, sarà una questione di contabilità e non dei soldi realmente regalati. Perché la liquidità è limitata un po’ per tutti.
Anche da questa storia, impariamo pure un po’ di contabilità creativa ahahaha
Probabilmente lo avete già letto: il 19 giugno a New York è stato inaugurato un nuovo monumento a George Floyd. Sarebbe questo:
Senza commentare la figura di questo strano personaggio (sì, so essere diplomatico) e quindi l’opportunità di dedicargli dei monumenti, ho una domanda di importanza storica.
Il cosiddetto «white face» non sarebbe un problema?
Per me più no che sì, ma ho alcuni dubbi sul fatto che tutti lo debbano dare per scontato. Soprattutto quando inizia da un personaggio che – indipendentemente dalla fine che ha fatto – era quello che era.