Ieri le autorità britanniche hanno introdotto le sanzioni contro 46 persone fisiche e giuridiche legate in vari modi all’invasione russa dell’Ucraina. In particolare, le sanzioni sono rivolte contro più di 30 aziende e persone coinvolte nella produzione di droni e missili, nonché nell’importazione di prodotti elettronici.
Si tratta di una buona occasione per precisare che le varie autorità competenti degli Stati occidentali, se realmente volessero raggiungere degli obiettivi utili contro la guerra tramite l’adozione delle sanzioni, farebbero bene a iniziare a sanzionare le persone e le imprese coinvolte nella esportazione verso la Russia di beni e tecnologie utilizzate per la continuazione della guerra stessa. Infatti, quei beni e quelle tecnologie teoricamente, in base alle sanzioni già adottate, non possono essere esportate in Russia, ma ci arrivano comunque grazie alle sequenze più meno complesse di intermediari. Per esempio (e per semplificare), vengono vendute dal produttore a una società turca, poi rivendute a una società kazaka e poi fornite alla Russia. Cercare, trovare e sanzionare gli intermediari, le banche attraverso le quali effettuano i pagamenti e i trasportatori ai quali affidano gli oggetti è sicuramente più difficile di inventare le nuove sanzioni (dove basterebbe aprire un dizionario e scegliere un nuovo oggettivo a caso), ma è anche infinitamente più efficace.
Forse alle autorità britanniche citate all’inizio del post manca solo un piccolo passaggio logico… Spero che almeno loro lo facciano.
L’archivio della rubrica «Nel mondo»
La rivista statunitense Time ha anticipato la lista dei candidati al titolo della persona dell’anno 2023. Tra i nove nomi c’è anche quello di Vladimir Putin perché egli «continua a condurre la guerra in Ucraina per il secondo anno. Nel 2023 ha affrontato una breve minaccia al suo potere durante la ribellione del PMC Wagner, ma alla fine la sua influenza si è rafforzata».
Boh, a me sembra una motivazione un po’ dubbia e debole, anche perché mi ricordo come era stato spaventato dalla stranissima ribellione evaporata da sola e per dei motivi non del tutto chiari. Di conseguenza, in base ai risultati del 2023 gli assegnerei il titolo del politico fortunato dell’anno (non tanto per i risultati di quella «ribellione», ma perché nessun avversario serio si è deciso di contrastarlo sul serio) oppure il titolo dell’antipersona dell’anno (dove avrebbe la possibilità di vincere solo perché il Hamas non è una persona singola).
Ora aspettiamo la scelta finale del Time. Nella lista dei nove c’è un candidato che mi sembra il più meritevole degli altri, ma per ora non vi dico il nome…
P.S.: non sono mica le «elezioni» presidenziali russe! Ahahahah
Penso che solo un pezzo ritagliato da una foto di un militare russo ucciso in Ucraina possa essere mostrato… E, ovviamente, deve essere mostrato: per ricordare, ancora una volta, che alcuni di quei personaggi sono andati a invadere lo Stato vicino per scelta e con degli obbiettivi personali preceisi (anche se diversi da quelli dichiarati pubblicamente da Putin).
I resti di questo personaggio concreto giacciono sul sacco di plastica nero nel quale tornerà a casa in Russia (per chi non lo sapesse: non è uno scherzo).
A certi leader europei va ricordato che anche sui loro territori ci sono un po’ di oggetti belli e attraenti per qualcuno.
Uno delle mie recenti scoperte più strane relative alla guerra putiniana in Ucraina consiste nel fatto che il settore aereo russo – non solo l’aeronautica militare, ma anche quella civile – continua tuttora a ricevere delle importanti quantità di pezzi di ricambio dalla Ucraina.
In base a quello che ho letto negli ultimi mesi sullo stato del parco aereo impegnato nel trasporto passeggeri sulle linee interne russe (dove si usano ancora molti velivoli di produzione della fabbrica ucraina Antonov, spesso vecchi più di cinquant’anni), le quantità dei pezzi in arrivo dalla Ucraina non sono assolutamente sufficienti per poter fare la manutenzione di tutti gli aerei in funzione, ma non importa. Mi ha stupito proprio il fatto che alcuni personaggi ucraini abbiano trovato le forze morali e il semplice coraggio di rischiare tutto (la stima da parte degli altri, la libertà e il benessere personali) per continuare ad avere i rapporti commerciali con la Russia e farlo in ambito strategicamente importante.
Anche se capisco benissimo che in ogni Stato e in tutte le epoche esistono delle persone da qualità abbastanza particolari: nel migliore dei casi danno sempre la priorità assoluta ai soldi.
La Reuters scrive che gli Stati-membri della OPEC+ avrebbero raggiunto un accordo provvisorio per tagliare — al fine di mantenere il livello dei prezzi — la produzione di oltre un milione di barili di petrolio al giorno nel primo quarto del prossimo anno. Attualmente i membri dell’OPEC+, tra cui Arabia Saudita e Russia, producono oltre il 40% del petrolio mondiale (circa 43 milioni di barili al giorno).
Se l’accordo dovesse essere formalizzato, comporterebbe almeno due cose ovvie. In primo luogo, le solite conseguenze possibili del petrolio più costoso del possibile sui prezzi che alla fine vedono i consumatori privati un po’ in tutto il mondo. In secondo luogo, lo Stato russo continuerà a guadagnare i soldi necessari per la continuazione della sua politica aggressiva (vi ricordo che l’imposizione del prezzo massimo del petrolio russo non funziona bene quanto previsto: nei primi nove mesi del 2023 il prezzo medio del petrolio Urals è sceso solo del 26%).
Il secondo punto, in particolare, confermerebbe ancora una volta la tesi secondo la quale è impossibile sconfiggere/punire il regime putiniano smettendo di finanziarlo con l’acquisto delle materie prime: in parte perché è abbastanza difficile influire sul comportamento di una organizzazione come l’OPEC+ e in parte perché, obiettivamente, per ora è tecnicamente impossibile togliere le materie prime russe dal mercato mondiale (se compri da un’altra parte, qualcun’altro sarà costretto comprare dalla Russia). Di conseguenza, gli Stati occidentali democratici hanno due opzioni: sconfiggere l’esercito russo con le mani ucraine fornendo le tecnologie necessarie oppure ammettere, prima o poi, la propria sconfitta. Anche se, purtroppo, prevedo che secondo la demagogia politica perderà solo l’Ucraina, mentre gli altri Stati faranno finta di non c’entrare nulla con quanto successo…
Presumo che più o meno tutte le persone interessate hanno già letto l’intervista del Presidente ceco Petr Pavel pubblicata l’altro ieri dal Corriere della Sera. In sostanza, quella intervista ripete una serie di concetti che mi sembrano ovvi praticamente dall’inizio della guerra (e ne ho scritto più volte), il più importante di essi è: la sconfitta della Ucraina – ma in realtà anche una «pausa» nella guerra – equivale alla continuazione della guerra da parte di Putin. la continuazione che avrà luogo su altri territori, in tempi non lontani, con le forze e le risorse rinnovate e, non per ultima, con la convinzione di poter fare, indisturbato, qualsiasi cosa.
Quello di Petr Pavel non è un allarmismo del vicino geografico della Russia (anche se la vicinanza a volte permette di vedere certe cose) e non [solo?] una visione della realtà con gli occhi da ex generale. Purtroppo o per fortuna, è una analisi corretta della situazione. Di conseguenza, avrei potuto semplicemente copiare il testo della suddetta intervista anziché pubblicare un post proprio. Ma preferisco ricordarvi dell’originale: anche i giornali devono guadagnare con la pubblicità, ahahaha
Il Ministero della Difesa britannico ipotizza che la Russia potrebbe aver spostato i suoi sistemi di difesa aerea S-400 Triumf, strategicamente importanti, dalla regione-enclave Kaliningrad (circondata da tre Stati-membri della NATO) alla zona di guerra in Ucraina. Tale spostamento dovrebbe essere causato dalla carenza (dunque anche la perdita) dei sistemi di questo tipo sul fronte ucraino.
Se dovesse essere vero, potremmo vedere la suddetta notizia anche in un senso positivo, quello che mi era già venuto mente nel corso dell’intervento massiccio russo in Siria negli anni 2015–2017: l’esercito russo sta raccogliendo da tutte le parti le proprie scorte militari (accumulate nei decenni) per perderle per sempre (consumandole). L’aspetto negativo, molto più pesante, consiste nel fatto che lo sta facendo a spese della popolazione di un altro Stato.
L’aspetto utile, invece, è la comprensione del fatto che le future sanzioni internazionali dovrebbero essere mirate all’impedire allo Stato russo di rinnovare le proprie scorte belliche. E non all’acquisto di chissà quali merci russe o alla fornitura alla Russia di chissà quali merci di destinazione palesemente civile.
Le immagini del lancio del satellite «spia» nordcoreano non hanno tanto di particolare per quelli di noi che hanno visto dei lanci molto più importanti. Dunque io spero l’amore nordcoreano verso la pubblicizzazione dei propri «grandi successi» lo porti anche farci vedere cosa è riuscito a «spiare» con quel satellite: riusciremmo a capire qualcosa sull’attuale livello tecnologico nordcoreano.
Anche se potrebbero capire il rischio di farci ridere…
Da oltre tre decenni sappiamo – osservando la sua politica estera – che Vladimir Putin è fortemente insoddisfatto dell’ordine internazionale attuale. In teoria, non ci sarebbe alcunché di male nell’essere insoddisfatto di una qualsiasi cosa, ma Putin è insoddisfatto a modo suo: si nota abbastanza facilmente che il suo sogno sarebbe quello di tornare al modello stabilito dalla conferenza di Yalta del 1945, dove il mondo era stato diviso in poche zone di controllo. Questo è uno dei motivi per i quali, per esempio, ha iniziato una serie di guerre finalizzate al ripristino del controllo della Russia sulle zone una volta appartenute all’URSS.
Una delle numerose conseguenze della suddetta politica di Putin è un reale cambiamento dell’ordine internazionale, ma non quel tipo di cambiamento che egli persegue. Come può notare anche una persona poco coinvolta nella analisi della politica internazionale, l’atteggiamento putiniano incide negativamente sulle conquiste socio-politiche dell’Occidente fatte negli ultimi decenni. Per esempio, le persone che viaggiano tanto in auto confermano che negli ultimi mesi si è tornati al controllo dei documenti su alcuni confini interni all’Unione Europea: per ora succede prevalentemente ai confini tra Stati della «vecchia» Europa e quelli dell’Europa dell’Est. Allo stesso tempo, si propone di semplificare la burocrazia internazionale (dunque anche quel diritto internazionale al quale eravamo abituati sempre da decenni) introducendo il cosiddetto «Schengen militare» che consentirebbe alle truppe della NATO di muoversi liberamente all’interno del territorio del blocco (lo ha dichiarato il capo del Comando logistico congiunto della NATO Alexander Sollfrank).
N.B.: attualmente le forze NATO devono ora rispettare molte regole interne dei membri dell’Alleanza, tra le quali, per esempio, la necessità di notificare in anticipo agli Stati l’invio di munizioni attraverso il loro territorio e di rispettare le restrizioni sulla lunghezza consentita dei convogli militari.
Non so se è quel tipo della riduzione della burocrazia che un europeo medio sognava. Ma, purtroppo, essa si è resa necessaria a causa dei sogni particolari di una persona concreta.
Almeno da luglio 2023, quando il ministro della «Difesa» russo Sergey Shoigu era andato in visita nella Corea del Nord, in molti si chiedevano quale scambio di favori ci potesse essere tra i due Stati interessati. Era abbastanza evidente che l’obiettivo della Russia fosse quello di avere dalla Corea del Nord le scorte dei vecchi missili (di produzione russa e/o addirittura sovietica) da utilizzare nella guerra in Ucraina. Ma non si sapeva bene cosa potesse chiedere in cambio la Corea del Nord. Da ieri abbiamo, molto probabilmente, una parte della risposta, ma non so se tutti se ne siano già accorti.
Infatti, ieri la Korean Central News Agency (KCNA) ha comunicato che la Corea del Nord ha lanciato con successo in orbita il suo primo satellite-spia. Il razzo vettore è stato lanciato il 21 novembre alle 22:42 (ora locale) dal cosmodromo di Sohae, il volo è durato 705 secondi. Il satellite è stato messo in orbita alle 22:54. Si segnala che il lancio è stato seguito personalmente dal leader nordcoreano Kim Jong-un. L’agenzia ha aggiunto che la Corea del Nord intende lanciare anche altri satelliti nel prossimo futuro. Il giorno successivo al lancio, poi, la KCNA ha dichiarato che Kim Jong-un ha preso la visione delle immagini satellitari delle basi militari statunitensi sull’isola di Guam, tra le quali la base aerea Andersen e il porto di Apra. Si osserva, infine, che il satellite non diventerà pienamente operativo prima di dicembre perché richiede tempo per la sua messa a punto.
I vertici dell’esercito sudcoreano, da parte loro, ritengono che serve del tempo per capire se il satellite nordcoreano funzioni correttamente e, soprattutto, che la Corea del Nord sia riuscita a mettere in orbita un satellite solo grazie all’aiuto della Russia. Infatti, ricordano che la Corea del Nord ha già effettuato due tentativi di lancio senza successo a maggio e ad agosto. Dato che tra il secondo e il terzo tentativo sono passati circa tre mesi, gli esperti presumono che sia stato sfruttato «il know-how tecnologico degli ingegneri russi».
Ora sarebbe curioso scoprire quali altre tecnologie sono state passate alla Corea del Nord da parte della Russia. Non penso che Kim Jong-un si accontenti del semplice fatto di poter vedere un po’ di foto delle basi americane: vorrà vederle con qualche obiettivo tecnico…