L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Il nuovo reato europeo

Oggi il Consiglio ha adottato all’unanimità la decisione di aggiungere la violazione delle misure restrittive (nel linguaggio più comune e umano si chiamano sanzioni) all’elenco dei «reati dell’UE». Dunque, ora i tentativi di raggirare le sanzioni entreranno, quasi sicuramente, in una buona compagnia: il terrorismo, il traffico degli esseri umani, lo sfruttamento sessuale di donne e bambini, il traffico di droga e armi, il riciclaggio di denaro, la corruzione, la contraffazione di valuta, la criminalità informatica e la criminalità organizzata.
Considerando il contesto nel quale solitamente vengono adottate le sanzioni, la suddetta notizia diventa però meno comica. Il dettaglio che mi interessa maggiormente è la definizione che verrà data al nuovo reato: le sanzioni europee (e non solo europee) sono talmente diverse tra esse (e appartengono a ambiti molto diversi) che non riesco a immaginare una norma unica e specifica. Di conseguenza, ora sono proprio in attesa di osservare tanta comicità pseudo-giuridica nei prossimi mesi.


L’importanza del contesto

Posso immaginare facilmente la reazione che la maggioranza dei lettori avrebbe potuto mostrare dopo avere visto un video come questo:

Io ho visto più di un video del genere. So che tutti quei video sono stati realizzati in Ucraina che alcune settimane sta avendo dei seri problemi con l’energia elettrica. A causa degli attacchi missilistici russi.
Ecco, conoscendo il contesto nel quale è stato girato un video, la reazione che si prova è già diversa.
Avrei potuto mettere qualche video più serio e informativo sullo stesso argomento, ma ne ho visti troppi psicologicamente pesanti. Almeno oggi evito di postarli.


La lettura del sabato

Dato che ho creato quasi una tradizione — purtroppo! — di segnalare delle letture riguardanti la guerra in Ucraina che un lettore italiano difficilmente avrebbe scoperto da sé, seguo il principio anche questo sato.
L’articolo di oggi, però, riguarda non i combattimenti in senso stretto, ma una delle loro conseguenze sulla vita quotidiana su un determinato territorio ucraino liberato. In particolare, si tratta del paese Demydiv che in primavera era stato fatto allagare dagli abitanti stessi per non far passare l’esercito russo in avanzata verso Kiev.


Gli assiomi

Probabilmente vi è capitato di leggere che Mykhaylo Podolyak, il consigliere del capo dell’ufficio presidenziale ucraino, ha dichiarato in un’intervista all’AFP che nell’attuale situazione al fronte l’avvio di negoziati con la Russia equivarrebbe per l’Ucraina a una capitolazione:

Quando l’iniziativa sul campo di battaglia appartiene a voi, è un po’ strano ricevere proposte come: «Non potete comunque fare tutto con i mezzi militari, dovete negoziare».

Si tratta di una grande verità che è diventata una enorme banalità già alcuni mesi fa e, di conseguenza, avremmo potuto chiederci a quali deficienti la sta ripetendo Podolyak. Ma quando andiamo a vedere un po’ cosa scrive la gente sui social, ci accorgiamo che qualche deficiente esiste ancora. Molto probabilmente, si sta cercando di salvarne qualcuno delle tante figure di m…
Fortunatamente, tutti gli altri hanno già capito che si potrà e si dovrà negoziare solo sul dopo la guerra: con quali strumenti e in quali tempi la Russia rimborserà l’Ucraina i danni prodotti con la guerra. La condizione principale per l’avvio dei negoziati è ovvia: l’uscita dell’esercito russo dai confini ucraini stabiliti nel 1991.


Ancora un video da Kherson

Una settimana fa avevo postato il video della accoglienza all’esercito ucraino rientrato a Kherson.
Per logica, ora dovrei postare anche quello della visita del presidente Zelensky (avevo postato solo le foto).

La riconquista di questa città è un traguardo molto importante, quindi non ho paura di dedicare a essa tanta attenzione.


La sentenza sul caso del MH17

Tutti gli interessati hanno già sicuramente letto della sentenza – pronunciata il giovedì 17 novembre in Olanda – sul caso del volo MH17 abbattuto nel 2014 da alcuni personaggi russi nel cielo ucraino.
Io spero di riuscire presto a leggere la sentenza stessa (e alcuni materiali che mi mancano) e per ora posso aggiungere alle notizie di cronaca solo una previsione facile: alla fine sarà lo Stato russo (quindi i contribuenti) a pagare il rimborso ai familiari delle vittime. Questa sarà una delle componenti – purtroppo non la meno grave – della eredità lasciata alla Russia futura dall’epoca putiniana.
Nel frattempo, posso ricordare a tutte le persone interessate al caso il sito speciale dedicato proprio al caso del volo MH17 e a quel processo giudiziario che si è concluso con la sentenza di ieri. Nell’ottenere le informazioni è molto spesso utile evitare gli intermediari.


Banksy in Ucraina

Interpretando il contenuto delle varie opere di Banksy, l’ho spesso trovato una persona poco intelligente, incline a semplificare e banalizzare.
Fino a pochi giorni fa non mi è però capitato di prestare una particolare attenzione ai luoghi in realizza le proprie opere. Più precisamente, fino al momento in cui hanno iniziato a circolare le prime voci circa la comparsa di alcune sue opere in Ucraina. Il 14 novembre, poi, su The Art Newspaper è stata pubblicata la conferma: le 7 opere avvistate a Kiev e nella relativa Regione sono state ufficialmente riconosciute da Banksy come proprie.
Significa che non ha avuto paura di andarci. Bravo. Sul serio.
E ora salvo in questo post le foto dei setti disegni: purtroppo, anche la loro vita è rischio tutti i giorni.
1. Kiev, Maidan Nezalezhnosti (Piazza della Indipendenza): i bambini che si dondolano su un riccio ceco come su una altalena:

2. Borodyanka: un bambino che vince contro un uomo in uniforme da arti marziali: Continuare la lettura di questo post »


I missili in Polonia

Sicuramente avete già letto da diverse parti dei due razzi che l’altro ieri sono finiti sul territorio polacco (vicino al villaggio di Przewodów, a circa 6 chilometri dal confine con l’Ucraina). Non è ancora certo chi abbia lanciato quei missili: alcuni politici non escludono che si possa trattare di missili ucraini di difesa aerea, lanciati per abbattere un missile russo in avvicinamento. Mentre noi, i semplici osservatori esterni, non abbiamo degli strumenti per valutare se sia vero o no.
Se ipotizziamo che quei missili fossero russi (conoscendo la precisione del puntamento dell’esercito russo, non si può escluderlo), dobbiamo comunque ricordarci che l’obiettivo era l’Ucraina. Pure un personaggio irrazionale come Putin ha paura di entrare in guerra con uno Stato-membro della NATO… Però all’inizio dell’anno avevamo già detto una cosa molto simile anche sul futuro (ai tempi) attacco alla Ucraina, quindi ora aggiungiamo: a meno che le sue condizioni psichiche non siano peggiorate ancora – sembrava impossibile! – rispetto a otto mesi fa. Ma i suoi rappresentanti continuano a «proporre» – ma è meglio dire chiedere – le trattative di pace pure alla piccola Ucraina.
Se invece ipotizziamo che quei missili fossero ucraini (avranno mancato un bersaglio mobile inseguendolo e sono volati sopra un confine non rettilineo ma sporgente verso l’interno della Ucraina: può succedere anche questo), dobbiamo ammettere che il loro obiettivo dichiarato coincide con quello reale: qualunque cosa i propagandisti russi possano inventarsi ora, l’Ucraina ha un deficit critico di missili, dunque non li sprecherà di certo per delle stupide provocazioni (soprattutto due missili alla volta).
In ogni caso, quei due missili sono un buon avvertimento per la NATO: qualcuno si dovrà anche rendere conto, prima o poi, che la guerra vera – non quella vista su YouTube – potrebbe arrivare sul territorio di un qualsiasi Stato terzo in qualsiasi momento. Molto probabilmente a questo punto conviene anticipare un po’ gli eventi.
Mentre noi, i semplici osservatori esterni, possiamo solo ricordare che, indipendentemente da chi e perché abbia lanciato quei missili, ne va ringraziato lo Stato russo: senza i bombardamenti del territorio ucraino non ci sarebbe stato bisogno di quei due missili.


La disponibilità alla pace

Nel pomeriggio di ieri, molto probabilmente per non lasciare dubbi ai partecipanti al G20, l’esercito russo ha sottoposto a un massiccio attacco missilistico alcune città ucraine. Secondo Yuriy Ignat, il portavoce dell’aeronautica militare ucraina, l’esercito russo avrebbe lanciato circa 100 missili. Secondo il presidente Zelensky, invece, sarebbero stati lanciati 85 missili, prevalentemente contro le infrastrutture energetiche (l’ultimo dettaglio non è una attenuante, poi se pensiamo che si sta avvicinando l’inverno…). In ogni caso, l’attacco è avvenuto dopo due azioni «interessanti» del ministro degli Esteri russo Lavrov nel corso del summit:
1) ha dichiarato che la Russia sarebbe disponibile a un dialogo di pace,
2) ha preteso – pare senza successo – che nella dichiarazione congiunta finale la parola guerra fosse sostituita con la parola conflitto.
Certo, è evidente che in più di otto mesi di guerra più o meno tutti hanno già capito tutto sul modo di agire della Russia putiniana, ma in questi giorni della ricerca degli accordi comuni si poteva immaginare la convenienza di qualche forma di tregua. Ma le capacità cognitive proprio non bastano.


Contare le firme

Bloomberg sottolinea che la bozza del comunicato finale del G20 (quello in corso in Indonesia) contiene un linguaggio di compromesso per garantire che il maggior numero possibile di partecipanti firmi la dichiarazione e che il vertice non diventi il primo in assoluto a concludersi senza un comunicato congiunto.
Noi, invece, abbiamo la possibilità di essere ancora meno diplomatici del Bloomberg e di riconoscere dunque che l’obiettivo massimo sperato (ma pure il risultato massimo raggiungibile) è quello di 19 firme su 20. Di conseguenza, il G20 indonesiano non può non essere privo di un comunicato congiunto, a meno che non si decida di ignorare il fatto della guerra in Ucraina (una opzione che mi sembra poco probabile). Proprio in questo consiste storicità positiva dell’attuale G20 che non andrebbe temuta: nel XXI secolo inoltrato non c’è alcunché di male nel condannare una invasione militare ingiustificata.
Dato che ci è stato negato lo spettacolo di Putin maltrattato da 19 Capi di Stato e di Governo in contemporanea, voglio almeno divertirmi a contare le firme.