L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Come pianificato, la sera del 20 giugno (la Giornata mondiale del rifugiato), la casa d’aste statunitense Heritage Auctions ha tenuto a New York l’asta per la vendita della medaglia Nobel per la pace del caporedattore della «Novaya Gazeta» Dmitry Muratov. Tutti i proventi della vendita della medaglia andranno a sostenere la missione umanitaria dell’UNICEF mirata all’aiutare i bambini ucraini rifugiati e le loro famiglie.
Apparentemente è solo un fatto di cronaca (uno dei numerosi fatti legati alla guerra in corso), ma io ne scrivo per ricordarmi due cose. Prima di tutto, per ricordare la somma finale per la quale la medaglia è stata venduta: 103.500.000 dollari statunitensi (sì, centotre milioni e mezzo). In secondo luogo, per ricordare che l’acquirente – di cui non è stato reso noto il nome – sapeva come sarebbe stato utilizzato il denaro ricavato: quindi più è vicino a uno dei due Stati in guerra, più è un grande (o la vicinanza non ha una sua importanza? Non lo so…).

Boh, prima o poi scopriremo il nome dell’acquirente. Solo che non ne sono così sicuro del prima.


Il Dipartimento della Difesa statunitense ha comunicato, quali materiali bellici sono già stati forniti all’esercito ucrano dall’inizio della guerra:
— Oltre 1400 sistemi antiaerei Stinger;
— Oltre 6500 sistemi anti-corazza Javelin;
— Oltre 20.000 altri sistemi anti-corazza;
— Oltre 700 sistemi aerei tattici senza pilota Switchblade;
— 108 obici da 155 mm e oltre 220.000 proiettili d’artiglieria da 155 mm;
— 90 veicoli tattici per il traino degli obici da 155 mm;
— 15 veicoli tattici per il recupero delle attrezzature;
— Sistemi missilistici di artiglieria ad alta mobilità e munizioni;
— 20 elicotteri Mi-17;
— Centinaia di veicoli blindati multiuso ad alta mobilità;
— 200 veicoli corazzati M113;
— Oltre 7000 armi leggere;
— Oltre 50.000.000 di munizioni per armi leggere;
— 75.000 set di armature ed elmetti;
— 121 sistemi aerei tattici senza pilota Phoenix Ghost;
— Sistemi missilistici a guida laser;
— Sistemi aerei senza pilota Puma;
— Navi da difesa costiera senza equipaggio;
— 22 radar di contro artiglieria;
— Quattro radar di contro-mortificazione;
— Quattro radar di sorveglianza aerea;
— Munizioni antiuomo M18A1 Claymore;
— Esplosivi C-4 e attrezzature di demolizione per la rimozione degli ostacoli;
— Sistemi di comunicazione tattici sicuri;
— Dispositivi di visione notturna, sistemi di immagini termiche, ottiche e telemetri laser;
— Servizi commerciali di immagini satellitari;
— Dispositivi di protezione per lo smaltimento di ordigni esplosivi;
— Attrezzature di protezione chimica, biologica, radiologica e nucleare;
— Forniture mediche, compresi i kit di pronto soccorso;
— Apparecchiature di disturbo elettronico;
— Attrezzature da campo e parti di ricambio.
In generale, direi che si tratta di una buona fonte non solo diretta, ma anche comodamente sintetica. Quindi tutte le persone interessate all’argomento la possono seguire senza un particolare impegno.


I ricordi scolastici

È strano da scrivere, ma è un dato di fatto: anche nel 2022 in Ucraina si è concluso un anno scolastico. Pure a giugno 2022 in Ucraina molti ormai ex scolari si sono diplomati.
È stato un anno scolastico abbastanza particolare per tutti. Non proprio tutti hanno trovato le forze per iniziare già ora a materializzare i ricordi di questo periodo della propria vita.
Qualche giorno fa ho saputo delle foto-ricordo di questa classe dei diplomati di una delle scuole di Černihiv (una città nel nord della Ucraina) e ora le faccio vedere a voi:
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Un aiuto sostitutivo

Non molto tempo fa – il 31 maggio – Mario Draghi aveva dichiarato che quasi tutti gli Stati-membri più grandi dell’UE sarebbero contrari all’idea di concedere alla Ucraina dello status del candidato alla Unione europea. Dal punto di vista puramente politico, era una situazione comprensibile: la prospettiva di avere uno nuovo Stato-membro grande ma povero significa perdere una parte dei seggi nel Parlamento europeo e/o dei flussi finanziari europei (perché gli Stati-membri attualmente considerati poveri diventeranno relativamente ricchi).
Ieri, però, in occasione della visita di Draghi, Macron, Scholz e Iohannis a Kiev abbiamo scoperto che almeno i quattro Stati-membri da loro rappresentati sarebbero favorevoli allo status del candidato per l’Ucraina. La contraddizione è, secondo me, solo apparente. Infatti, il «cambio dell’idea» potrebbe essere il risultato di una classica trattativa diplomatica. Francia e Germania (prima di tutto loro) sulla pratica non si sono dimostrati tanto disponibili a fornire gli aiuti militari alla Ucraina. Potrebbero avere tantissimi motivi interni per tenere tale comportamento (anche se di fatto in questo modo stanno contribuendo al prolungamento del conflitto), ma allo stesso tempo devono dimostrare di sostenere in qualche modo lo Stato aggredito. Di conseguenza, per bilanciare gli aiuti militari mancati si sono «arresi» all’ipotesi dello status del candidato.
Quello status sarà sicuramente utile alla Ucraina durante il processo della ricostruzione (almeno perché ci sarà un migliore controllo sull’uso dei fondi), ma a essa bisogna anche arrivarci. Quindi nonostante tutto bisogna cercare nuovi modi di non far abituare i vertici europei alla situazione di guerra. La percezione di impunità e di successo sentita da Putin porterà, prima o poi, alle nuove guerre in Europa.


Le sanzioni private

In tanti sanno che la Gazprom ha ridotto le forniture del gas via il North Stream, ma non tutti hanno capito bene il vero motivo.
È vera quella parte della notizia secondo la quale si è rotta una delle turbine (della Siemens) utilizzate per «pompare» il gas nel gasdotto. Ma è solo una parte della notizia più ampia. In realtà, la Siemens è una di quelle numerosissime aziende occidentali che hanno lasciato il mercato russo dopo l’inizio della invasione militare della Ucraina. Di conseguenza, la Russia sta seriamente rischiando di rimanere non solo senza i nuovi prodotti della Siemens (treni, macchinari ospedalieri, attrezzature per il trattamento delle materie prime etc.), ma pure senza i pezzi di ricambio. Senza i pezzi di ricambio, come potete facilmente immaginare, molte attività rischiano di fermarsi. Anche il trasporto del gas.
Non so ancora se e come possa essere trovata una soluzione – più o meno legale – del problema con le forniture via il North Stream. Ma posso già constatare che nel valutare l’efficacia delle sanzioni adottate contro la Russia bisogna prendere in considerazione anche quelle introdotte dalle aziende private per l’iniziativa propria. Potrebbero rivelarsi più sensibili e capaci di produrre effetti in tempi più stretti.


Il funzionamento delle sanzioni

Periodicamente mi capita di sentire che le sanzioni occidentali contro la Russia non funzionerebbero. E mi sono già un po’ stancato a spiegare che non sono ancora state inventate le sanzioni capaci di iniziare a produrre gli effetti visibili in pochi giorni o in poche settimane. Ammetto pure che a me manca la fantasia per immaginare almeno una sanzione politica o economica così veloce…
È più interessante constatare che almeno alcune delle sanzioni adottate non funzionano in un senso molto più banale: gli stessi Stati che le hanno introdotte non sanno o non vogliono (ovviamente senza dichiararlo) applicarle al 100%. Per esempio: il giornale tedesco Welt am Sonntag ha contato circa trenta voli privati (aerei ed elicotteri) nello spazio aereo europeo – spesso con il punto di destinazione o di partenza in Europa – effettuati dopo il divieto annunciato da Ursula von der Leyen già il 27 febbraio.
L’articolo originale è in tedesco, ma i vari traduttori online si trovano ormai a un buon livello, quindi le persone realmente interessate riusciranno a leggere facilmente l’intera notizia.
Io, nel frattempo, posso aggiungere solo una cosa: spero che i voli clandestini di cui sopra siano serviti per le trattative di resa personale o collettiva. In parte, questo spiegherebbe anche il loro svolgimento impunito.


L’arte ai tempi della guerra

Il modellista lituano Tomas Upckas ha creato – a maggio – un diorama di miniature raffiguranti i soldati russi che saccheggiano gli appartamenti degli ucraini. In particolare, il diorama mostra cosa fanno i militari russi nelle case degli ucraini: saccheggiano, bevono, buttano tutto per terra, rubano pure i caloriferi e i water, defecano… Le foto delle miniature sono visibili anche sull’account Facebook di Upckas.

Il diorama è stato poi messo all’asta con il prezzo di partenza di 2000 euro. L’artista intende donare tutto il ricavato a sostegno della Ucraina.
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I primi condannati nella DNR

Sulla condanna a morte dei primi tre foreign fighters nella cosiddetta DNR è utile ricordare due principi basilari:
1. La DNR (come pure la LNR) è stata creata anche per questo motivo: in qualità di un territorio russo, ma allo stesso tempo formalmente non appartenente al sistema giuridico russo. Un territorio dove si può fare qualsiasi cosa.
2. Ogni prigioniero di questa guerra – condannato o meno – è una merce di scambio. «Più» il prigioniero è occidentale, più è considerato prezioso. Quindi possiamo essere relativamente tranquilli per la vita di ognuno di loro.
Al secondo principio, in particolare, è legato un concetto che dobbiamo ancora verificare – con l’esito positivo, si spera – sulla pratica: se il grado attuale di follia di Vladimir Putin fosse 9999 invece di 10.000, il suo intento sarebbe ancora quello di apparire il personaggio più civile tra tutti i «vertici» della politica russa. Di conseguenza, sarà lui a spacciarsi per il «salvatore» dei prigionieri condannati da un «tribunale» «indipendente» dalle sue volontà. Sarà quindi ancora una persona con la quale trattare, alla quale chiedere umilmente dei favori. Non si tratterebbe di una situazione bellissima, ma non so in cos’altro sperare nel caso specifico dei foreign fighters condannati.


Un breve esempio dei costi

Ogni qualvolta sentite o leggete (per esempio, sulle pagine di questo sito) che bisogna cercare di lasciare Vladimir Putin senza le risorse per continuare la guerra, molto probabilmente non riuscite a immaginare, in concreto, di quali somme debba essere privato attraverso le sanzioni.
Io, finalmente, sono pronto a fare un primo piccolo esempio pratico. Oggi scrivo molto brevemente dei costi legati all’utilizzo dei missili più «comuni».
Il costo di un razzo per il lanciarazzi BM-21 Grad (calibro è di 122 mm) è di circa mille dollari americani. In una salva un BM-21 Grad lancia 40 missili: quarantamila dollari in appena venti secondi. La precisione di questo elemento di artiglieria è molto scarsa anche perché si tratta di una macchina progettata nei primi anni ’60. In sostanza, si «spara» quasi a caso sperando di colpire qualcosa o qualcuno.

Il lanciarazzi pesante 9K57 Uragan: il calibro 220 mm, 16 razzi. Ogni razzo costa circa 12.000 dollari americani, quindi una salva costa 192.000 dollari.

Il lanciarazzi 9K58 Smerch: il calibro 300 mm. È capace di colpire a distanze molto lunghe (fino a 120 km) e danneggiare delle aree molto vaste: fino 672 mila metri quadrati. La precisione di questo sistema è dello 0,3% della distanza. La capienza è di 12 razzi, ognuno dei quali costa circa 80.000 dollari. In 40 secondi vengono quindi lanciati (e «bruciati») circa 960.000 dollari.

Un colpo di una «semplice» obice 2A65 da 152 mm costa dai 300 ai 400 dollari. Un colpo di un carro armato costa tra i 300 e i 1000 dollari. Questi sono i costi per le munizioni ordinarie, ma quelle a carica sagomata (ZBK29M o 3BK31) arrivano a costare anche 5000 dollari. Se si tratta di lanciare dei missili guidati (per esempio 3UBK20 INVAR) il costo di ogni singolo lancio è di diverse decine di migliaia di dollari. Oltre alle munizioni, poi, bisogna considerare anche le spese – altissime! – per il carburante, la manutenzione, le riparazioni, il deposito, gli stipendi dei militari e le armi stesse.
Ah, e poi ci sono i missili tattici: per esempio, il K79 Tochka che ha colpito la stazione ferroviaria di Kramatorsk. Quello costa 300.000 dollari… Etc. etc…
Ora dovrebbe essere un po’ più chiaro a cosa serve – in questo momento storico – non far guadagnare lo Stato russo con le risorse naturali.


Le notizie simboliche

Non ho avuto la possibilità di dedicare molto tempo a uno studio approfondito dell’argomento, mentre da quello veloce mi sembra di dedurre che la stampa occidentale non rispecchi bene una situazione «curiosa»: la guerra in Ucraina ha già diviso pure gli scienziati.
Infatti, la moria di massa di delfini nel Mar Nero viene interpretata in modo diverso dagli ecologisti russi da una parte e quelli ucraini ed europei dall’altra. Per quelli che lavorano in Russia o in Crimea occupata, i motivi sarebbero la diffusione di infezioni o di atti di intossicazione (in entrambi i casi non ben definiti). Per gli ecologisti ucraini e, per esempio, quelli bulgari il motivo sarebbe la guerra, quindi le esplosioni delle bombe e i sonar potenti delle navi militari russe (che incidono negativamente sulle capacità dell’orientamento dei delfini).
In una guerra tra gli umani i delfini – come tutti gli altri rappresentanti della fauna – non sono le vittime alle quali presterei l’attenzione principale, ma la storia in generale (delle due spiegazioni dello stesso fenomeno naturale) illustra bene i tipi dei due mondi che si sono scontrati nella guerra stessa. Il mondo della libertà con quello della non-libertà.