L’archivio della rubrica «Nel mondo»

Che grande scoperta

Il generale Mark Milley – il capo dello stato maggiore congiunto degli Stati Uniti – ha dichiarato che le condizioni meteorologiche consentiranno alle forze armate ucraine di condurre un’offensiva per poco più di un mese. A suo avviso, le forze armate ucraine avranno più difficoltà a manovrare in autunno. Milley ha anche aggiunto che le forze armate ucraine stanno avanzando più lentamente del previsto.
Tutte le conclusioni ottenute dalle analisi di chissà quale entità e durata mi fanno un po’ ridere e arrabbiare allo stesso tempo. È ovvio che l’avanzata ucraina sta procedendo più lentamente di quanto si spera (prima di tutto, dagli ucraini stessi). Ma grazie a quali cazius di mezzi dovrebbe essere più veloce? Grazie a poche decine di carri armati? Oppure grazie alla promessa degli F16 non ancora integrati nel sistema militare ucraino? Boh…


La lettura del sabato

L’ormai ex ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, dimessosi all’inizio di settembre, ha pubblicato sul quotidiano britannico The Guardian un testo importante per lui, per l’Ucraina e per il mondo. Non vorrei che qualcuno lo saltasse, dunque vi passo subito il link.


Come immagina l’escalation?

Elon Musk ha risposto a un articolo della CNN nel quale si sostiene che avrebbe dato segretamente istruzioni ai suoi dipendenti di spegnere i satelliti Starlink vicino alle coste della Crimea nel 2022 per sventare un attacco delle forze armate ucraine alla marina russa.
In un post pubblicato sul X (ex Twitter), Musk ha affermato di non aver dato istruzioni di spegnere Starlink, perché, secondo lui, in Crimea questo servizio non ha mai funzionato. Musk sostiene di avere rifiutato la richiesta dell’esercito ucraino di attivare il Starlink in modo da garantire il passaggio dei droni a Sebastopoli per attaccare la flotta russa. E spiega il rifiuto dicendo che in questo caso la sua azienda SpaceX «sarebbe stata direttamente coinvolta nella guerra e nell’escalation del conflitto».
Boh… Certo, nessuno può essere obbligato a partecipare a una guerra che per qualche motivo non percepisce come propria (anche se la scelta di rifiutare l’aiuto possibile alla vittima di una aggressione mi sembra amorale). Ma quella che mi fatto «ridere» di più è l’espressione «escalation del conflitto»: ma non si era proprio accorto che la guerra era già in corso? Quale cazius di escalation voleva evitare? Secondo lui, esistono delle guerre «per gioco» e delle guerre «sul serio»? Secondo lui, In Ucraina Putin sta solo giocando?
Inizio a pensare che una persona che si concentra tanto sulla propria attività professionale – anche quando bella e utile – da non avere più tempo per capire anche minimamente cosa stia accadendo nel mondo circostante, sia a volte giustamente classificabile come pazza.


La quantità e la qualità

A volte mi diverto tantissimo a leggere anche le statistiche più semplici. Per esempio: ieri il viceministro dello sport russo Aleksei Morozov ha dichiarato che «oltre cento sportivi russi hanno deciso partecipare alle gare sotto la bandiera di qualche altro Stato». Alcuni giornalisti si sono prontamente ricordati di avere calcolato già a luglio 2023 che quegli sportivi erano almeno 204. E altri giornalisti hanno precisato che dell’ultimo numero riportato 141 sono in realtà i giocatori a scacchi.
Non ho mai capito perché gli scacchi vengano classificati come uno sport, ma ora non importa.
La cosa più importante da sottolineare è: la statistica appena citata si è rivelata una enorme pubblicità-al-contrario dello sport. Infatti, il suo riassunto in parole sarebbe: chi lavora con la testa scappa più facilmente dallo Stato-aggressore, mentre chi lavora con le altre parti del corpo tende a rimanerci.


Il canale telegram russo «Mozhem objasnit» scrive che Maria Vorontsova — figlia maggiore di Vladimir Putin e, allo stesso tempo, ricercatrice in medicina ed endocrinologa — ha continuato a pubblicare su riviste scientifiche negli Stati Uniti e in Svizzera. La conferma complessiva di tale fatto si trova sull’elenco delle pubblicazioni della Vorontsova sul sito web «Istina» dell’Università statale di Mosca.
La Vorontsova ha pubblicato articoli di endocrinologia e medicina presso la statunitense The Endocrine Society e la svizzera MDPI Publishing. Un articolo è stato pubblicato poco prima dell’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe russe nel febbraio 2022, mentre altri tre sono stati pubblicati dopo l’inizio della guerra.
Ecco, in teoria le varie sanzioni legate alla guerra non vieterebbero ai russi di pubblicare all’estero, ma solo di essere pagati per i testi pubblicati. Ma è un po’ strano pubblicare gli articoli scientifici della figlia di Putin durante la guerra: non tanto perché non si è mai detta contraria alla politica del padre, ma perché in base a come parla al pubblico, è molto probabile che sia diventata scienziata un po’ come il suo padre è diventato presidente.


I disertori combattenti

A volte mi capita di voler prendere una nota di qualche scoperta per poi studiarla meglio in un periodo un po’ più libero dagli impegni quotidiani. Oggi utilizzo il mio sito per una di quelle note. Infatti, è interessante notare che, sebbene Hitler, Mussolini e Stalin abbiano partecipato ai combattimenti in guerra, inizialmente tutti e tre cercarono di sottrarsi al servizio militare.
Nel 1913 in tutta l’Austria-Ungheria fu condotta, al fine di aumentare il numero delle truppe, una ricerca dei coscritti fuggiti. Il 22 agosto la polizia emise, tra l’altro, il seguente avviso di ricerca: «Hittler Adolf, fino a poco fa residente nel dormitorio maschile, Meldemann Strasse, Vienna, luogo attualmente non stabilito, la ricerca continua». La polizia austriaca chiese alla polizia di Monaco di stabilire l’indirizzo di Hitler fuggitivo. Il 19 gennaio 1914 la polizia criminale di Monaco portò Hitler al consolato austriaco. Il 5 febbraio 1914 Hitler si recò a Salisburgo per gli esami medici, al termine dei quali fu dichiarato non idoneo al servizio militare.
Benito Mussolini, per evitare il servizio militare, emigrò in Svizzera nel 1902. Nel 1903 fu condannato in contumacia a un anno di reclusione dal tribunale militare di Bologna per essersi sottratto alla coscrizione e successivamente arrestato dalla polizia svizzera su richiesta dell’Italia. Nel 1904 Mussolini fu tra i beneficiari della amnistia proclamata in occasione della nascita del principe Umberto (diventato poi re Umberto II).
Nel 1916 il governo russo decise di chiamare al servizio militare le persone condannate alla deportazione nelle zone estreme della Russia per i reati amministrativi. A dicembre del 1916 Stalin fu dunque trasferito, ormai in qualità di una recluta, a Krasnoyarsk, ma all’inizio di febbraio del 1917 si sottrasse al servizio per motivi di salute: a causa di un’estensione incompleta del braccio sinistro al gomito (pare che sia stata la conseguenza di una ferita ricevuta durante una «espropriazione proletaria»).
Chissà come ho fatto ad arrivare a una scoperta del genere…


I problemi dell’insegnamento

Non ci avevo mai pensato prima, ma in realtà quello sottolineato dal Financial Times è un fenomeno abbastanza logico, teoricamente prevedibile: il contingente di militari ucraini arrivati in Germania per l’addestramento offerto dai militari europei è eterogeneo sia in termini di livello di formazione che di età (uno degli «studenti» ha più di settant’anni) ed è dunque facilmente ipotizzabile che alcuni comandanti ucraini preferiscano non sottrarre il personale militare più prezioso (quello più attivo mentalmente) alle missioni di combattimento. Se l’ipotesi dovesse essere corretta, si tratta, purtroppo, di una questione che non può essere risolta senza creare degli ostacoli alla controffensiva ucraina.
Nello stesso articolo, poi, vengono messi in evidenza altri due problemi. In primo luogo, è la mancanza degli interpreti che conoscano la terminologia tecnica militare in tutte le lingue utilizzate durante i corsi.
In secondo luogo, uno dei militari occidentali coinvolti nell’addestramento ha dichiarato, a condizione di anonimato, che i militari europei hanno a che fare con gli ufficiali-studenti ucraini che hanno ricevuto la loro formazione militare durante l’epoca sovietica e sono convinti di «saperne di più» delle materie trattate. Questo sarebbe un problema enorme nel contesto di quello che mi è capitato di sentire in una intervista (fatta in russo) dello studioso della guerra Michael Kaufman: l’esercito ucraino, nonostante tutta la sua evoluzione degli ultimi trent’anni, è comunque un erede della dottrina militare sovietica nella quale la priorità veniva data alla artiglieria e non (a differenza di quella americana) alle forze aeree. Di conseguenza, non è sufficiente – secondo Kaufman – fornire fisicamente gli F16 e le altre armi occidentali più o meno moderne: bisogna anche insegnare, da zero, agli ucraini il modo di usarli in un modo ben coordinato. Ma, aggiungo io, i blocchi mentali degli studenti rendono il compito ancora più difficile.
Tutto questo potrebbe farci giungere alla triste conclusione che l’unica soluzione sarebbe quella di schiacciare il nemico con la massa. Boh, vedremo…


Una prova di allarmismo

Oggi provo a esercitarmi in una attività a me poco tipica: l’allarmismo.
Probabilmente avete già letto che il 21 agosto l’ambasciata statunitense a Minsk ha chiesto ai cittadini americani di lasciare immediatamente la Bielorussia. Si tratta di un segnale molto preoccupante. La volta scorsa — almeno tra i casi che seguo io — il Dipartimento di Stato statunitense aveva invitato i propri connazionali a lasciare l’Ucraina alla vigilia della guerra iniziata il 24 febbraio 2022. Nonostante il nostro logico scetticismo dell’epoca, gli americani avevano in realtà avuto ragione.
In quale contesto è stato diffuso l’invito a lasciare la Bielorussia? Il 1° settembre 2023 in Bielorussia inizieranno le esercitazioni militari della CSTO (l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva; ne fanno parte appena sei Stati: Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan: indovinate chi comanda). Le cariche nucleari tattiche sono state trasferite in Bielorussia già da mesi. Ci si può aspettare qualsiasi provocazione, da un attacco all’Ucraina a un attacco al corridoio di Suwałki. Una provocazione messa in atto dall’esercito bielorusso, le unità militari russe, le unita della Wagner ancora fisicamente esistenti. È anche possibile che, sotto la copertura delle esercitazioni, Lukashenko venga buttato giù dal trono con la forza e la Bielorussia venga annessa.
Ormai sappiamo che da un certo personaggio ci si può aspettare qualsiasi cosa. Come minimo, non lascerà la maggioranza degli occidentali a far passare la guerra in sottofondo. E pensate a chi vive in quelle zone.


Non tutto si compra

Non tento nemmeno di riassumere l’articolo del «New Yorker» su come le autorità americane abbiano cercato di organizzare la consegna (e il seguente funzionamento) ininterrotta dei sistemi Starlink all’esercito ucraino, mentre Elon Musk (il proprietario di Starlink), nello stesso periodo, aveva e spesso manifestava ogni sorta di dubbio e parlava periodicamente con Putin di non si capisce bene cosa. Se volete, potete leggere da soli questa storia, che in un certo senso ha dell’incredibile.
Il punto principale che meritevole di essere notato è: Elon Musk ha ammesso di aver comunicato ripetutamente con Putin dopo l’inizio della guerra in Ucraina.
Le voci o le notizie su questo aspetto circolavano già da molto tempo. E mi ricordo bene come all’inizio in tanti scherzavano: per quale somma lo Stato russo è riuscito a comprare Musk? Ma ora non solo tutto è stato confermato. Negli ultimi mesi abbiamo anche avuto l’opportunità di osservare cosa sta facendo Musk con il Twitter acquistato… Tra parentesi: (l’idea stessa di acquistare un social network con un concetto-base un po’ stupido e un potenziale di sviluppo tecnico/concettuale poco chiaro è già piuttosto folle)… Comunque: ora sappiamo che Musk non è stato comprato; ora sappiamo che il successo e i soldi gli hanno fatto saltare la testa, freni e tutto il resto. È assolutamente convinto di poter fare qualsiasi cosa, in tutti i sensi.
Quanto è semplice e banale tutto in questo mondo…


Lo Stato non più ostile

Il Ministero degli Esteri britannico avrebbe chiesto ai funzionari governativi di non utilizzare più – pure nei documenti interni – l’espressione «Stato ostile» («Hostile State») nei confronti di Cina, Russia, Corea del Nord e Iran. Tale decisione sarebbe stata presa nel tentativo di migliorare le relazioni del Regno Unito con la Cina: gl altri quattro Stati sarebbero stati aggiunti solo – presumo – per un principio «democratico».
Qualcuno potrebbe anche scandalizzarsi per questa cosa, mentre io rimango indifferente a questo aspetto linguistico, privo di alcuna conseguenza legale. Infatti, mi basta che UK e gli altri continuino a fare due cose: 1) aiutare militarmente l’Ucraina; 2) trasformare le sanzioni contro lo Stato russo in un qualcosa di più sensato rispetto alle misure prese fino a oggi. Purtroppo, continuo a vedere dei problemi seri con il secondo punto.
P.S.: in Russia esiste una lista di 49 «Stati ostili», della quale fanno parte gli USA, l’UK e la maggioranza degli Stati dell’UE. Tale lista serve, tra le altre cose, per giustificare «legalmente» le repressioni contro i propri cittadini dissidenti. Ma è un argomento ampio che va trattato a parte.