A volte mi capita di sentire o leggere le persone che, dimostrando delle scarse capacità di analisi, ripetono in un modo sconsiderato i vari slogan della propaganda putiniana. Per esempio, alcuni chiedono: perché la NATO (o gli USA) poteva fare l’intervento X, mentre la Russia non potrebbe fare una cosa simile / uguale? Per fortuna, è un trucco della propaganda che può essere smontato molto facilmente.
Prima di tutto, in generale, il fatto un intervento militare sbagliato – qualora dovessimo considerarlo sbagliato o addirittura illegale – non può giustificare tutti gli altri interventi sbagliati. Se Tizio ha ucciso, Caio non può e non deve sentirsi autorizzato a compiere lo stesso fatto.
E poi possiamo vedere i dettagli di ogni singola guerra concreta condotta dagli USA o dalla NATO. Oggi farei l’esempio dell’intervento nella ex Jugoslavia. Andiamo per punti:
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L’archivio della rubrica «Nel mondo»
Tanti media occidentali scrivono dei «negoziati» tra la Russia e l’Ucraina in Turchia. Tale incontro (non il primo e non l’ultimo) è sicuramente un fatto di cronaca interessante, ma non lo è nel senso più globale: dal punto di vista politico o addirittura storico. Infatti, prima di iniziare a spendere tempo per seguire i fatti di cronaca simili, bisogna capire alcuni principi. Per esempio:
1. Putin (non mi va di scrivere Russia) non vuole fare i negoziati con l’Ucraina. Vuole fare i negoziati con una parte terza (possibilmente la NATO) che possa garantire il rispetto degli accordi raggiunti da parte degli ucraini. In parte è una manifestazione di disprezzo nei confronti dei vertici ucraini e in parte è una manifestazione della ovvia mancanza di fiducia verso l’intero Paese: nemmeno il migliore tra gli accordi possibili fermerà da solo i comportamenti ostili nei confronti dei militari russi che si trovano sul territorio ucraino.
2. I membri della delegazione russa attuale politicamente valgono più o meno 0 (zero). Anzi, il capo Vladimir Medinsky è un noto buffone (sì, lo chiamo in questo modo molto diplomatico) che da anni viene utilizzato dal Cremlino per mettere in circolazione e/o attuare le idee più assurde. Di conseguenza, qualsiasi accordo raggiunto o qualsiasi promessa fatta da questa delegazione può essere disdetto — in qualsiasi momento — unilateralmente da Putin. Quest’ultimo si sta riservando tale possibilità.
3. Putin non sarà assolutamente disposto a cessare la guerra e fare uscire le truppe senza prendere qualche territorio ucraino in più. Nel caso contrario farà molta più fatica a parlare di una vittoria. Una sconfitta, invece, non è compatibile con la psicologia di Putin.
Tenendo conto dei suddetti principi, aspettiamo che arrivino i negoziati seri, e non quelli fatti per creare l’illusione delle buone intenzioni.
Sicuramente lo avete già visto sulle numerose foto arrivate negli ultimi 33 giorni dall’Ucraina: i mezzi militari russi coinvolti in questa invasione sono marchiati con delle grandi lettere «Z» (latine) bianche:
Ma a volte capita anche la lettera «V»:
A volte quelle lettere sono disegnate all’interno di rettangoli (sempre bianchi), spesso sono ripetute più volte anche sullo stesso lato di un singolo mezzo. Il terzo simbolo possibile è un triangolo bianco, ma è ancora più raro della «V».
Nelle ultime settimane diversi miei amici e conoscenti europei mi hanno chiesto quale significato avessero quei simboli, soprattutto la nota veramente a tutti «Z». Ebbene, evito di fare un racconto troppo lungo e vado subito alla conclusione: Continuare la lettura di questo post »
Il giovedì 24 marzo eravamo arrivati a un brutto traguardo: un mese di guerra in Ucraina. Anche se in realtà non ha molto senso parlare di periodi più o meno lunghi: in guerra è brutto ogni singolo giorno.
Anche la situazione in cui la durata di una guerra si misura ormai in mesi non può certo essere definita bella.
Oggi pubblico il riassunto di questo mese.
Il giorno 1: la città di Chuguev nella regione di Kharkiv bombardata dall’esercito russo il 24 febbraio (Aris Messinis / AFP / Scanpix / LETA).
Il giorno 2: il corpo di un soldato russo alla periferia di Kharkiv (Vadim Ghirda / AP / Scanpix / LETA).
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La Casa Bianca avrebbe creato un gruppo di lavoro «Tiger Team» (nome non ufficiale), il quale sta sviluppando un piano di risposta da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati in caso dell’uso da parte della Russia di armi di distruzione di massa: quelle chimiche, biologiche o nucleari. Allo stesso tempo, i funzionari statunitensi valutano i rischi dell’uso di armi nucleari da parte della Russia come bassi.
Di fronte a tale notizia dobbiamo preoccuparci? Direi di no: anzi, considerato un alto grado di precisione con il quale i militari statunitensi hanno predetto l’inizio della guerra, possiamo presumere che siano altrettanto precisi anche nelle loro valutazioni circa le bombe atomiche. Considerano il rischio come basso, ma non possono non reagire del tutto in presenza di un rischio…
Certo, è probabile che la mia mente stia cercando sostituire l’analisi con la speranza, ma lo scrivo comunque: ci sarebbero meno motivi per preoccuparsi.
Quindi ora potete leggere serenamente l’articolo linkato sopra e scoprire su quali scenari stanno lavorando negli USA.
Molto spesso nel mondo capitano delle notizie che sono particolarmente belle da leggere in parallelo anche se la correlazione dell’una con l’altra non è immediatamente evidente. Facciamo un esempio.
Il Wall Street Journal sostiene che l’amministrazione del presidente Biden starebbe preparando un pacchetto di sanzioni contro 328 deputati della Duma russa (in totale sono 450, tra questi 325 appartengono ufficialmente al partito di Putin «Russia Unita», mentre gli altri ratificano le volontà del presidente allo stesso modo ma con delle motivazioni leggermente diverse). Le future sanzioni prognosticate dovrebbero essere legate, ovviamente, alla approvazione della guerra di Putin contro l’Ucraina. Nello stesso articolo del WSJ si parla anche di alcune altre misure, ma ora, in questa sede, ci limitiamo ai deputati russi.
Allo stesso tempo, la rivista online russa «Holod» scrive che ai deputati del partito «Russia Unita» sarebbe stato vietato di uscire dal territorio russo senza l’autorizzazione del loro capogruppo parlamentare. Purtroppo, il sito e gli account sui social del «Holod» non hanno le versioni nelle lingue diverse dal russo, ma ho aggiunto comunque il link.
Le due notizie sono belle da leggere insieme perché potrebbero confermare una ipotesi abbastanza logica: non solo alcuni ormai ex giornalisti dei media statali, artisti, sportivi e altre persone note spesso usate come dei «testimonial» del regime di Putin sarebbero ora sempre più motivati a scappare. Quindi non stupitevi del fatto che tra un po’ da qualche parte del mondo inizino a comparire dei personaggi accumunati dalla stessa frase ripetuta centinaia di volte: «In realtà sono sempre stato contrario…». Perché, effettivamente, hanno sempre più motivi per farlo.
Uno degli aspetti piccoli – quasi invisibili – ma non da considerare poco importanti di questa guerra in Ucraina è il destino di molti immigrati politici bielorussi. Infatti, dopo le elezioni presidenziali super falsate del 2020 e le proteste popolari che ne sono seguite, molti oppositori al regime di Aleksandr Lukashenko erano fuggiti dalle repressioni verso i vari Paesi confinanti con la Bielorussia. Moltissimi sono andati in UE (per esempio, 178 mila bielorussi erano andati in Polonia), ma una quantità non irrilevante dei profughi aveva preferito di andare in Ucraina: uno Stato libero, con delle buone tendenze a una vera democratizzazione e, allo stesso tempo, con la lingua e l’ambiente favorevoli a un facile adattamento. In base ai dati che mi è capitato di leggere, circa 3,5 mila bielorussi avevano trovato un rifugio in Ucraina.
Ecco, ora quelle 3,5 mila persone sono costrette a valutare nuovamente l’opportunità di scappare. Scappare da qualche altra parte. Certo, alcuni di loro hanno già deciso di rimanere sul territorio ucraino e partecipare, in qualche modo, alla difesa della loro nuova casa dalla aggressione russa. Ma molti altri si stanno spostando verso l’Europa.
Io spero che l’Europa riesca a pensare a più tipi di profughi alla volta. O, meglio ancora, non farne troppa distinzione.
Come potrebbe essere descritta questa settimana di guerra in Ucraina? Per esempio, si potrebbe parlare della cittadina Volnovakha che si trova a 60 chilometri da Donetsk. Anzi, ormai è meglio dire che si trovava… Infatti, l’11 marzo il Ministero della difesa russo ha comunicato che le truppe della cosiddetta DNR avrebbero «liberato» la città dal «famoso» «pericolo ucraino». Il Servizio di frontiera dello Stato ucraino ha formulato diversamente il concetto: ha comunicato che Volnovakha non esiste più in qualità di un centro abitato. Prima della invasione russa Volnovakha era abitata da più di 20 mila persone. Dopo la «liberazione» a opera russa, invece, la casa di quelle persone ha l’aspetto come da foto seguenti.
La scuola di Volnovakha:
Un negozio e una casa privata:
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Provo a fare una pausa dall’argomento [giustamente] dominante, per evitare dei pesanti danni celebrali miei e vostri…
Ho scoperto che oggi, il 18 marzo, è il Global Recycling Day: una ricorrenza speciale inventata nel 2016 dal Bureau of International Recycling (BIR) e volta alla sensibilizzazione degli umani di tutto il mondo al problema dei rifiuti.
Allo stesso tempo, devo constatare di avere trovato – nelle varie fonti – altre due date: il 17 maggio e il 15 novembre (quest’ultima esisterebbe solo negli USA)…
Ma noi, i semplici umani, dobbiamo preoccuparci del riciclo con una giusta costanza e non solo una (o tre?) volta all’anno. Questo significa, per esempio, che dobbiamo essere sempre attenti a separare correttamente i rifiuti per facilitare la raccolta differenziata. Così, io mi sono organizzato in tal senso già tempo fa, in tutti i luoghi dove posso in qualche modo influire sulla gestione della spazzatura. Eccone una dimostrazione:
P.S.: devo ricordare a tutti che dal punto di vista pratico la divisione dei rifiuti da parte dei singoli cittadini (o famiglie) ha come l’unico obbiettivo l’abbattimento dei costi di tale operazione. Nel nostro mondo particolare la ragione economica è la garanzia migliore del fatto non finisca tutto allo stesso inceneritore… O, almeno, dobbiamo sperare che sia così…
Nel corso di queste [prime] tre settimane di guerra Vladimir Putin ha «raggiunto» alcuni risultati quasi sorprendenti. Ora non intendo alla catastrofe umanitaria, mi riferisco ad altro. Per esempio, ha portato al massimo il livello dell’unità nazionale ucraina, ha dato l’avvio alla fine della Russia che conoscevamo fino al 23 febbraio, ha ridotto al minimo la quantità degli scenari possibili della propria uscita dalla politica, ha indotto tantissimi ucraini e russi (e non solo, presumo) ad augurare apertamente la morte a una persona concreta… Tra i risultati meno traumatici c’è anche la trasformazione di Joe Biden – in un anno esatto – in un politico capace di dare le risposte concrete, intenzionalmente non diplomatiche: «Oh I think he is a war criminal».
In ogni caso, spero che non tenti nemmeno a raggiungere altri risultati di qualsiasi genere.